di Ruggero Soffiato
Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 45 | estate 2021
La famiglia – Il cognome Fedele rappresenta, per antonomasia, l’attaccamento di questa famiglia milanese ai Visconti, signori della città, attaccamento che le costò l’esilio da quella nazione e la scelta di Venezia come nuova patria, quando la fazione avversa dei Torriani, tra l’undicesimo e il tredicesimo secolo, prese il potere. I Fedele ebbero fama di uomini “dottissimi e di grande autorità”, e la stessa Cassandra, in una sua lettera, li considera “tanto ragguardevoli ch’ella fin dalla giovanile età si studiava di coltivar le nobili arti per non sembrar indegna […] di tutti i suoi più antichi antenati”.
La data di nascita di Cassandra è stata indicata nell’anno 1465 (anche se alcune fonti riportano il 1456, il che appare poco verosimile). Il padre fu Angelo, che Francesco Sansovino definisce “uomo dottissimo nelle scienze, nella lingua greca e in quella latina”; la madre fu Barbara Leoni, veneziana, che Giacomo Filippo Tommasini considera “prima maestra ed ottima guida nei lavori femminili della figlia Cassandra”. Secondo quanto scrive il famoso cronista veneziano Marin Sanudo, in data 16 febbraio 1500, secondo il calendario veneziano, e quindi nel 1501, Cassandra fu coinvolta in un losco affare di stronzatura di monete, cioè di limatura delle stesse per recuperare una parte dell’oro, come complice di un suo parente, Alvise Nicheta, che teneva banco a Rialto. Secondo quanto previsto dalle leggi veneziane dell’epoca, al Nicheta “fu cavato un ochio e taiata una man”, mentre non si trovano tracce di condanne per Cassandra, allora trentaseienne, ma già famosa fin da ragazza, tanto da essere ricordata in una iscrizione, posta nel 1865, a destra della scala dei Giganti di Palazzo Ducale, che così recita: CASSANDRA FEDELE / VENEZIANA / A SEDICI ANNI / MIRACOLO DI DOTTRINA / E DI ELOQUENZA / DAL POLIZIANO PARAGONATA / A PICO DELLA MIRANDOLA / COME LA RITRAEVA GIAMBELLINO [Giovanni Bellini] / COSÌ FU SCOLPITA / N. 1465 MDCCCLXV M. 1558.
Gli studi, i successi, la fama – Primo maestro di Cassandra fu il padre, il quale, sorpreso e ammirato per il precoce ingegno della figlia, la volle istruire con la maggior cura e diligenza possibili. Secondo la biografia di Cesira Cavazzana, pubblicata nel 1907, Cassandra, già a dodici anni conosceva “assai bene la lingua latina”, ed era accertato “che già fossero stati grandi i suoi progressi nelle scienze e nelle lettere”. La stessa biografa, però, considera che essa debba aver duramente studiato il greco e la filosofia per almeno quattro anni e che non sia “apparsa davanti ai dotti prima del suo sedicesimo anno”. Sappiamo infatti che il padre, al compimento del dodicesimo anno, la affidò alle cure del frate servita Gasparino Borro per l’insegnamento della dialettica e della teologia, che la stessa Cassandra, in una lettera al Generale dei Serviti, Maestro Stefano, definisce “mio maestro, […] uomo senza dubbio dotato di onesti costumi, di eccezionale moderazione e di qualità divine”, che, in una lettera di raccomandazione al principe Gaspare d’Aragona, descrive come “uomo ricolmo di virtù”. Essa trasse certamente grande profitto dalle lezioni di dialettica del Borro, che le consentirono di essere considerata come uno dei più grandi oratori del suo tempo, e le procurarono una solida fama presso le più importanti Corti europee.
Oltre alla retorica, Cassandra si applicò alla musica e alla poesia, diventando un’abile improvvisatrice di versi latini, che cantava allietando le riunioni delle famiglie aristocratiche veneziane. Ma la maggior fama le derivò dalle sue capacità “nella declamazione oratoria”, che curava con particolare scrupolo, correggendo continuamente le inflessioni della voce e gli atteggiamenti del viso e della persona, il che le consentiva “di sostenere pubbliche tesi, ora rispondendo ed ora dissertando sopra qualunque argomento degli uomini più dotti dell’età sua”. Molte furono le occasioni in cui Cassandra ebbe modo di mettere in luce sia le sue conoscenze letterarie che le sue abilità oratorie, ma i suoi biografi citano in particolare l’orazione In onore degli studi letterari, in elegante latino, davanti al doge Agostino Barbarigo, per onorare i legati della città di Bergamo in occasione della loro presentazione alla Repubblica.
Quasi certamente, però, la maggiore opportunità di mettere in mostra le proprie doti dinanzi ad un pubblico vasto e qualificato fu offerta dalla laurea in arti liberali, conseguita a Padova, nel 1487, da un parente, Bertuccio Lamberti, canonico di Concordia. La ventiduenne Cassandra fu incaricata di ricevere le insegne dottorali al posto di Bertuccio e pronunciò davanti al Senato accademico un’orazione in lode delle scienze e delle arti. La Oratio pro Bertucio Lamberto fu pubblicata nel gennaio 1488, accompagnata dalle epistole laudative di Ludovico da Schio, rettore della facoltà di medicina e filosofia e di altri importanti dotti del tempo. Questo avvenimento è forse cagione della diceria, confermata anche dal Sansovino, sul conferimento a Cassandra di una cattedra all’Università di Padova scrivendo che essa “lesse in Padova e disputò in theologia co’ primi uomini dell’età sua”. Questa affermazione è contestata da un altro biografo della Fedele, Giacomo Filippo Tommasini, il quale ritenne impossibile che una donna potesse ricoprire un pubblico insegnamento. E, d’altra parte non sembrano esistere documenti nell’archivio dell’ateneo patavino che lo possano confermare. L’eccezionale evento ebbe, però, un’eco notevolissima, procurando alla giovane veneziana enorme popolarità in Italia e all’estero: la fama conseguita in quest’occasione le permise di stringere rapporti epistolari con letterati e sovrani.
Le relazioni con gli umanisti, i papi, i principi, i re. Le lettere – Impossibile, in questa sede, dare conto di tutti i letterati che restarono ammirati dall’erudizione di Cassandra e ne scrissero le lodi. Possiamo solo citarne alcuni, certamente i più noti: Giovanni Pico della Mirandola, Marcantonio Sabellico, Ermolao Barbaro, Bartolomeo della Scala e la figlia Alessandra. Un accenno particolare merita, invece, Angelo Poliziano. Egli, su incarico di Lorenzo il Magnifico, sul principio dell’estate del 1491, arriva a Venezia alla ricerca di manoscritti e libri rari. Il 20 giugno egli scrive a Lorenzo: “Item visitai ieri sera quella letterata, Cassandra Fedele, e la salutai ecc. per vostra parte. È cosa, Lorenzo, mirabile, et meis oculis etiam bella. Partimi stupito”.
In una lettera diretta alla stessa Cassandra, ricordando il loro primo incontro, il Poliziano così si esprime: “Io venni tempo fa a visitarti […] e tu bellissima fanciulla, con certo bell’abito, quasi una ninfa della selva a me venisti incontro: […] l’animo mio d’improvviso […] rimase attonito, di maniera che […] a pochissime parole apersi la bocca, ed a mala pena potei scusare quella mia bambolinaggine”. Una lode, quindi, soprattutto all’aspetto fisico della ventiseienne Cassandra, ma, in una susseguente lettera ne tesse, invece, le lodi per le sue capacità letterarie: “O fanciulla gloria dell’Italia […] Cassandra, tu in latino scrivi lettere accurate, profonde, di buon gusto, […] molto piacevoli, ma purtuttavia pregnanti ed assennate in modo stupendo. […] Si dice che tu, poi, nella dialettica sei capace di stringere nodi inestricabili, di sciogliere quelli che da altri non sono stati mai sciolti e che giammai sarebbe possibile sciogliere”. Ma, nella raccolta delle circa 120 lettere (tra inviate e ricevute) che ci sono pervenute, troviamo altri corrispondenti di altissimo livello, che esulano dal campo letterario: vi troviamo re, regine, principi, principesse e papi. In particolare colpiscono le tre lettere scambiate con Isabella di Castiglia: la prima è del 1487, in risposta all’invito della regina di Spagna a trasferirsi presso la sua corte a Madrid. Cassandra comunica di aver ricevuto il suo invito, e quanto, scrive, “io sia lieta di essere salutata e chiamata dalla più importante Regina del mondo intero”.
Le speranze della veneziana non si realizzarono poiché, nonostante le insistenze della regina, nel 1492, doge Agostino Barbarigo, il Senato veneziano emise un decreto con il quale si impediva il trasferimento di Cassandra, essendo la giovane diventata una celebrità da esibire nelle occasioni ufficiali, dalla quale derivavano alla città fama e prestigio. Altre lettere sono scambiate con Ludovico Sforza che, nell’aprile 1493, la raccomanda al Senato veneziano; un’altra del novembre 1488 inviatale da Eleonora d’Aragona, estremamente laudativa; ancora una a Ferdinando d’Aragona, re di Spagna, per condolersi della prematura morte del figlio. Citiamo infine, tra le molte, le lettere inviate al re di Francia Luigi XII e a Beatrice d’Aragona, regina d’Ungheria.
Una vita difficile – Nonostante la celebrità e la fama, ormai a livello europeo, Cassandra non ebbe una vita facile, spesso angustiata da difficoltà economiche. Già trentacinquenne sposa il medico vicentino Gian-Maria Mapelli, con il quale, nel 1515, si trasferisce a Creta per rimanervi qualche anno, approfittando del soggiorno per studiare le antichità dell’isola. Nel rientrare a Venezia, nel 1520, la coppia fa naufragio, perdendo tutti i propri averi e salvando a stento la vita. La morte del marito, all’inizio del 1521, lascia Cassandra sola e sprovvista di mezzi, tanto che, il 27 aprile dello stesso anno, scrive una lunga lettera-supplica a papa Medici, Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico. Ricordando le benevolenze ricevute e le numerose lettere scambiate con il padre (che non ci sono pervenute), gli fa presente la sua situazione di vedova e gli impetra protezione e aiuto per sé e per i suoi familiari. Il papa non rispose mai alla lettera. Anche la Repubblica, che le aveva impedito di raggiungere la regina di Spagna, con la quale avrebbe quasi sicuramente condotto una vita agiata, si dimentica della sua gloriosa cittadina. Nel 1547, Cassandra ha ormai 82 anni, e la sua situazione sembra sempre più aggravarsi. Allora ella si impone, come lei stessa scrive, di “prendere immediatamente la penna e non aver timore di scrivere al Sommo Pontefice”: così invia una breve ma densa supplica a papa Paolo III per chiedere un soccorso che le consenta di trascorrere serenamente gli, ormai pochi, anni che le restano di vita. Così, grazie alla pronta intercessione del papa, Cassandra viene eletta superiora dell’ospedale di S. Domenico di Castello in Venezia, che presiede per dodici anni, con grande capacità e sagacia, fino alla sua scomparsa, trovando così, finalmente, la tranquillità cercata.
Una degna conclusione – Nonostante le difficoltà materiali, Cassandra attese comunque sempre ai suoi studi, lavorando anche ad alcune opere: De scientiarum ordine, Digressioni morali ed Elogi degli uomini illustri, che, purtuttavia, non ci sono pervenute. Nel 1556, Bona Sforza, regina di Polonia, dovendo recarsi, per ragioni di salute, ai bagni di Monteortone, sui Colli Euganei, si fermò a Venezia. Il Senato decise di tributarle un’accoglienza degna del rango e, tra le nobildonne veneziane scelte per ricevere la sovrana, a Cassandra, allora novantunenne, fu assegnato l’incarico di pronunciare quella che sarà la sua ultima orazione, piena di grazia, eloquenza e belle espressioni. La regina ne fu talmente colpita che, al termine del discorso, prese, da una dama del suo seguito, una collana d’oro con pietre preziose per cingere il collo dell’anziana oratrice. Il giorno successivo, Cassandra si presentò al doge, Francesco Venier e al Senato e offrì loro la collana “giudicando più conveniente alla grandezza di quelli che a sé stessa” o, forse, per dimostrare la sua grandezza d’animo nei confronti della Repubblica che tanto l’aveva trascurata.
Cassandra Fedele morì a Venezia il 24 marzo 1558. Fu sepolta con solenni funerali a S. Domenico e sulla tomba venne eretto un monumento funebre con una effigie ricavata da un ritratto di Cassandra a sedici anni (oggi perduto), opera di Giovanni Bellini.
Ruggero Soffiato
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