ENCICLOPEDIA SPETTRALE | Fantasmi | un saggio di Lisa Morton

di Marco Castelli

Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 44 | primavera 2021

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I fantasmi del pensiero occidentale abitano i castelli diroccati, le chiese sconsacrate, i cimiteri sperduti, le dimore vetuste, le stanze chiuse a chiave, i solai, le cantine, le biblioteche polverose, i musei, i tribunali, le prigioni o si aggirano nell’oscurità dei boschi o delle paludi, sinistri, inquieti, erranti. Più di ogni altro luogo i fantasmi abitano le paure, quelle più profonde e irrazionali. Anello mancante tra la vita e la morte, ponte sospeso tra la finitudine del corpo e la perduranza dello spirito, il fantasma assolve al bisogno squisitamente umano di prefigurarsi un aldilà, temibile o soave che sia.

Nell’immaginario collettivo il fantasma (o spettro) – dal greco phàntasma (apparizione) e dal latino larua (larva) – è l’entità incorporea di un defunto che si manifesta nel mondo dei vivi. La sua etimologia greca si allarga dall’apparire al mostrare e allude, in senso ampio, a ogni manifestazione sovrannaturale. Fantasma è, per esteso, ogni essenza ultraterrena che adotti una qualche sembianza per interagire con la dimensione reale. La credenza nei fantasmi – più atavica d’ogni superstizione e d’ogni religione – accomuna tutte le epoche e tutte le culture. Si parla di fantasmi anche nell’Epopea di Gilgameš, il più antico poema epico giunto fino a noi. «In alcune mitologie – scrive Lisa Morton nella sua piccola enciclopedia spettrale – il confine tra fantasmi, demoni o divinità non è segnato chiaramente.»

Nel mondo antico, dall’Egitto alla Grecia e a Roma, i fantasmi sono perlopiù gli spiriti degli avi (temuti e onorati), mentre nel Medioevo cristiano potevano incarnare, a seconda, manifestazioni angeliche o demoniache; allontanandoci dall’occidente ci imbattiamo nei temibili bhuta e gayâl dell’immaginario indiano, negli affamati gui cinesi, nella Llorona dell’America latina o nei malvagi pontianak malesi. Trovare una definizione di fantasma che calzi a tutte le culture è assai complicato. Nella nostra società contemporanea il ghost «è lo spirito di un individuo defunto che si manifesta dopo la sua morte.» A molte persone è accaduto di sperimentare l’incontro con il cosiddetto wraith (o fetch) – tipico della tradizione scozzese – ossia di interagire con lo spirito di una persona ancora in vita che appare per comunicare un messaggio specifico; «in altri casi – riporta la Morton – il wraith viene visto al momento esatto della morte di colui che incarna.» (si pensi al personaggio di Ferula nel romanzo di Isabel Allende La casa degli spiriti).

Non sempre il fantasma è foriero di sciagure. Può manifestarsi per intimorire – facendo scricchiolare vecchie assi, sbattendo porte, agitando tende o sferragliando catene – ma anche per consolare le lacrime di una vedova, la solitudine di un orfano o la nostalgia di un amico. A ciascuno il suo fantasma, il suo spettro, il suo ectoplasma. Tutto il nostro più trito immaginario fantasmagorico è fortemente debitore del topos che, nella seconda metà del Settecento, è stato veicolato dal genere del cosiddetto romanzo gotico. Un titolo tra tutti Il castello di Otranto di Horace Walpole (1764), il primo romanzo che tratta esplicitamente di fantasmi. Come non citare poi I misteri di Udolfo (1794) di Ann Radcliffe, Il Monaco (1796) di Matthew Lewis, La camera tappezzata (1831) di Walter Scott o Aungier Street (1853) di J. Sheridan Le Fanu. Chi meglio di tutti caratterizzò più efficacemente a livello popolare l’icona del fantasma fu Charles Dickens nel suo celebre Canto di Natale (1843). Le storie concernenti i fantasmi conobbero una vastissima diffusione lungo tutto il corso dell’Ottocento (si pensi a Il Giro di vite (1898) di Henry James) e catalizzarono l’interesse del grande pubblico fino alla fine del primo conflitto mondiale.

Nel suo saggio la Morton analizza molto dettagliatamente anche il controverso fenomeno dello spiritismo, una pseudo dottrina apparsa in Francia alla metà del XIX secolo e di lì diffusasi a macchia d’olio coinvolgendo studiosi, appassionati, medium e ciarlatani d’ogni risma. I fantasmi cominciano ad essere evocati attraverso le cosiddette sedute spiritiche presiedute da sedicenti sensitivi e frequentate da individui di ogni estrazione culturale. Molto clamore suscitò agli inizi del ‘900 la carismatica Eva Carrière, una spiritista specializzata nella produzione di ectoplasmi a ripetizione. L’ectoplasma – il termine fu coniato nel 1900 dal fisiologo francese Charles Richet – era la materia eterea «che consentiva a certi fantasmi di rendersi visibili; dopo che un medium aveva prodotto l’ectoplasma, inizialmente invisibile, gli spiriti potevano indossarlo come un mantello.» Furono prodotte anche fotografie di ectoplasmi eruttati dalle bocche dei medium, risultate poi ovviamente tutte degli astuti fotomontaggi. Nonostante i numerosi smascheramenti, puntualmente documentati da quotidiani e periodici, fitte schiere di credenti continuavano a frequentare i tavoli levitanti dei medium; un ulteriore picco si verificò alla fine della prima guerra mondiale: «la disperazione dei sopravvissuti era tale che chiunque promettesse di poterli mettere in contatto con i cari persi in battaglia veniva ascoltato (…)»

Intorno al 1925 la nascente parapsicologia inaugurò un approccio scientifico allo studio dei fenomeni paranormali. Ancora oggi, spiega la Morton, la caccia ai fantasmi è ancora aperta, anzi «è diventata un settore commerciale a tutti gli effetti.» Il Misuratore di “EMF K-II” è solo uno dei sofisticati strumenti elettronici utilizzato dai contemporanei ghostbusters. «Il funzionamento di molte apparecchiature in commercio si basa sulla convinzione popolare che i fantasmi siano composti da una forma di energia interna allo spettro elettromagnetico, che perciò può essere rilevata tramite appositi misuratori.» Spaziando tra mito, religione, letteratura, storia, folclore, scienza e fantascienza – e analizzando anche il grande immaginario veicolato dalle arti figurative, dalla fotografia e dal cinema – la scrittrice e saggista statunitense Lisa Morton impronta una vera enciclopedia spettrale e lascia aperta una domanda: «Se i fantasmi ci fanno così paura, allora perché sono onnipresenti?».

Marco Castelli


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