LASCIARSI ANDARE | Vai quando vuoi | un romanzo di Dimitri Cocciuti

di Mario Caruso

Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 44 | primavera 2021

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La paura d’amare. L’horror vacui della solitudine. L’incapacità di elaborare una separazione. La convinzione che la vera felicità sia qualcosa che spetti per destino solo agli altri. La reiterazione di comportamenti emotivi vittimistici e autolesionistici. La necessità di esercitare un controllo sul partner e, per riflesso, su di un sé compiaciutamente irrisolto. Immolarsi a un’insoddisfazione cronica e, contemporaneamente, esorcizzare giorno dopo giorno il disagio simulando un equilibrio apparente. Identificarsi sempre e comunque come la persona giusta al fianco di quella sbagliata. Seguire, storia dopo storia, sempre lo stesso copione. Rimanere testardamente ancorati a un sé che non sa e non vuole evolversi. Celebrare a oltranza la vocazione al fallimento sentimentale per poi consegnarsi puntualmente al piagnisteo e alla frustrazione. Come uscirne? Come reagire? Come riformularsi?

Una ricetta valida per tutti, se c’è, ce la suggerisce l’autore televisivo e scrittore Dimitri Cocciuti (romano, classe 1984) nelle pagine accorate e a tratti melodrammatiche del suo secondo romanzo. Vai quando vuoi (2020) è la storia di un percorso di pacificazione interiore, un viaggio da Roma a Siviglia intrapreso all’insegna di un processo di riappropriazione. Samuele, il protagonista, è un trentenne di bell’aspetto, affabile, disinvolto e ben avviato nella sua professione. La sua serenità tradisce però, sotto la superficie, una profonda inquietudine. Il suo nervo scoperto sono le relazioni di coppia, rapporti che si rivelano nel tempo puntualmente fallimentari. L’ultima storia, quella con Valerio, si è conclusa da poco. Samuele fatica ad accettare la fine di una storia (di quest’ultima come di tutte quelle che l’hanno preceduta), ma soprattutto fatica a focalizzare la radice del problema, un problema che – lo scoprirà solo più avanti – risiede nel suo modo irrisolto di approcciarsi all’amore.

Tutto comincia con una seduta di ipnosi regressiva. Samuele ha una visione, una breve e confusa sequenza di immagini e stralci di dialoghi che lo induce a riconnettersi a una sorta di vita precedente. Su sollecitazione dello psicanalista, che ha molto a cuore il disagio attraversato dal suo paziente, Samuele tenta di decifrare i dettagli più significativi lasciando emergere un luogo, la Siviglia franchista degli anni Sessanta, e un nome, quello di un certo Juan Ortega Montero. Il turbamento sfuma presto nella fascinazione. Col beneplacito del dottore, Samuele finisce col convincersi dell’esistenza di un legame tra quella misteriosa visione e la sua situazione di stallo emotivo. Decide così di partire per indagare. Dispone di pochi elementi, ma quel richiamo è troppo forte. Il dottore asseconda questo suo impulso, convinto che attraverso quest’esperienza in terra andalusa il suo paziente riuscirà in un qualche modo a ritrovare una serenità e, soprattutto, a sondare le motivazioni profonde che, di volta in volta, lo hanno portato a relazionarsi con uomini incapaci di garantirgli una meritata felicità.

A Siviglia, attraverso una serie di coincidenze fortunate, Samuele riesce a rintracciare l’unica parente ancora in vita del fantomatico Juan. Si tratta di Edelweiss, sua sorella, una novantenne ricoverata in una casa di riposo. Attraverso il racconto struggente dell’anziana donna Samuele troverà tutte le risposte alle sue domande. «Quanto dobbiamo vivere sulla nostra pelle il dolore del distacco? Quanta vita ci cambia da una relazione all’altra, quanto impariamo dagli errori delle nostre precedenti esperienze e quanto ancora ci portiamo dietro, nel bene e nel male?» In Juan, giornalista sovversivo messo a tacere dallo strapotere della dittatura franchista, Samuele riconosce se stesso, un se stesso vissuto cinquant’anni prima, riaffiorato dal passato per consegnargli un messaggio fondamentale.

Attraverso Edelweiss – anello di congiunzione tra le due identità misteriosamente affini – Samuele scopre che Juan amava Mario, un ingegnere vessato sul lavoro dalle violente politiche del regime. Un amore, il loro, costretto a interrompersi sul più bello perché minato dai pregiudizi del tempo e dal corso degli eventi. Un amore lasciato andare, ma indissolubile nonostante la forzata separazione. L’esempio di Juan e Mario agisce prepotentemente su Samuele che, piano piano, comincia a guardarsi dentro e a psicanalizzare con ritrovata consapevolezza le radici profonde del suo trauma (la paura della solitudine, del distacco, dell’abbandono… tutte paure legate ancora all’ultima relazione destabilizzante, quella vissuta con Valerio). «Siamo davvero pronti ad essere realmente felici e ottenere dall’Universo ciò che realmente vogliamo quando siamo disposti davvero a lasciarlo andare. È una legge di compensazione: se tu sei pronto a perdere ciò che più ami, l’Universo compenserà quel dolore con una felicità maggiore che ti allevierà da quella perdita. Se comprendi il significato della separazione (…) allora sarai in grado di accogliere un nuovo te, predisponendoti a una felicità che meriti oltre ogni lacrima.»

Siviglia regalerà a Samuele anche l’incontro con Carlos, un Mario reincarnato, la possibilità di un amore nuovo e autentico. Quando Edelweiss conclude il suo racconto finalmente Samuele coglie «il senso di tutto». Il ritorno a Roma coincide con l’acquisizione di una nuova consapevolezza. Con Vai quando vuoi Dimitri Cocciuti ci consegna una riflessione severa e sincera sull’amore, un amore che è unione ma anche separazione, tanto più autentico quando a nutrirlo è la libertà. Il romanzo è impreziosito da dodici illustrazioni di Sara Paglia.

Mario Caruso


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