di Maria Dente Attanasio
Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 43 | inverno 2020/21
È il 10 ottobre 2020, e nell’abside della Basilica superiore di San Francesco ad Assisi, i pregevoli affreschi della scuola del Cimabue fanno da sfondo alla gigantografia riprodotta su tela di un adolescente in tenuta sportiva. L’insolita immagine spiccatamente moderna non stride affatto con la solennità del contesto, ma pare anzi richiamare i colori di quei vetusti affreschi ormai consunti dal tempo, dei quali sembra voler restituire la brillantezza del blu, del rosso, e di quell’oro che si riverbera nell’incarnato del bel ragazzo dai tratti freschi e gentili. Quel che si celebra in magna pompa, tra note d’organo intrecciate a canti delle occasioni speciali, è la beatificazione di Carlo Acutis, seconda e penultima tappa del processo canonico che si concluderà con la definitiva proclamazione della sua santità. La successiva canonizzazione sarà soltanto un atto formale e ufficiale da parte della Chiesa; per quanti lo conoscono, Carlo Acutis è già santo, e come tutti i santi, oltre ad avere i suoi fidi devoti, ha già anche un suo specifico patronato, anzi due: sarà il patrono di Internet e dei giovani millennials. Nel corso della sontuosa celebrazione viene portato in processione un reliquiario scintillante d’oro: al suo interno è custodito il cuore del giovane Carlo. Ad accompagnare la preziosa reliquia fino all’altare sono gli stessi genitori del ragazzo, Andrea Acutis e Antonia Salzano. Sembrerebbe una scena d’altri tempi, se non fosse per quella mascherina chirurgica che copre in parte i volti di tutti i presenti, elemento questo sì stridente, ma in modo inatteso divenuto ormai familiare, tanto più che nemmeno stando dentro la “casa” di Dio, al cui cospetto ci si presenta stavolta sotto l’egida di un novello santo, si è tanto al sicuro da non doverla indossare. All’omelia il cardinale Agostino Vallini, nel formulare il panegirico del Beato Carlo “figlio della terra lombarda, e innamorato della terra di Francesco di Assisi” lo definisce “un ragazzo del nostro tempo, uno come tanti”, e lo propone come esempio da prendere a modello per i giovani.
Nato il 3 maggio del 1991 a Londra, dove i genitori si trovavano per motivi di lavoro, Carlo cresce in una famiglia molto agiata; il padre Andrea, dirigente finanziario aziendale presso la banca d’affari Lazard Brothers, è figlio del patron di Vittoria Assicurazioni Carlo Acutis, e proprio per entrare nella dirigenza di questa nota compagnia assicuratrice, pochi mesi dopo la nascita del bimbo si trasferisce con la famiglia a Milano. È dunque nel capoluogo meneghino che Carlo cresce, ed è qui che, come si conviene a ogni rampollo dell’alta borghesia che si rispetti, compie il suo percorso di studi presso istituti privati, tutti a conduzione religiosa (il ciclo delle elementari e medie presso le Suore Marcelline e il liceo classico presso i Gesuiti dell’Istituto Leone XIII). Quanto questi ambienti di matrice ecclesiastica abbiano potuto influire sull’indole del piccolo Carlo, favorendone il particolare fervore religioso, possiamo solo immaginarlo. Un indizio lo abbiamo da un aneddoto riportato da mons. Ennio Apeciti che si è occupato di raccogliere i documenti e le testimonianze utili alla causa di beatificazione: «Al liceo del Leone XIII, un giorno invitarono i ragazzi a entrare in un cammino di fede. Quasi tutti abbassarono gli occhi: lui solo disse “io sì, io ci sono, lo voglio”.» I genitori, dal canto loro, si dicono tutt’altro che cattolici osservanti; la madre Antonia sostiene anzi che sia stato proprio il figlio a convertirli e avvicinarli alla fede. È evidente, quindi, che la loro scelta di iscrivere il figlio a istituti privati religiosi fosse dettata più da questioni di ceto che da motivazioni spirituali.
Sta di fatto che fin da piccolo Carlo manifesta una religiosità piuttosto insolita e marcata: frequenta la parrocchia di Santa Maria Segreta, chiede e ottiene a soli sette anni di ricevere la Prima Comunione, frequenta assiduamente la messa, accostandosi quotidianamente all’Eucaristia, recita devotamente il santo rosario in onore della Madonna, che lui diceva essere “l’unica donna della sua vita”, tiene una corrispondenza con le monache di clausura, si appassiona alla vita dei santi, scegliendone alcuni in particolare come modelli. Ed è proprio la scelta dei suoi santi preferiti a rivelare, col senno di poi, quello che sembra un destino già tracciato, tanto nella modalità di vivere la fede, quanto nella brevità della sua vita. Tra i suoi “celesti beniamini” troviamo infatti i santi Domenico Savio, Luigi Gonzaga e Tarcisio: tutti aventi in comune una precocissima e spiccata fede, tutti fortemente legati al sacramento dell’Eucaristia, tutti morti adolescenti. La predilezione di queste figure rivela inoltre l’influenza che gli ambienti ecclesiastici da lui frequentati ebbero sulla sua vita, poiché sono santi il cui culto viene promosso proprio dalle congregazioni religiose con cui, per motivi scolastici e di vita parrocchiale, era assiduamente a contatto. Visti in controluce, la vita e il carisma spirituale di Carlo ricalcano in modo impressionante quelli di quei giovani santi. Né fa eccezione il suo voler essere vicino agli “ultimi”, ai poveri, agli ammalati, ai più deboli., ai quali prodigava sostegno morale e materiale.
Tutti questi elementi potrebbero far delineare il classico profilo di ragazzo bigotto che ama aggirarsi nelle sacrestie, tra palandrane di preti e sottane di suore. E in parte è certamente vero, tanto più che indosso portava la “medaglietta miracolosa” della Madonna insieme allo scapolare carmelitano (simboli-talismani di un certo tipo di pietà popolare), e tra i viaggi prediligeva le visite ai santuari mariani, davanti ai quali si faceva fotografare. Certamente quello di Carlo Acutis è affatto un modello di santità moderno; tutto l’esplicarsi della sua fede riflette una modalità piuttosto vecchia e datata, che ripropone tutti quegli elementi tipici della religiosità popolare dei nostri nonni. L’immagine moderna che se ne vuole dare si fonda esclusivamente sul suo look sportivo e assolutamente anonimo come di qualunque altro giovane contemporaneo, e su quello strumento da anni ormai divenuto d’uso comune che è il computer. Carlo infatti aveva notevoli abilità informatiche, che gli consentivano di realizzare siti web a tema religioso, e grazie alle sue abilità grafiche realizzò anche una mostra sui miracoli eucaristici nel mondo. Come tutti oggigiorno, aveva anche lui un suo profilo Facebook dove, al posto di foto di serate tra amici e quant’altro, postava preghiere e inviti alla conversione. Un santo vecchio stile seduto al computer, insomma; un blogger, un influencer di Dio. Un ragazzo allegro e gioviale, con in una mano il pallone e nell’altra un rosario. Come aveva più volte pronosticato, morì giovanissimo, a soli 15 anni, stroncato da una leucemia fulminante, il 12 ottobre del 2006 presso l’ospedale San Gerardo di Monza, dopo avere offerto le sue sofferenze per il Papa e la Chiesa.
Già molti fedeli, provenienti da ogni parte del mondo, si accalcano alla sua tomba, o meglio a quella sorta di piccolo mausoleo di gusto moderno (opera dell’artista Eraldo Marini), realizzato nel Santuario della Spogliazione, dove la salma del giovane Carlo, dopo essere stata riesumata dal cimitero di Assisi, è stata traslata nell’aprile del 2019. Scelta non casuale per questa definitiva dimora; il santuario sorge nel luogo dove San Francesco, davanti agli occhi increduli e allibiti del padre, Pietro di Bernardone, si tolse i preziosi vestiti per mostrarsi in quella nudità evangelica ispirata da Cristo. Nel corso della sua breve esistenza, Carlo era stato particolarmente affascinato dalla vita dei santi; Assisi, dove i suoi genitori avevano una casa, era un luogo in cui tornava spesso e volentieri, e dove senz’altro si sentiva più intimamente vicino alla figura di San Francesco, al quale lo legavano varie affinità, come la profonda devozione verso Gesù e la Madonna, la vicinanza ai poveri, l’amore per gli animali e per tutti gli esseri viventi. Nel suo presentimento di morire molto giovane, Carlo aveva espresso alla madre il desiderio di essere sepolto proprio ad Assisi.
Quando, il 6 aprile del 2019, l’immagine della sua salma esposta alla venerazione dei fedeli presso il Santuario della Spogliazione, venne diramata sui social, facendo in breve il giro del mondo, molti gridarono al miracolo: sembrava l’immagine di un giovane addormentato, vestito con tuta e scarpe da ginnastica; il volto e le mani intatti, i capelli neri e lucenti… Tutto era perfettamente al suo posto, in linea con la sua fama di santità: aveva vissuto ed era morto da santo, e proprio come narrano le vicende di tutti i corpi santi, anche il suo era stato graziato dal dono dell’incorruttibilità. Carlo Acutis è un santo, e in quanto tale, tutto ciò che lo riguarda ha d’ora in poi dello straordinario. Non fosse che quel corpo incorrotto non lo era – come si affrettò a puntualizzare, invano, lo stesso vescovo di Assisi Domenico Sorrentini – ma a seguito della riesumazione era stato fatto oggetto di vari interventi conservativi e ricostruttivi, tra cui l’apposizione di una maschera in silicone che ne coprisse il volto ormai disfatto. Anche sul suo cadavere, come su quello di Padre Pio da Pietrelcina, erano stati praticati sofisticati interventi atti a restituirne l’originario sembiante, il cui risultato finale un po’ turba e inquieta come una sinistra bambola. Ma la fede, si sa, è capace di compiere grandi prodigi negli occhi di chi guarda; così, come da copione, quella necrobambola di “bello addormentato”, vista con gli occhi della fede ha sembianze d’angelo e fragranze di gigli e di rose; nessuno dei fedeli ne inorridisce, mentre prostrato vi sosta davanti con nel cuore riposta la richiesta d’una grazia. Quel corpo di adolescente dormiente sembra soave e leggero, quasi stesse per lievitare verso il cielo… E del resto, proprio a voler suggerire questa particolare suggestione era stato concepito il progetto del suo monumento funebre: «trasmettere la sensazione di elevazione al Cielo del Corpo di Carlo». A fare da sfondo al sarcofago, illustrate su delle formelle in bassorilievo, alcune scene della sua vita; infine, un grande simbolo eucaristico inciso al centro del sarcofago, richiama la particolare devozione di Carlo verso l’Eucaristia, che amava definire la sua “autostrada per il cielo”.
A fare da apripista alla sua beatificazione, il 12 ottobre del 2010 giunge dal Brasile la notizia di un miracolo avvenuto per sua intercessione: Matheus, un bambino affetto da una malformazione al pancreas, guarisce al contatto con una reliquia di Carlo, guarigione che i medici giudicano inspiegabile alla luce delle attuali conoscenze mediche. La madre Antonia, ormai in veste di ambasciatrice del figlio, riferisce di molti altri miracoli, ma la Chiesa ha per il momento riconosciuto soltanto questo. La fama di Carlo Acutis si è propagata rapidamente in ogni parte del mondo, da dove giungono ai genitori lettere e richieste di preghiera; centinaia di pagine web sono a lui dedicate. E non poteva certo mancare la produzione del classico materiale devozionale: chi lo desidera, può richiedere immaginette e reliquie del Beato Carlo Acutis scrivendo all’associazione nata in suo nome. Anche in questo nascente culto c’è poco di nuovo sul fronte della spiritualità.
Maria Dente Attanasio
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