di Lillo Portera
Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 43 | inverno 2020/21
Tre album di inediti in tre mesi: è il nuovo record di Renato Zero. Per festeggiare degnamente i suoi settant’anni, compiuti il 30 settembre, il cantautore romano ha voluto regalarsi e regalarci un’opera monumentale che non ha precedenti nell’industria musicale. L’ambiziosa emissione discografica, snodata in tre distinti volumi digisleeve (riunibili in portfolio nel box abbinato alla prima uscita), vanta un sontuoso artwork curato da Paolo De Francesco, con illustrazioni degli artisti Giovanni Barca e Valeria Corvino. Alla produzione gli ex Dire Straits Phil Palmer e Alan Clark (già al fianco di Zero nel 2019 per Zero il folle), il maestro Adriano Pennino e il fido Danilo Madonia. Zerosettanta contiene ben trentanove brani inediti, tutti composti e incisi durante l’ultimo lockdown tranne È l’età e Chiedi scusa, che Zero scrisse nel 2011 per l’album Rivérde di Mattia De Luca. Per ossequiare il famoso countdown urlato dai sorcini all’inizio di ogni concerto (…3…2…1…Zero!), i tre cd sono stati rilasciati nel seguente ordine: volume tre (30 settembre), volume due (30 ottobre), volume uno (27 novembre). Le immancabili versioni in 33 giri (i tre doppi vinili 180 grammi e il prestigioso box sei vinili) hanno visto la luce il 18 dicembre. Le certificazioni oro della Fimi per tutti e tre i cd sono arrivate prima di Natale. Conquistando la prima posizione Zero si è assicurato un nuovo record divenendo l’unico artista, dopo Barbra Streisand, primo in classifica in ben sei decenni diversi. Rifuggendo dalla comoda oziosità dei Greatist hits, più che mai convinto che «…c’è ancora tanto da scrivere» (come canta in L’angelo ferito), Zero mette ancora una volta a frutto la sua indomabile ispirazione consegnandoci uno dei suoi lavori più autentici e maturi. «Dedico l’intero lavoro di Zerosettanta alla forza dei sentimenti e al nostro sano bisogno di non trascurarli mai.» Il disco, nella sua triplice e multisfaccettata generosità, spazia coraggiosamente dalle atmosfere più sognanti a quelle più irriverenti. La penna acuminata di Renato (anzi la sua inseparabile Olivetti lettera 22) non risparmia nessuno. Ce n’è per tutti: politici corrotti («Una volontà assopita, altri pensano per noi…», in Vergognatevi voi), giornalisti superficiali («Maledetta informazione, hanno già licenziato Dio…», in Stai giù), nemici giurati («Certo che di armi ne hai impugnate quasi sempre a tradimento, dall’inchiostro facile ai vessilli della moralità…», in Nemico caro), omosessuali velati («Come fai a non sbandierare al vento tu chi sei…», in Come fai), moralisti impenitenti («Benedette le manette, sia lodato il bondage. Aghi, bende, spranghe e fruste e ci si dà (…) Non li sopporto più, avari, censori e puritani…», in In manette l’astinenza), cantanti copia-incolla («Belli e così ribelli, spille e coltelli, veri gioielli, ma di talento non se ne parla cari fratelli…», in Troppi cantanti pochi contanti), e poi italiani disincantati che hanno «rinunciato pure a pane e burro per una fetta di ipocrisia» (L’italia si desta?) e consumisti incalliti «costretti a credere in un Babbo Natale fatto di crack» (Prima che sia tardi). L’amore, nelle sue forme più varie, è tema centrale di brani come Io e te, L’amore sublime, Più amore, L’idea di te e Come non amarti. Un respiro più spirituale investe invece Orfani di cielo, C’è, È l’età, Il grande incantesimo e Il linguaggio della Terra. Gli ingredienti di Zerosettanta, scrive Renato nel booklet, sono: «Ecletticità, adattabilità, agilità, curiosità, intercambiabilità. E poi ancora: lungimiranza, perseveranza, pazienza, resistenza, insistenza, tolleranza, competenza. E inoltre: fame. Voglia. Coraggio. Estro. Gusto ed anche una quintalata di sana ambizione.»
Zerosettanta si fregia inoltre della preziosa collaborazione del giovanissimo Lorenzo Vizzini, autore e coautore in ben nove brani. In difesa della tradizione cantautorale e soprattutto della melodia, sempre più minacciata dall’uso sconsiderato dei plug-in, «suoni lontani di matrice ignota» (Amara melodia), Zero si riconferma un protagonista assoluto della scena artistica contemporanea, attento a fotografare i guasti della realtà e sempre prodigo di sana energia vitale. «Un po’ dottore. Un po’ alchimista. Un po’ funambolo e giocoliere. Mediatore. Sobillatore e poi moderatore. Un’infinità di espedienti per sentirmi utile e attivo. (…) Eccolo, lo Zero che ho scelto di essere. Sfrontato e sensibile. Scrupoloso e sognatore. Ruvido per difetto. Accomodante per eccesso.» Tra tanta progettualità trova spazio anche la nostalgia, magnificata nella struggente Grandi momenti che, significativamente, si chiude con un verso di Let it be. La trilogia si congeda sulle note di Un mondo perfetto, dove l’artista suggella il rapporto intramontabile con il suo pubblico: «Fatalità, stessa strada tu ed io. Facciamo che non sia un addio.»
Zerosettanta, alla faccia dei plug-in, è un disco suonato con strumenti veri. Tra l’esercito dei musicisti che si sono avvicendati in questa triplice zero-fatica segnaliamo (oltre ai già menzionati Palmer, Clark, Pennino e Madonia): Julian Hinton, Luis Jardim, Geoffrey Richardson, Fabrizio Bosso, Paolo Costa, Lele Melotti, Giorgio Cocilovo, Bicio Leo, Luciano Ciccaglioni, Bruno Giordana, Rosario Jermano, Lorenzo Poli, Gianluca Littera, Maurizio Fiordaliso, Adriano Martino, Max Minoia, Primiano Di Biase, Gianfranco Campagnoli… l’elenco è lunghissimo. Ed è ai suoi musicisti, complici dell’alchimia creativa, che Zero rivolge la sua dedica più sentita: «Avervi avuti accanto è stato il regalo più bello all’artista ed il premio più ambito all’uomo.»
Lillo Portera
Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 43 | inverno 2020/21
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