di Cecily P. Flinn
Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 38 | marzo 2019
Dopo anni di appassionate ricerche, studiando migliaia di tracce fossili rinvenute perlopiù in Scozia, Cina, Argentina e Alaska, il giovane paleontologo scozzese Steve Brusatte dà alle stampe Ascesa e caduta dei Dinosauri (edito da Utet, con traduzione di Sara Prencipe e Luca Fusari), un avvincente testo di divulgazione scientifica dedicato alle misteriose creature giganti che hanno passeggiato sul nostro pianeta fino a circa 66 milioni di anni fa.
Già autore nel 2012 di Dinosaur Paleobiology, Brusatte riassume, con un linguaggio chiaro e accessibile, tutte le scoperte più recenti sul mondo perduto dell’era mesozoica. Professore di Paleontologia dei vertebrati all’Università di Edimburgo, esperto in anatomia dei dinosauri e in biologia evolutiva, Brusatte invita il lettore a intraprendere un viaggio nel tempo profondo, in un mondo dove homo Sapiens non aveva ancora fatto la sua comparsa. Il viaggio parte dal Triassico inferiore (circa 252 milioni di anni fa), attraversa tutto il Giurassico e si conclude nel tardo Cretaceo. Quella raccontata da Brusatte «è la storia epica della comparsa dei dinosauri, di come affermarono il loro predominio, di come alcuni di essi diventarono colossali e altri si dotarono di piume e ali trasformandosi in uccelli, e di come il resto di loro sparì aprendo la strada al mondo moderno e a noi.»
Nell’immaginario collettivo i dinosauri sono le creature antiche per definizione, ma in realtà fecero la loro comparsa relativamente tardi nell’arco dell’evoluzione. Nel Permiano proliferavano strambe creature come i pareiasauri, i dicinodonti e i gorgonopsi; come dimostrano i fossili rinvenuti negli strati rocciosi, di dinosauri non c’è traccia. I primi proto-dinosauri cominciano a far capolino solo nell’era a cavallo tra la fine del Permiano e gli inizi del Triassico. La devastante estinzione di massa che si verificò alla fine del Permiano cancellò dalla faccia della Terra circa il novanta per cento delle specie viventi. Fu grazie a questa immensa catastrofe che i primi proto-dinosauri trovarono il sentiero spianato per la loro progressiva affermazione. I quasi-dinosauri cominciarono ad affermarsi nel Triassico inferiore e medio. In Polonia Steve Brusatte (insieme ai colleghi paleontologi Grzegorz Niedzwiedzki e Richard Butler) ha rinvenuto le tracce fossili di un Prorotodactylus, un esemplare di proto-dinosauro molto simile all’animale che si può considerare l’antenato dei dinosauri. Il Permiano era popolato da creature che si muovevano su arti orientati lateralmente al corpo; da questi, dopo la grande estinzione, si evolse un nuovo gruppo di rettili che sviluppò gradualmente la postura verticale (i cosiddetti arcosauri). Questa modificazione con zampe raccolte sotto il corpo determinò un grosso vantaggio evolutivo, permettendo maggiore velocità e dinamicità.
Gli arcosauri, prima di diversificarsi in numerosissime specie, si evolsero in due rami distinti: gli pseudosuchi (antenati dei coccodrilli) e gli avemetatarsali (antenati degli pterosauri e dei dinosauri). Gli arcosauri di tipo avemetatarsale (come il citato Prorotodactylus, non più grande di un gatto odierno) sono parenti strettissimi dei dinosauri, ovvero dei “dinosauromorfi”. «Il confine tra dinosauri e non-dinosauri – scrive Brusatte – è vago, volendo anche artificiale, un effetto collaterale delle convenzioni scientifiche.» I primi veri dinosauri fecero la loro comparsa all’incirca 230 milioni di anni fa, come dimostrano le tracce fossili rinvenute nei grandi canyon argentini. Prosperarono per la bellezza di 150 milioni di anni e, nel corso della loro stupefacente evoluzione, diedero vita ad alcune delle più straordinarie creature mai vissute, compresi gli uccelli (diretti discendenti dei dinosauri). «Si evolsero di concerto con un mondo in continuo cambiamento, soggetto a eruzioni vulcaniche mostruose e impatti con gli asteroidi, un mondo in cui i continenti si spostavano, il livello dei mari non smetteva mai di fluttuare, le temperature si alzavano e abbassavano capricciosamente. I dinosauri seppero adattarsi alla perfezione ai loro ambienti, ma alla fine si estinsero quasi tutti perché incapaci di affrontare una crisi improvvisa.»
I dinosauri, spiega Brusatte, devono il loro successo alle mutate condizioni ambientali che si verificarono nell’ultima fase del Triassico, circa 201 milioni di anni fa. La rottura del supercontinente Pangea provocò disastrose eruzioni vulcaniche che letteralmente rimodellarono la Terra. Molte specie (tra cui pseudosuchi, dicinodonti, rincosauri e supersalamandre) perirono liberando un’insperata nicchia evolutiva per i dinosauri sopravvissuti. Per ragioni che ancora aspettano d’essere approfondite, i dinosauri sopravvissero allo spaccarsi del supercontinente e a tutti gli svantaggi che ne seguirono. Nel Giurassico i dinosauri diventeranno dominatori incontrastati. Erano in scena già da 30 milioni di anni, ma solo dopo la rottura della Pangea trovarono l’ecosistema più propizio al loro successo evolutivo. In qualche modo i dinosauri seppero sfruttare a loro vantaggio il disastro ambientale del tardo Triassico. «Magari sapessi spiegarvi perché. È un enigma che mi ha letteralmente tolto il sonno. Avevano qualcosa di speciale che li favorì rispetto agli pseudosuchi e agli altri animali estinti? (…) Magari fu soltanto questione di fortuna. Qualunque sia la risposta, è un dilemma che aspetta di essere risolto dalla prossima generazione di paleontologi.» Poi, in un fatale mattino di 66 milioni di anni fa, i dinosauri vissero l’ultimo giorno del Cretaceo. L’impatto con l’asteroide Chicxulub, piombato nell’odierno Yucatàn, li cancellò dalla faccia della Terra. «…Ma non dimentichiamoci degli uccelli: sono dinosauri, sono sopravvissuti, e sono tra noi.»
La paleontologia è una disciplina in fieri, che continuamente affina nuove tecniche comparate di misurazione. Ogni anno vengono scoperte circa cinquanta nuove specie di dinosauro. La storia di queste creature del mondo perduto è scritta nelle rocce. Il paleontologo è un lettore di rocce.
Cecily P. Flinn
Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 38 | marzo 2019
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