di Salvo Arena
Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 38 | marzo 2019
Con il doppio album Appunti di un lungo viaggio il cantautore genovese Gino Paoli (classe 1934) festeggia la bellezza di sessant’anni di carriera. Un disco dal taglio compositivo insolito, che travalica i confini canonici della canzone per offrirsi alla stregua di un sospeso e delicato testamento musicale. Il primo cd, intitolato Canzoni interrotte, si avvale della produzione artistica e degli arrangiamenti di Danilo Rea (con la Roma Jazz String Orchestra diretta e arrangiata da Marcello Sirignano); tutti i testi e le musiche portano la firma di Gino Paoli. Come recita il titolo le canzoni sono interrotte, volutamente incompiute, accennate quel tanto che basta per farne emergere l’essenzialità della struttura compositiva e poi subito sfumate nel riverbero musicale; inanellate le une alle altre e intervallate da brani strumentali di Danilo Rea, queste canzoni si immettono in un flusso fino a diventare una canzone sola, un unico movimento. Sorvolando ricordi, nostalgie, passioni e dolori Paoli dà vita a diciassette canzoni interrotte che attraversano con pacificata malinconia le stagioni della vita.
Estate: L’avventura, Non dire che mi ami, E mi innamoro ancora, Aspettami, Il mio amore sbagliato, Io ti amo di più; Inverno: Quando avevo vent’anni, Eravamo sempre insieme, Ho incontrato la tristezza, Voglio morir malato; Primavera: Noi del mare, Amico mio, La mia donna è la libertà, Due cani in chiesa; Autunno: Un anno un’ora un minuto, Uno come me, Quando me ne andrò.
Anche le stagioni sono parte del flusso memoriale e non seguono un ordine ciclico. Tema centrale nei testi è l’amore, in tutte le sue declinazioni, un amore che è insieme felicità e disincanto. «L’amore è un fiore strano che s’apre nel silenzio», canta in Non dire che mi ami. Paoli privilegia parole semplici, chiare, colloquiali, parole che attraverso la sua voce acquisiscono spessore e atmosfera. Nessun artifizio, niente ermetismi, solo parole scaturite dall’esperienza emozionale. Abolita la forma-canzone tradizionale con le sue impalcature rassicuranti, abolite le rime baciate, le ripetizioni e i ritornelli, aboliti gli effetti speciali, restano poche strofe a far da incipit a composizioni sospese, quasi improvvisate. Canzoni-bonsai, ridotte all’estrema sintesi, nude come solo sanno esserlo i pensieri quando s’abbandonano alla tenerezza dei ricordi. Gli appunti di un lungo viaggio convergono in un’opera volutamente frammentata, caleidoscopica, un mosaico emozionale che sceglie di rivelarsi attraverso l’essenzialità. Così, dal tappeto sonoro (fluido, primaverile), le canzoni fanno capolino schiudendosi come piccole finestre e liberando di volta in volta gli appunti sparsi: la vita, la morte, la giovinezza, la malattia, l’amicizia… ma, soprattutto, l’amore. Un amore che non è mai possesso o gabbia, ma libertà: «La mia donna è come la libertà / Come una canzone che puoi cantare sempre / che non può tacere, che non può finire / La mia donna è la mia canzone.» Punta di diamante del disco è Quando me ne andrò, un brano che riflette delicatamente sull’addio, sul congedo dalla vita e dall’amore. «Quando me ne andrò / Tu dimmi arrivederci / Salutami con un sorriso / che ti rischiari il viso. (…) Quando me ne andrò / Dai il mio nome a un gatto / E accarezzalo sempre / con le tue mani pigre.»
Il secondo cd, intitolato I ricordi, contiene dodici classici del suo repertorio rivisitati in chiave jazz, un omaggio al collega e amico Bruno Lauzi (Ritornerai), e l’inedito I ricordi. Gli arrangiamenti sono stati curati da Rita Marcotulli, Alfredo Golino e Ares Tavolazzi. Presente anche qui la Roma Jazz String Orchestra, diretta e arrangiata da Marcello Sirignano. Riascoltiamo così: Che cosa c’è, Sassi, Sapore di sale, La gatta, Senza fine, Una lunga storia d’amore, Il cielo in una stanza, Ti lascio una canzone… canzoni immortali che hanno fatto da colonna sonora alla storia del nostro Paese. La sobria veste jazz, stemperando la struttura melodica originale, dona a questi brani un respiro tutto nuovo. L’interpretazione di Paoli – impeccabile nonostante i suoi ottantaquattro anni – stabilisce qui un perfetto connubio. «…Il jazz è fare quello che fai in quel momento, senza schemi prestabiliti», ha dichiarato il cantautore in una recente intervista, sottolineando quanto sia diventato importante per lui, in questa fase matura della sua ricerca creativa, il potersi esprimere nella più assoluta essenzialità. Nel vasto repertorio di Gino Paoli Appunti di un lungo viaggio si offre idealmente come un disco definitivo (nel senso più ampio e alto del termine). Un disco bellissimo. Potente, poetico, di una tenerezza disarmante. Un capolavoro.
Appunti di un lungo viaggio (etichetta Parco della Musica Records, distribuito da Warner Music) è disponibile nei formati cd digipack e vinile.
Salvo Arena
Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 38 | marzo 2019
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