Sebastiano Vassalli
De l’infinito, universo e mondi. Manuale di esobiologia (Hacca, 2018)
di Marco Castelli
Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 37 | dicembre 2018
Opera aliena nella bibliografia di Sebastiano Vassalli, aliena nel senso letterale del termine, De l’infinito, universo e mondi si offre al lettore sotto le dichiarate spoglie di un manuale di esobiologia. Conosciuta anche come “astrobiologia” o “xenobiologia”, l’esobiologia è un campo prevalentemente speculativo della biologia che contempla la possibilità della vita extraterrestre e la sua possibile natura. L’etimologia del termine deriva dall’unione della parola greca esso (ossia “esterno”) con il sostantivo biologia, ad indicare per l’appunto la specializzazione di questa branca scientifica verso forme di vita esterne al nostro pianeta, diverse da quelle conosciute. Il titolo rimanda dichiaratamente a Giordano Bruno, autore del celebre dialogo De l’infinito, universo e mondi.
Sul finire degli anni Sessanta – dopo l’esordio come poeta in Lui (Egli) (Rebellato, 1965), l’avvicinamento al Gruppo 63 e l’adesione alle nuove ricerche della Neoavanguardia con le pubblicazioni Disfaso (Trevi, 1968), Narcisso (Einaudi, 1968), Nel labirinto: collage freddo (CDE, 1968) e Tempo di massacro (Einaudi, 1970) – Sebastiano Vassalli si cimenta in un progetto ambizioso e complesso, la formulazione di un romanzo nuovo, slegato dalle maglie narrative tradizionali e proiettato (tanto nella forma quanto nel contenuto) in un presente futuribile. È la letteratura di fantascienza, la science fiction (o xenofiction, così è chiamato quel filone che favoleggia su forme di vita e intelligenze extraterrestri) a ispirarlo e a suggerirgli un territorio d’indagine privilegiato, una materia vergine sulla quale imprimere nuovi indirizzi narrativi. Scritto tra il 1969 e il 1971, respinto da Einaudi (e pubblicato parzialmente in cinque tranches tra il settembre 1971 e il gennaio 1973 sulla rivista “Pianeta”), il manuale vassalliano trova oggi una veste editoriale compiuta grazie al meticoloso labor limae di Martina Vodola, condotto sulla base del progetto originario dell’autore. De l’infinito, universo e mondi. Manuale di esobiologia – edito da Hacca, 2018, con un’ampia prefazione di Roberto Cicala e un esaustivo apparato di note al testo – ci offre l’occasione di apprezzare un Vassalli poco conosciuto, quello della fase sperimentale e neoavanguardista che ha preceduto le opere della maturità. Cessato il rapporto con la rivista Vassalli accantona il progetto editoriale per dedicarsi a nuove stesure come Il libro dell’utopia ceramica (1974), Pianura: poesia e prosa degli anni Settanta (1974) e L’arrivo della lozione (1976). Sorte diversa ha incontrato il Manuale di fantasesso, pubblicato dalla casa editrice Dellavalle nel 1970, sorta di opera satellite dell’incompiuto Manuale di esobiologia.
Il testo si compone di due sezioni, una teorica (La sistematica del tutto) e, in appendice, una più strettamente manualistica (Suddivisione e cataloghi). Il viaggio interstellare vassalliano va letto in prima istanza come tentativo di allontanarsi dalle trite narrazioni del possibile. La prospettiva di quest’evasione è offerta dalla pluralità dei mondi abitabili disseminati nello sterminato spazio, mondi pullulanti di forme di vita più o meno intelligenti, più o meno progredite, più o meno desiderose di relazionarsi con gli infinitesimali terrestri. Macrocosmo e microcosmo, materia e antimateria, contrazione dello spazio e del tempo, massimi sistemi dove si muovono uomini, superuomini e dèi, e dove risuonano le eterne domande: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo (rese celebri da Gaugain). Dal nuovo “genere” della science fiction – in particolare dalle collane di fantascienza “Urania” (pubblicata da Mondadori dal 1952), “Galaxy” (pubblicata dal 1958 al 1964, edizione italiana della rivista americana “Galaxy Science Fiction”) e “Galassia” (pubblicata dal 1961 al 1979 da C.E.L.T., Casa editrice La Tribuna) – Vassalli attinge «l’infinito numero delle fantasie umane relative all’Infinito, all’Universo e ai mondi ivi contenuti.» Il serbatoio fantascientifico è senza fondo, come senza fondo è l’incommensurabile, e Vassalli compie i suoi prelievi come estraendoli dal cilindro di un mago, auspicando una fantascienza che si imponga «come definitivo sostituto di ogni letteratura psicologica e mimetica e di ogni filosofia delle visioni del mondo.» La fantascienza si fa quindi «discorso profetico in quanto ipotizza altro da ciò che è, reale e sensibile; discorso tragico, in quanto, ipotizzando altro, implicitamente nega o quantomeno rifiuta il reale e sensibile stesso; discorso spermatico (…), in quanto, rifiutando come ovvia e insignificante la comprensione del dato, essa tende inevitabilmente verso l’Infinito (…)» Nella seconda sezione del manuale (estremamente divertente) lo scrittore si riduce a mero compilatore di un nutrito campionario (più o meno evoluto) di fauna e flora extraterrestri. Ecco sfilare creature come il Ruujl, della specie cristalliforme & poliedrica, «extraterrestri intelligenti, telepati, del pianeta Vija della Nebulosa di Andromeda» (partorito dalla fantasia di Y.F.J. Long in L’esilio su Andromeda, in “Urania”, 104, 1955). In De l’infinito, universo e mondi, opera complessa e caleidoscopica, Vassalli spinge il linguaggio fuori dalle orbite consuete cercando nuovi allunaggi per la grande letteratura. Un percorso obbligato, destinato a esaurirsi (e a evolversi) nella nuova concezione di romanzo storico vassalliano che si delinea compiutamente agli inizi degli anni Ottanta.
Marco Castelli
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