FOOD, DRINK AND EVOLUTION | A cena con Darwin. Un saggio di Jonathan Silvertown

FOOD, DRINK AND EVOLUTION

A cena con Darwin. Un saggio di Jonathan Silvertown (Bollati Boringhieri, 2018) 

di Cecily P. Flinn

Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 37 | dicembre 2018

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Spuntini, merende e sontuosi banchetti. Il cammino dell’evoluzione è disseminato di un’infinità di pause-ristoro. La storia della vita ruota intorno a una grande tavola imbandita. Ogni organismo vivente, dal più elementare al più articolato, si è dovuto nutrire per sopravvivere e perpetrarsi. La nostra specie, come spiega il divulgatore scientifico Jonathan Silvertown, si è dovuta guadagnare il rancio come tutte le altre.

Dopo La vita segreta dei semi (2010) e I segreti della durata della vita (2015), editi entrambi da Bollati Boringhieri, Jonathan Silvertown (autore di numerosi studi sull’evoluzione delle piante e docente di Ecologia evoluzionistica presso l’Institute of Evolutionary Biology dell’Università di Edimburgo) ci invita ad intraprendere un viaggio culinario a ritroso nel tempo profondo per comprendere l’origine e la complessa trasformazione delle nostre diete. Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei. A cena con Darwin. Cibo, bevande ed evoluzione (Bollati Boringhieri, 2018) non è quindi l’ennesimo libro sul cibo, ma un grandioso tour gastronomico del gusto del genere Homo, dagli albori fino all’odierno Antropocene.

La nostra relazione con il cibo è la testimonianza di come ci siamo gradualmente evoluti e come si è a sua volta evoluto ciò che ingeriamo. Ogni boccone che mandiamo giù ha una storia evolutiva. «Gli scaffali dei supermercati – scrive Silvertown – traboccano di prodotti dell’evoluzione, anche se l’etichetta sulla confezione del pollo non ce lo ricorderà con una data di scadenza giurassica e i cartellini del reparto ortofrutta non ci sveleranno che il mais ha alle sue spalle seimila anni di selezione artificiale ad opera delle civiltà precolombiane. In tutte le liste della spesa, le ricette, i menù e gli ingredienti c’è un silenzioso invito a cena con il padre dell’evoluzione, Charles Darwin.» Quando mangiamo una torta assaporiamo la combinazione di ingredienti fondamentali (uova, latte, farina, zucchero, lieviti…) che hanno impiegato milioni di anni per evolversi parallelamente alla nostra capacità di ingerirli traendone nutrimento. Grazie all’evoluzione per selezione naturale questi ingredienti primordiali hanno acquistato le proprietà necessarie alla realizzazione, per l’appunto, di una squisita torta. Un’impresa tutt’altro che semplice. Basti pensare alla storia dell’uovo, vero e proprio archetipo delle origini. Schermato da un guscio minerale l’uovo fu un’invenzione dei rettili, ma ciò che custodiva al suo interno vantava origini molto più antiche. Questa soluzione si è rivelata «la carta vincente per l’affermazione della vita sulla terraferma. I primi animali a compiere la transizione dagli oceani alle terre emerse furono gli anfibi. Le loro uova, tuttavia, erano gelatinose, proprio come quelle delle rane e delle salamandre moderne, e non possedevano uno strato protettivo che impedisse loro di disidratarsi all’aria aperta. Il punto di svolta fu l’evoluzione dell’amnios, la membrana che forma il sacco amniotico, l’involucro pieno di liquido in cui è immerso il feto: tipico esempio di come l’evoluzione risolva i problemi seguendo la strada più immediata.» Anche i semi vantano un’origine evolutiva antichissima, risalente all’incirca a 360 milioni di anni fa. Lo stesso dicasi per il latte, la geniale soluzione escogitata dai mammiferi per nutrire la prole attraverso la secrezione da ghiandole specializzate.

I nostri primi antenati ominini sono stati raccoglitori e cacciatori. Un passaggio fondamentale che, gradualmente, ha decretato il successo del genere Homo è stato la pratica della cottura. L’agricoltura, l’allevamento, la domesticazione e la selezione artificiale avrebbero poi ampliato il menù. «È probabile – sintetizza Silvertown – che cinque milioni di anni fa i nostri antenati fossero vegetariani; 3,3 milioni di anni fa avevano imparato a fabbricare utensili in pietra e a mangiare carne, e 1 milione di anni fa, se non prima, cuocevano il cibo.» Cuocere il cibo ci ha messi al riparo da tanti batteri, fornendoci al contempo l’energia necessaria per nutrire un cervello di grandi dimensioni. La prima specie umana a specializzarsi in cucina fu quella di Homo erectus (all’incirca un milione e mezzo di anni fa). I cibi cotti sono più digeribili. Non è un caso se nel corso dell’evoluzione il nostro intestino si sia rimpicciolito mentre il cervello ha aumentato le sue dimensioni. 30.000 anni fa i nostri antenati cacciatori si cibavano di mammut lanoso. Lo sappiamo grazie alle analisi isotopiche delle ossa umane ritrovate. Caccia e cottura hanno favorito inoltre le dinamiche della socializzazione e della convivialità. Una grande rivoluzione nella mensa di Homo sapiens si è verificata tra 11.000 e 12.000 anni fa nei territori dell’Asia sudoccidentale: l’agricoltura. Si ritiene che la prima pianta domesticata per la coltivazione fu il farro. Quello che chiamiamo “il pane quotidiano” ha una storia lunga 12.000 anni. «È stato il fondamento della rivoluzione neolitica, quando abbiamo imparato a piegare l’evoluzione delle piante ai nostri scopi.»

Il tour culinario di Silvertown ripercorre (dal passato profondo fino all’attuale era OGM) tutto l’itinerario del gusto del genere umano: il sapore salato, il dolce, l’aspro, l’amaro e l’umami (ovvero il saporito, che il nostro palato associa alla carne e al pesce). La nostra storia evolutiva ha plasmato e ampliato le nostre capacità alimentari. «Siamo sopravvissuti all’andirivieni di deserti e calotte polari, prosperando, moltiplicandoci e occupando ogni continente perché siamo onnivori intelligenti e adattabili.» A cena con Darwin si offre come un dettagliato ricettario evoluzionistico che, portata dopo portata, ci aiuta a comprendere l’origine di quei cibi che sono stati centrali per millenni nelle nostre culture.

Cecily P. Flinn

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