CULTURE CLUB
Life | Il nuovo album di inediti dei Culture Club
di Lillo Portera
Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 37 | dicembre 2018
Con l’album Life (Bmg, 2018) i Culture Club sanciscono la loro seconda reunion ufficiale. Già diciannove anni fa, nel 1999, la band britannica – formata da Boy George (voce), Roy Hay (chitarre e tastiere), Mikey Craig (basso) e Jon Moss (batteria e percussioni) – aveva riformulato (forse con poca convinzione) il sodalizio con il live Greatest moments e l’album in studio Don’t mind if I do, trainato dal singolo I just wanna be loved. La ritrovata sinergia è palpabile in tutte le tracce del disco, prodotto da Future Cut e registrato a Londra tra Samplefactory, Shabbey Road Studios, Angels Studios e Sleeper Sounds. Lungi dal voler replicare a tutti i costi i fasti di Kissing to be clever (1982) e Colour by numbers (1983) – contenenti hit mondiali come Do you really want to hurt me, Karma Chameleon, It’s a miracle, Miss me blind e Victims – questo nuovo lavoro richiama atmosfere del già citato Don’t mind if I do e della più recente produzione solista di Boy George. Il primo singolo estratto è Let somebody love you, dove protagonista è un solare sound pop-reggae già più volte utilizzato dalla band, poggiato su una struttura melodica easy e radiofonica. “Sono un poeta a New York City… Sono giovane e vivo e non ho niente da perdere… L’amore è rivoluzione… Lascia che qualcuno ti ami”.
Di tutt’altra atmosfera sono i brani d’apertura del disco, le bellissime God & Love (caratterizzata da un ipnotico e trascinante gotich-rock elettronico) e Bad blood (giocata su un cupo funk-rock). Punta di diamante di questo sesto album in studio targato Boy George & Culture Club è la delicatissima What does sorry mean?, prodotta da Future Cut con la complicità di John Themis; qui la voce calda e sofferta di Boy George emerge in tutta la sua inimitabile intensità. Altro brano di punta, caratterizzato da un arrangiamento pop di sapore più tradizionale, è More than silence, già precedentemente inciso dalla band in una differente versione nel 2014 per l’album abortito Tribes (prodotto da Youth). Il disco, spaziando tra pop-soul, blues, cori gospel e suggestioni elettroniche, si chiude con le accorate ballad Oil & water e Life (brano che dà il titolo al disco, nonché secondo singolo estratto). Altri brani presenti: Human zoo, Runaway train, Resting bitch face e Different man (per un totale di undici tracce). Life è stato editato in diverse versioni (con grafiche e design a cura di Rankin Photography) strizzando l’occhio al mondo del collezionismo musicale: cd, cd deluxe, cd-digipack con postcards, vinile, vinile giallo e musicassetta (quest’ultima in edizione limitatissima). Due i videoclip realizzati entro dicembre 2018: Let somebody love you (con la regia di Howard Greenhalgh) e Life (visibili sui nuovi canali ufficiali del gruppo). Riguardo al brano Life Boy George ha dichiarato: «Credo che questa canzone, tra tutte quelle che ho composto negli ultimi anni insieme ai Culture Club, sia la più rappresentativa. Mi rispecchia a pieno per come sono ora nella mia vita, e testimonia la sensazione di gratitudine che provo.» Nel videoclip, tutto giocato sui primi piani, Boy George si mette a nudo davanti allo specchio, mostrandosi coraggiosamente senza trucco e senza cappello.
Reduce dal nuovo picco di popolarità ottenuto prestandosi come giudice in vari talent show televisivi tra Inghilterra e Australia, Boy George si è riguadagnato la scena internazionale. Il nuovo contratto discografico firmato con la BMG prevede a breve anche la pubblicazione di un disco di cover (se da solo o con i Culture Club resta da vedere). Visti i precedenti è più probabile che non si tratti di un sodalizio duraturo.
Chiusa la prima fase Culture Club (1981-1986) la carriera di Boy George si è mossa su un tracciato discontinuo, accidentato, talvolta disordinato e certo poco lineare ma generoso per quel che concerne la produzione discografica, specie sul versante delle featuring e, più in generale, delle collaborazioni (basti menzionare The crying game con la complicità dei Pet Shop Boys, la struggente You are my sister con Antony, la trascinante Run con il Dj Sasha, fino alle più recenti Pentonville Blues con Glide & Swerve, Somebody to love me con Mark Ronson). L’ultimo lavoro solista di Boy George è This is what I do (2013), prodotto e arrangiato da Richie Stevens. Un itinerario musicale confuso, frammentario, a tratti controproducente, ma perfettamente in linea con la personalità volubile, eclettica e camaleontica dell’artista, sempre sospesa tra intimismo e irriverenza. Nel corso della loro alterna carriera i Culture Club hanno venduto oltre 150 milioni di dischi. Il Life tour (che purtroppo non ha ancora fatto tappa in Italia) ha registrato ovunque il sold out.
Lillo Portera
Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 37 | dicembre 2018
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