SANTO FEMMINICIDIO
Le sante cristiane. Belle, vergini, ma soprattutto martiri
di Maria Dente Attanasio
Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 33 – Dicembre 2017
Le agiografie dei santi, specie quelle dei primi secoli del cristianesimo, narrano di gesta eclatanti, di prodigiosi avvenimenti e atroci supplizi. Queste storie straordinarie esercitano da secoli il loro fascino su larghe frange di devoti cattolici, godendo di quell’aura di sacralità che le mette al riparo da ogni giudizio critico. Prese in esame, queste storie costituiscono un importante terreno d’indagine che va ben al di là degli aspetti meramente devozionali o folcloristici di cui la pietà popolare le ha rivestite nel corso dei secoli. Pochi fedeli, in verità, si chiedono chi sia realmente quel santo o quella santa verso cui manifestano la propria devozione. Il più delle volte queste devozioni si tramandano in ambito familiare o comunitario per il tramite di tradizioni orali che poco o nulla hanno a che fare con il dato storico oggettivo, senza ulteriori approfondimenti sul loro conto.
Davanti all’effigie di un santo o di una santa, a questi fedeli risulterebbe più utile chiedersi non “chi” ma “cosa” stiano venerando. È importante infatti capire in quale misura queste figure abbiano influenzato per secoli la cultura e il costume del mondo cattolico; in che modo queste figure abbiano veicolato messaggi e indottrinamenti, e soprattutto quali modelli e valori abbiano promosso attraverso le loro vite esemplari.
Nel pantheon dei santi cristiani è interessante notare come la maggior parte siano donne che vanno sotto l’attribuzione di “vergine”. L’attributo della verginità appare difficilmente sotto il nome di un santo; mentre è quasi sempre associato a quello di una santa, come a voler rimarcare la prerogativa delle donne a doversi mantenere vergini e caste per lo Sposo celeste. La verginità è qui intesa come un’integrità che la donna è chiamata a preservare, quale tributo al proprio uomo, sia esso celeste o terreno. Una costante che ricorre insieme alle doti di umiltà, docilità e ubbidienza.
La stessa enfasi posta sulla bellezza, quale elemento fortemente connotante di tutte queste sante donne, appare quanto mai sospetta: si narra della straordinaria bellezza di Agata, di Lucia o di Febronia, ma non si dice altrettanto di Antonio, di Francesco o Sebastiano. Questi elementi sono già di per sé indizi di un certo sessismo che aleggia nella stesura delle vite dei santi e ne tradiscono la loro evidente ascendenza maschilista. L’idealizzazione delle figure femminili nella storia della Chiesa è l’altra faccia della loro demonizzazione. Dal prototipo della Madonna fino a giungere a santa Maria Goretti, è tutta una lunga successione di donne che si offrono belle, vergini e docili al Dio-uomo. Il martirio da esse patito è l’atto estremo con il quale si infierisce sui loro corpi desessualizzati; corpi trafitti da pugnali, fustigati, amputati, squartati, arsi vivi.
Febronia, “mistico giglio d’Oriente”, è figura emblematica di questo processo di annientamento della donna in quanto tale. Dopo un’intera esistenza vissuta nel chiuso di un monastero, al riparo dalle tentazioni del mondo e senza aver mai visto alcun uomo, subisce, giovanissima, il più atroce martirio ricordato dalla Chiesa: legata a un palo viene flagellata, arsa, scorticata, le vengono strappati i denti, tagliate le mammelle, quindi le mani e i piedi, infine viene decapitata. Di questi supplizi ne son piene le vite dei primi martiri cristiani, ma Febronia li rappresenta tutti col suo martirio. In lei bellezza, bontà, verginità e martirio raggiungono la cifra ideale, toccando le più alte sfere della santità.

Ciò che l’iconografia devozionale ci consegna di queste sante, ben riflette la componente sessuofobica insita nel cristianesimo: esse ci vengono rappresentate tutte giovani e belle, più che donne sono delle fanciulle dalle fattezze androgine, coi loro corpi avvolti in strati di stoffe che non lasciano trasparire nulla della loro anatomia, in cui ogni elemento della corporeità femminile viene occultato, tutto ciò che possa essere riconducibile alla loro sessualità sistematicamente rimosso. La morale sottintesa a questi modelli di santità femminile ricalca a pieno i retaggi della vecchia cultura maschilista e patriarcale, gli stessi che il cristianesimo ha contribuito a rafforzare e perpetuare nel corso dei secoli. Giunta vergine all’età riproduttiva, la donna si dispone ad accogliere l’uomo nel proprio corpo e a diventare sua proprietà. È a questo punto che i genitali della giovane Caterina d’Alessandria vennero lacerati da una ruota di lame. Quest’ultimo esempio ci mostra una volta di più come nel martirio dei santi, e delle sante in particolare, venga fondamentalmente messo in atto uno stupro o la castrazione dei loro attributi sessuali.
Ciò a riprova di come, tanto la donna santa quanto quella profana, vadano incontro, nell’ottica cristiana, alla stessa predestinazione: il martirio della prima è sublimazione della deflorazione che attende la seconda nel talamo nuziale. Un santo femminicidio perpetrato per la gloria del regno dei cieli.
Maria Dente Attanasio
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Questo articolo è pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 33 – Dicembre 2017.
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