L’IRRIVERENZA DEL CINISMO
Il grande chihuahua | Un romanzo di Luca Raimondi e Joe Schittino (Augh!, 2017)
di Gaetano Platania
Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 33 – Dicembre 2017.
Nelle pagine de Il grande chihuahua i siracusani Luca Raimondi e Joe Schittino sguinzagliano con compiaciuta e disinvolta ironia una creatura sprezzante, amorale, refrattaria al ben che minimo residuo di umanità. Lafcadio gidiano degenerato, il protagonista spinge l’atto omicidiario all’estremo fino a sprofondarlo nel grottesco. Una persona apparentemente normale, il classico insospettabile della porta accanto, di bell’aspetto, uno dei tanti giovani universitari figli di papà che frequentano a tempo perso la facoltà di Filosofia di Catania. Sotto quest’abito anonimo si nasconde uno spietato assassino seriale, una belva feroce assolutamente priva di empatia, agita da un rabbioso impulso omicida, un impulso tanto lucido quanto demotivato. Nessun trauma scatenante, nessuna ritualità: il mostro uccide a caso, in ossequio al capriccio del momento, per il semplice bisogno (razionale) di farlo. Nessuna vittima predestinata, nessun bersaglio prediletto: avanti il prossimo. Ed è il mostro stesso, con sincerità disarmata, a narrare in prima persona tutto l’asettico orrore delle sue gesta efferate, un racconto che non ha affatto il tenore di una confessione, rimandando piuttosto a una mera enumerazione di fatti. «…con gli anni ho acquisito la consapevolezza dell’inutilità della vita, mia e degli altri. Così ho ammazzato un po’ di gente, ho fatto scorrere un po’ di sangue, un bel po’, e ci ho provato gusto…»
In sottofondo, stranianti, scorrono vecchie canzoni dei Beatles, particolarmente amate dal cinico carnefice; ma se il delirante fanatico che uccise John Lennon lo fece per una qualche ragione, il padrone del grande chihuahua uccide e basta. Ad alimentare quest’odio un’insofferenza fattasi ormai insostenibile. La consapevolezza che l’umanità, sotto sotto, è poca cosa. Un’intercambiabile susseguirsi di effimere esistenze omologate, vive ma già morte, sepolte in una banalità imperante. L’omicidio allora come unico rimedio all’inaccettabile, sola purga, sola soluzione finale. Al fianco del boia, a mo’ di mascotte, un microscopico chihuahua, Grande (di nome ma non di fatto). Il chihuahua incarna, in piccolo, la bassa statura (morale) del protagonista, una sua riduzione canina o, forse, quel suo lato inoffensivo, marginale. Gli omicidi si susseguono con brutale indifferenza, improvvisi, umorali, sporadici, ispirati solo da un capriccio intermittente, senza schema, senz’alcuna progettualità. «…Ho cominciato a serrarle la gola con una forza da T-Rex, l’ho poi subissata di calci, strattonandola e costringendo il suo corpo a seguirmi verso il tugurio fatiscente entro le cui luride travi l’avrei finita. L’ho trascinata di brutto là dentro, l’ho scaraventata sul pavimento tappezzato di carogne di topi e l’ho colpita con un grosso pezzo di legno fin quando ha perso conoscenza. Ma respirava ancora, (…) allora ho spalancato con un’assicella la sua bocca insanguinata e le ho ficcato dentro tutto quello che mi è capitato sott’occhio: un controller fracassato di PlayStation, la batteria di uno smarthphone, una bottiglia vuota di Bacardi Breezer gusto lime, che non bevevo da tanto e in quel momento mi è venuta voglia, un pezzo di scocca di motorino, un cd pirata spaccato in due, una carcassa di pollo allo spiedo, un preservativo XL usato, uno slip sfondato, due feti umani abortiti in via di decomposizione e invasi da una legione di formiche nere fameliche e ho stipato il tutto con uno scopino da cesso.»
Dopo il romanzo Cerniera lampo (1996, rieditato a distanza di vent’anni da Edizioni Il Foglio) Raimondi e Schittino, classe 1977, tornano a misurarsi con un’altra opera a quattro mani, un testo pungente, sfacciato, provocatorio, politicamente scorretto. Con divertita impudenza i due autori liberano una scrittura colta, densa, di pregnante ritmo narrativo. Tutto si fa metafora di una contemporaneità vacua, standardizzata, meschina, disumanizzata, che la violenza (altrettanto anonima) tenta di cancellare. Caricatura dell’eroe negativo, il protagonista fa tutt’uno con la noia che muove i suoi sfoghi malsani. La sua fredda consapevolezza non contempla alcuna possibilità di redenzione: «Forse non è che un’enorme presa in giro, la mia vita. Forse un paio di pesciolini rossi sarà la mia discendenza, un sacchetto vuoto di popcorn il mio lascito all’umanità, innaffiare i gerani il senso ultimo per cui io sono venuto al mondo.»
Luca Raimondi, pedagogista, è autore dei romanzi Cuore del vuoto (Edizioni dell’Ariete, 1998), Marenigma (Aracne, 2008), Se avessi previsto tutto questo (Ed. Il Foglio, 2013) e Tutto quell’amore disperso (Ed. Il Foglio, 2014), e dei saggi: Nient’altro che un sogno. Pasolini e la Trilogia della vita (Bastogi, 2005), Il pensiero pedagogico di Pasolini (Sampognaro & Pupi, 2006) e Comunicare la cultura (Bonanno, 2007). Joe Schittino, musicista compositore, è laureato in Lettere e diplomato in Composizione presso l’Accademia di Santa Cecilia a Roma; le sue composizioni, diffuse a livello internazionale, sono edite da Suvini Zerboni, Gamma ed Ebert Musik Verlag.
Gaetano Platania
Questo articolo è pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 33 – Dicembre 2017.
Copyright 2017 © Amedit – Tutti i diritti riservati
Per richiedere COPIA della rivista CARTACEA: SEGUI ISTRUZIONI A QUESTO LINK