UNA STORIA DI STREGHE | Suspiria quarant’anni dopo | Torna il capolavoro argentiano in versione restaurata 4K

UNA STORIA DI STREGHE

Suspiria quarant’anni dopo

Torna il capolavoro argentiano in versione restaurata 4K

di Salvo Arena

su Amedit n. 30 – Marzo 2017

 

Suspiria venne proiettato per la prima volta il 1 febbraio 1977 al Cinema Metropolitan di Roma. A quarant’anni dalla prima proiezione il capolavoro indiscusso del maestro del brivido è tornato nelle sale in versione restaurata 4K. Pur assimilabile all’horror, quest’incubo argentiano (misterioso, complesso, denso di rimandi) travalica il genere configurandosi in una sua suggestiva specificità. A due anni di distanza da Profondo rosso – incentrato sulla parapsicologia e sui disturbi della mente – Dario Argento decide di cimentarsi su qualcosa di completamente nuovo, e di esplorare quel territorio metafisico che da sempre l’aveva affascinato ma che mai aveva scelto come soggetto per un film. Con Suspiria Argento inaugura una trilogia: seguirà Inferno (1980) e il tardivo La terza madre (2007), decisamente non all’altezza dei primi due. Fondamentale per la realizzazione di Suspiria la collaborazione tra il regista e la compagna Daria Nicolodi, tanto per la stesura di soggetto e sceneggiatura, quanto per certi preziosi suggerimenti in fase di lavorazione. Liberamente ispirato all’opera Suspiria de profundis (1845) di Thomas de Quincey – dal quale riprende il mito delle tre madri: Mater Tenebrarum (la madre delle tenebre), Mater Lacrimarum (la madre delle lacrime) e Mater Suspiriorum (la madre dei sospiri) – Suspiria è una favola nera che affronta il tema dell’occulto in chiave stregonesca. L’elemento sovrannaturale avvolge la protagonista fin dalla prima inquadratura, proiettandola in un viaggio onirico di straordinaria potenza visiva.

La trama in breve: la giovane ballerina americana Susy Banner si trasferisce a Friburgo (Germania) per frequentare un corso di perfezionamento presso la prestigiosa TAM Academy (Tanz Academy Markos); fin dall’arrivo in aeroporto appare chiaro però che si tratterà di un soggiorno tutt’altro che tranquillo. A bordo del taxi diretto ad Escher strasse, sotto una scrosciante pioggia notturna, Susy scruta l’atmosfera arcana e presaga al di là del finestrino. Il taxi costeggia la foresta nera (la Schwarzwald), cupo teatro d’ombre sinistre: esplicita è l’allusione a cappuccetto rosso che s’addentra nel bosco. Sede della scuola di danza – sorta di educandato con camere riservate agli allievi interni – è la Hauszum Walfisch di Friburgo (la Casa della Balena), un palazzo del ‘500 dove soggiornò l’autore de L’elogio della follia Erasmo da Rotterdam (non potendo utilizzare l’originale, Argento fece ricostruire la facciata negli studi De Paolis a Roma). Altri luoghi chiave di Suspiria sono la piscina liberty Müllersches Volksbad, la birreria Hofbräuhaus, Königsplatz e la BMW Tower (tutti a Monaco). L’architettura – sospesa in arcana ibridazione tra liberty, gotico e déco – riveste un ruolo fondamentale nella struttura simbolica del film. Le scenografie (realizzate da Giuseppe Bassan) improntano stilemi d’un espressionismo funebre, con citazioni che spaziano da Escher a Beardsley. La facciata della Tam Academy, d’un rosso accecante, introduce ai surreali viraggi cromatici e alle saturazioni che si susseguono in tutto il film. In Suspiria ogni elemento reale è obnubilato in una dimensione paramagica. La protagonista entra in punta di piedi, a passo di danza, in una dimensione che all’inizio stenta a comprendere; si ritroverà a domandarsi cosa sia il male, quale faccia abbia e quali forme possa di volta in volta assumere per perpetrarsi sulla realtà sensibile. La scuola di danza nasconde un segreto oscuro, un cuore nero e malvagio sembra pulsare in fondo ai suoi spettrali corridoi, dietro quelle porte con le maniglie alte (al cui cospetto le allieve sembrano bambine). “Susy tu sai niente di streghe…” gli sussurrerà al buio una compagna di corso. In un crescendo di strani incidenti, inspiegabili sparizioni e brutali omicidi, avvertendo il pericolo farsi sempre più vicino, Susy (di personalità fragile ma al contempo audace) si risolverà ad indagare per sciogliere l’enigma. Illuminante si rivelerà l’incontro con il professor Milius, un anziano psichiatra studioso di occultismo; sarà Milius a parlarle di Elena Markos, soprannominata la Regina Nera, e a ricordarle che la magia è: Quodam ubique, quodam semper, quodam ab omnibus creditum est, ovvero (la magia) è quella cosa che ovunque, sempre e da tutti è creduta.

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In Suspiria la musica (affidata ai Goblin) è elemento portante e narrativo, non un mero sottofondo; il suono del bouzouki (strumento a corde greco) si fonde con i sospiri stregoneschi e con la parola witch (strega) modulata al sintetizzatore. Musica e immagine – quest’ultima articolata in ben 1300 inquadrature tutte diverse l’una dall’altra – concertano con efficace pregnanza introiettando lo spettatore in una dimensione recondita straniante. Ancora oggi, a distanza di quarant’anni dalla sua realizzazione, Suspiria intriga e seduce. Girato con negativi Eastman Color, Suspiria è stata una delle ultime grandi produzioni ad aver utilizzato il processo “Technicolor Dye Transfer”. Il difficile intervento di restauro, operato sulla pellicola originale 35 mm, è stato effettuato dal laboratorio tedesco TLEFilms Film Restoration & Preservation Services. Inoltre, in occasione del restauro, la società romana LVR Digital ha creato il “font Suspiria” per il rifacimento dei titoli di testa.

Salvo Arena


Questo articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 30 – Marzo 2017.

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