CARTOLINE ANTINAZISTE | Lettere da Berlino | Un film di Vincent Perez

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di Pietro Valgoi

Pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 29 – Dicembre 2016.

Nella Germania governata dal regime dittatoriale del Terzo Reich non tutti i tedeschi, fortunatamente, erano fedeli al Führer. Una Resistenza tanto silenziosa e felpata quanto temeraria ed eroica ha sempre serpeggiato tra la popolazione, mimetizzandosi tra la folla dei volenterosi carnefici. Eroi civili in tal senso furono i coniugi Otto e Elise Hampel, una umile coppia della classe operaia berlinese che pagò con la vita la scelta di non allinearsi. La vicenda degli Hampel, crudelmente ghigliottinati nell’aprile del ’43 per aver diffuso materiale antinazista, è magnificamente ricostruita da Hans Fallada nel romanzo Ognuno muore solo (definito dal nostro Primo Levi «il più grande libro mai scritto sulla resistenza tedesca al nazismo.») Da questo romanzo il regista svizzero Vincent Perez ha tratto il suo film Alone in Berlin (Jeder stirbt fur sich allein, uscito nelle sale italiane con il titolo Lettere da Berlino). Nel film, girato tra Berlino, Colonia e Görlitz, gli Hampel diventano Otto e Anna Quangel, due coniugi di mezz’età residenti in un modesto condominio di uno dei quartieri operai limitrofi al centro cittadino. Siamo agli inizi del 1940. Il clima in città è teso. La paura e l’incertezza del domani sono presenze fisiche, non meri stati d’animo. Gli uomini in salute rimasti a lavorare temono una chiamata al fronte, mentre le donne si adoperano in mille piccole mansioni per servire la causa della grande Germania. La vita ordinaria di tutte le classi sociali deve quotidianamente fare i conti con lo spettro di una guerra in corso e con un futuro sempre più incerto. Strade, piazze, locali, uffici pubblici sono pattugliati in lungo e in largo dagli efficientissimi scagnozzi del regime, un esercito di spie sempre all’erta con il compito di sopprimere ogni forma di dissidenza. È in questo contesto che va inquadrata la grande operazione anti-Hitler dei Quangel, estremamente rischiosa, fortemente osteggiata fin dall’inizio dagli investigatori della Gestapo.

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La prima sequenza del film mostra il figlio dei Quangel mentre viene fucilato sul fronte francese. I genitori ricevono la notizia attraverso una lettera inviata dal partito, un foglio battuto a macchina, redatto con l’inconfondibile stile burocratico nazista. Per i coniugi è l’inizio di un percorso doloroso che troverà parziale sollievo solo nell’avvio di una campagna antinazista, una militanza perpetrata con mezzi semplici, apparentemente innocui e insignificanti, ma non per questo sottovalutata dai vertici del potere. La reazione per la perdita dell’unico figlio, sacrificato nel nome di Hitler, si traduce prima nel passaggio dal dolore alla rabbia e poi, gradualmente, nell’acquisizione di una consapevolezza profonda sul valore della giustizia e della libertà. Otto è un semplice capofficina, un meccanico, e per la sua impresa sa di non poter contare che su sua moglie (addolorata quanto lui e forse più di lui). Sfogliando un libro del figlio Otto trova un’inquietante cartolina raffigurante il führer nell’atto di accarezzare una bambina; d’istinto, guidato come da un gesto automatico, corregge la parola führer in falsch (bugiardo). Un’idea gli balena in mente: cartoline, scrivere cartoline contro il regime, cartoline da disseminare in tutta la città. Arriverà a compilarne 285, tutte redatte con indosso i guanti e con una grafia camuffata. Cartoline con frasi come: “L’hitlerismo fa prevalere la forza sul diritto” o “Madre, Hitler ucciderà tuo figlio”. Così facendo i Quangel speravano di risvegliare le coscienze obnubilate del popolo ossequioso. Delle 285 cartoline redatte da Otto (e posizionate ognuna in un punto diverso di Berlino) ben 267 finiranno nelle mani della Gestapo. L’ispettore Escherich riceve violente pressioni dai suoi superiori per catturare l’autore delle cartoline, soprannominato “uomo ombra”. Nonostante tutta la prudenza alla fine i Quangel verranno identificati, imprigionati e giustiziati.

Il film di Perez celebra la forza della parola come veicolo di libertà. La riflessione del regista si sofferma inoltre, su un piano più ampio, sull’esperienza del dolore che ridisegna i contorni della coscienza umana. Un drama-thriller condotto con toni sobri, abile nel mostrare la quotidianità della Germania durante il nazismo, la vita ordinaria della gente sotto un regime totalitario. Un film sul coraggio, che insegna come anche il più piccolo dei contributi può servire a cambiare qualcosa. Ottime le interpretazioni dei due protagonisti, Brendan Gleeson e la grande Emma Thompson. La sceneggiatura, desunta dal testo di Fallada, è firmata da Perez con la complicità di Achim e Bettine von Borries. Intensa e commovente la fotografia, curata da Christophe Beaucarne.

Pietro Valgoi


cover_amedit_dicembre_2016_webQuesto articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 29 – Dicembre 2016.

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