THE WITCH | Un film di Robert Eggers

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THE WITCH | Un film di Robert Eggers

di Mario Caruso

(Su Amedit n. 28 – Settembre 2016)

 

Con il suo primo lungometraggio The Witch (La Strega) il giovane regista americano Robert Eggers (classe 1982, originario del New Hampshire) si è aggiudicato il premio per la miglior regia al Sundance Film Festival. Gli horror di qualità si contano sempre più sulla punta delle dita, quindi è bene valorizzare quelle rare pellicole che riescono ancora a riscattare la dignità di un genere cinematografico in profonda crisi identitaria. The Witch è costato a Eggers quattro anni di intensa lavorazione. Trattandosi di una storia ambientata nel New England all’inizio del XVII secolo, gli studi hanno riguardato principalmente l’individuazione della lingua arcaica orale, necessaria per costruire dialoghi credibili; la stessa cura è stata riservata alla scelta dei costumi e delle scenografie d’interni. Anche il casting, molto sofferto, ha privilegiato personaggi con tratti somatici vagamente arcaici e atemporali. The Witch, come denunciano esplicitamente il titolo e la veste gotica della locandina, è un film sulla stregoneria (concetto già di per sé molto ampio e poliverso). C’è una cifra di iperrealismo che sostiene e attraversa tutto il film, un “eccesso di realtà” chiamato a controbilanciare il fattore magico e sovrannaturale. The Witch è la storia di una famiglia timorata di Dio, originaria del Lancashire, che si trasferisce in una fattoria isolata limitrofa a un bosco. Un trasferimento forzato, voluto principalmente dal pater familias William, e subìto da moglie e figli. Inizialmente la famiglia viveva in un villaggio, all’interno di una comunità religiosa puritana; William, contrario alle modalità di evangelizzazione concordate dalla comunità, ne viene allontanato a causa del suo fondamentalismo fanatico e della interpretazione rigida del testo biblico. Padre, madre, la sedicenne Thomasin, il dodicenne Caleb, i due gemellini di cinque anni Mercy e Jonas, e infine il piccolo Samuel, un neonato di pochi mesi. L’allontanamento dalla comunità si traduce fin da subito in un tenore di vita più precario, sulla soglia della povertà. Unico sostentamento, oltre alla caccia, la coltivazione della terra e l’allevamento di animali. La condizione di isolamento stabilisce fin da subito una relazione oscura e misterica tra la famiglia e il bosco. La storia di Eggers, lo ribadiamo, si muove parallelamente su due dimensioni: una strettamente reale e l’altra visionaria. Il bosco, ventre d’ogni moto interiore dei singoli personaggi, acquisisce una pregnanza sempre più tangibile.

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Tutto comincia con la scomparsa del piccolo Samuel, risucchiato dal bosco, da una sorta di non ben precisata entità che vi alberga. C’è forse una strega nel bosco? Oppure il piccolo Samuel è stato predato da un lupo?  Le ricerche non porteranno a nulla, e la famiglia non può far altro che rassegnarsi e sperare che una simile sciagura non ricada su altri suoi membri. Con la scomparsa del neonato tutto precipita. Uno dopo l’altro i personaggi entrano in delirio, una psicosi che li porterà a sospettare l’uno dell’altro. I maggiori sospetti ricadono sulla bella Thomasin. È forse lei la strega? I gemellini e la madre ne sono convinti, il padre in un primo momento la difende, poi cadrà anch’egli vittima del dubbio. Quanto a Thomasin, lei respinge ogni accusa, e di contro punta il dito contro i gemellini. Il male penetra nella fattoria in uno straniante crescendo, coinvolgendo persone e animali. Sullo sfondo, su un piano squisitamente simbolico, compaiono a più riprese una lepre, un corvo e un caprone. Black Philip, il caprone, si manifesterà quale incarnazione del diavolo medievale. La strega non è che il ponte tra il male e l’uomo, lo strumento utilizzato dal diavolo biblico per infierire sull’essere umano. Sul dodicenne Caleb il male si manifesterà sotto forma di possessione demoniaca. La scena più affascinante del film è proprio quella della possessione del ragazzino: nudo e delirante sul suo giaciglio Caleb vive un’estasi omoerotica con Cristo (scena coraggiosissima, fortunatamente non censurata nei cinema italiani). Ogni membro della famiglia pagherà il suo dazio alla strega. Non sveliamo il prosieguo ma possiamo anticipare che gli eventi non sortiranno alcun lieto fine all’americana. The Witch è un film che si offre a molte chiavi di lettura. Il concetto di strega rimanda necessariamente anche alla questione femminile, alla paura che gli uomini hanno sempre nutrito nei confronti delle donne; la strega è dunque anche una proiezione del disagio maschile al cospetto del potere femminile. In molti hanno definito il film di Eggers un “horror femminista”. Alla fine Thomasin, strega o non strega, ascenderà a una conoscenza superiore, libera dall’oppressione puritana. Eggers, che sta preparando un remake di Nosferatu, ci consegna un film che è un piccolo gioiello, complesso e oscuro, iconograficamente splendido (con la fotografia di Jarin Blaschke). In perfetta aderenza alle immagini le musiche presaghe di Mark Korven.

Mario Caruso

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amedit_settembre_2016_preciousQuesto articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 28 – Settembre 2016.

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