PAGA CHE TI SANTIFICO
Vecchi e nuovi modelli della Fabbrica dei Santi
di Giuseppe Maggiore
BROWSABLE VERSION / VERSIONE SFOGLIABILE
Senza soldi non si canta messa, recita un vecchio detto, e senza soldi, come vedremo, non si diventa nemmeno santi. Stando a quanto emerso dalla prassi cattolica circa la proclamazione di nuovi santi, è più facile guadagnarsi un posto in Paradiso che un altare in chiesa. A rivelarci i retroscena delle gloriose apoteosi sancite da Santa Romana Chiesa ci hanno pensato i giornalisti Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi, con i loro rispettivi libri inchiesta Via Crucis e Avarizia, usciti entrambi nel 2015. Documenti alla mano, i due autori hanno svelato l’enorme giro di affari che ruota attorno a una causa di canonizzazione (così chiamata perché si entra a far parte del canone, l’elenco ufficiale dei santi riconosciuti dalla Chiesa e dei quali è consentito il culto). Denaro, tanto denaro, che parrocchie, sacerdoti e congregazioni sborsano per promuovere un candidato al titolo di santità; soldi che giungono nelle casse della Congregazione per la Causa dei Santi in Vaticano, nel corso di cause che superano in durata persino quelle dei tribunali civili italiani. Secondo la moderna prassi un santo può anche non aver compiuto alcun miracolo, purché si dimostri prodigo di denaro, ovviamente per il tramite dei suoi devoti. Così, per poter avere il capo cinto da una sfolgorante aureola da sfoggiare sull’altare o nel piccolo santino da portafogli, l’aspirante santo dovrà adoperarsi nel compiere il più proverbiale dei miracoli, quello della moltiplicazione… dei soldi.
Cause per santi e beati che costano cifre da capogiro, intorno al mezzo milione di euro e anche più (750mila è costata la beatificazione di Antonio Rosmini nel 2007).Tutti soldi che circolavano in contanti, senza tracciabilità, senza la stesura di alcun bilancio; un notevole flusso di denaro totalmente incontrollato e che in buona parte finiva anche in fondi di investimento. Tra i tanti settori che procurano al Vaticano eccellenti fatturati, quello della cosiddetta Fabbrica dei Santi è uno dei più redditizi e, almeno fino a ora, più insospettabili. Di fronte al clamore suscitato dalle denunce contenute nei due suddetti libri, come era prevedibile papa Begoglio è intervenuto con un rescritto che stabilisce nuove regole atte a garantire una maggiore trasparenza, più vigilanza e un contenimento dei costi; non solo, esse mirano a ristabilire una certa equità di trattamento tra candidati “ricchi” e candidati “poveri”, poiché chi più soldi aveva, tra questi, prima arrivava alla santità.
Ma chi sono stati i santi nella storia? Cosa hanno rappresentato in passato, e cosa possono ancora rappresentare oggi? In molti moderni calendari vengono ancora riportati ogni giorno dei nomi. Si tratta in gran parte di martiri, confessori, fondatori di ordini religiosi, vescovi o papi che in virtù della loro vita cristiana esemplare sono stati dalla Chiesa proclamati santi e innalzati agli onori degli altari. Molti di questi santi detengono il patronato su mestieri, corporazioni, città, intere nazioni e a ciascuno di essi la tradizione popolare ha associato in passato anche speciali prerogative; alcuni sono invocati come guaritori di particolari malattie, altri sono ritenuti dotati di poteri apotropaici (scaramantici) capaci di allontanare influssi maligni o eventi nefasti. Sebbene nel calendario generalmente ne sia indicato soltanto uno al giorno, di santi se ne possono contare a migliaia e per molto tempo i loro nomi sono stati imposti alla nascita e trasmessi di generazione in generazione, consolidando un legame con queste figure attraverso l’uso di festeggiare il proprio onomastico, soprattutto in Italia. Ma chi sono i santi? Come e perché lo si diventa? Santo (dal latino sanctus), indica ciò che è sacro e inviolabile, in quanto vincolato da un patto con la divinità da cui non può recedere. Per la Chiesa Cattolica santi sono tutti coloro che hanno ricevuto il battesimo, in quanto attraverso questo sacramento essi diventano figli di Dio e membri della Chiesa, e ciò secondo una concezione antichissima che risale agli albori del cristianesimo, quando l’apostolo Paolo si rivolgeva agli efesini chiamandoli “i santi che sono in Efeso”. Tuttavia, in questo vasto esercito di santi alcuni lo sono in modo speciale, perché hanno testimoniato la loro fedeltà al Signore attraverso il martirio, o attraverso una vita ascetica esemplare, o ancora per particolari virtù mistiche e dottrinali in cui si sono distinti. Questi sono per l’appunto i santi proposti come esempi alla comunità dei fedeli e degni di una particolare venerazione. Nei primi tempi (almeno fino al XVI secolo) molti cristiani venivano proclamati santi senza subire alcun processo, ma semplicemente per acclamazione popolare. Ciò dava luogo a frequenti casi di abuso e speculazione, in cui riusciva difficile verificare, non solo la supposta santità di una data persona, ma persino la sua reale esistenza.
Nel Medioevo soprattutto è un continuo proliferare di storie edificanti che narrano le gesta di una moltitudine di santi; racconti per lo più ispirati dalla fantasia popolare o da abili manipolatori e tesi a conferire un’identità a corpi e reliquie altrimenti anonimi. L’invenzione di queste storie straordinarie quanto inverosimili coincide proprio con il vasto fenomeno del mercato delle reliquie; tali leggende davano corpo a figure vissute in passato, talvolta anche secoli prima, di cui fino a quel momento non si era avuta alcuna notizia. Storie costruite di sana pianta, ma che molto spesso si innestavano su antichi miti e culti pagani ancora presenti nella memoria collettiva, ai quali semplicemente si forniva una nuova veste in chiave cristiana. Così, molte divinità pagane che agli albori del cristianesimo godevano ancora di una vasta popolarità, venivano ricontestualizzate, talvolta mantenendo i tratti peculiari della loro iconografia o semplicemente anteponendo al loro nome il titolo di santo. La credulità popolare, il diffuso analfabetismo e le superstizioni fornivano il terreno fertile alla diffusione di nuovi miti e leggende capaci di suscitare grandi sentimenti di ammirazione e di devozione. Sotto l’aspetto cultuale vero e proprio l’avvento del cristianesimo non comportò di fatto nessun cambiamento radicale nelle forme in cui il fedele esprimeva concretamente il suo rapporto con la divinità; la nascente Chiesa andava in fondo ricalcando le stesse modalità che erano state proprie dei culti politeisti pagani rispecchiandone anche il carattere idolatrico. Sostanzialmente non c’erano più dèi ma santi. Questi ultimi costituivano il più delle volte un efficace espediente narrativo capace di soppiantare le vecchie divinità, pur mantenendo con esse i caratteri di riconoscibilità e familiarità, evitando così un passaggio troppo traumatico tra la vecchia e la nuova religione. Ma i santi erano anche espressione di una chiesa militante, caratterizzata fin dalle origini da una forte vocazione espansionistica. Pensiamo a ciò che accade oggigiorno per mano di certe branche di fondamentalisti islamici, ai tanti episodi di fanatismo religioso cui assistiamo. Pur nelle differenti ragioni che stanno alla base delle moderne crociate, per molti versi esse ricordano ciò che sostanzialmente avveniva per mano dei cristiani nei primi secoli. Quelli che noi chiamiamo oggi kamikaze altro non sono che la versione moderna dei martiri cristiani: entrambi offrono la loro vita in sacrificio per Dio, là dove l’idea di Dio coincide con un preciso ideale di popolo, di credo religioso ma anche politico. L’orrore e l’indignazione che proviamo oggi nel vedere le esecuzioni pubbliche degli infedeli o le ruspe che fanno tabula rasa delle preziose vestigia della civiltà orientale, non è diverso da quello che dovettero provare i cosiddetti pagani dell’epoca. Anche i cristiani hanno ucciso (e secondo fonti storiche sono più le vittime pagane che quelle cristiane); anche loro si sono scagliati contro i magnifici templi pagani, saccheggiandoli e distruggendoli; anche loro hanno offeso la cultura di città e intere nazioni bruciando preziose opere letterarie, filosofiche e scientifiche. Ciò che oggi vediamo in atto per mano degli islamici è la stessa damnatio memoriae che perpetrarono i cristiani di allora nei confronti di culture millenarie. L’epoca medievale, dicevamo, è stata particolarmente feconda di santi, e ciò in un periodo storico in cui la Chiesa deteneva un potere smisurato e poteva contare su masse costituite da povera gente vessata dalla miseria, dalle epidemie, da mille soprusi; gente molto vulnerabile e facilmente manipolabile. Poteva accadere che su un osso raccattato per strada si costruisse la mirabile figura di un santo, e poco importa che quell’osso fosse umano o di qualche altra specie animale (vedi le ossa di capra venerate a Palermo come corpo di santa Rosalia, o quelle di gatto venerate in Francia come quelle di santa Giovanna D’arco). Ovunque su queste ossa si fabbricavano santi in gran numero che puntualmente costituivano un prezioso indotto economico per la Chiesa, ma anche per i tanti mercanti di reliquie. Questa fabbrica di santi alimentava costantemente non solo il mercato delle reliquie ma anche quello, non meno redditizio, delle indulgenze. Il possesso di corpi santi o di insigni reliquie costituiva motivo di prestigio, attorno a essi sorgevano chiese e santuari dove i fedeli erano invitati a recarsi per lucrare le sante indulgenze in espiazione dei propri peccati, ovviamente previo versamento di denaro. La simonia (termine che trae origine da Simone Mago, vissuto nel I secolo, che cercò di corrompere l’apostolo Pietro dal quale pretendeva di acquistare il potere di compiere miracoli), rappresentò uno degli aspetti in cui era andata degradando questa forma di capitalismo spirituale. In definitiva, molti di quei santi ancora oggi indicati nei calendari e venerati in molte località, sono divinità pagane en travesti, figli del mito o di una leggenda, figure plasmate a partire da quelle ossa, prodotto di quel fiorente mercato o di precise strategie politiche. Santi mai esistiti, e tra questi ci sono anche nomi celebri come san Gennaro, san Giorgio, santa Venera, santa Filomena, Sant’Anastasia, santa Caterina d’Alessandria, solo per citarne alcuni. Tuttavia, pur se inventati, molti di questi sono figure talmente pregnanti per la storia e il costume di certi luoghi da avere ormai acquisito una vera e propria valenza storica. Nel corso dei secoli la Chiesa ha più volte tentato di fare ordine attraverso la definizione di criteri più solidi atti a stabilire la santità di una persona, avocando a sé la piena facoltà di poter decidere in merito. La procedura seguita, frutto di una secolare e sempre più puntigliosa elaborazione, è quella di sottoporre il candidato a un vero e proprio processo, detto appunto di canonizzazione, dove vengono presi in esami tutti gli elementi che depongono a favore o contro la sua proclamazione. I primi processi di canonizzazione risalgono al VI secolo ed erano istruiti dai vescovi, mentre, a partire dal 1588, per volontà di papa Sisto V le canonizzazioni divennero di esclusiva competenza della Sacra Congregazione dei Riti. In tempi più recenti è stato papa Giovanni Paolo II a intervenire sulle procedure, stabilendo (nel 1983) che l’avvio dell’inchiesta spetta al vescovo della diocesi in cui ha vissuto il “Santificando”. Il vescovo prende in esame la proposta avanzata da un postulatore, raccoglie testimonianze, documenti e tutto quanto possa essere utile a ricostruire il profilo del santificando; alla fine di questa indagine condotta in ambito locale, il prelato ne propone il dossier biografico alla Congregazione per le Cause dei Santi. A questo punto un’apposita commissione di circa trenta funzionari coadiuvati da esperti teologi, storici e medici, verifica tutti gli elementi in base ai quali il candidato in questione possa essere “Santificato”. Come in ogni processo che si rispetti, c’è un’accusa (il cosiddetto “avvocato del diavolo”, nominato dalla Congregazione) e una difesa (ossia il postulatore che intende dimostrare la santità del candidato, nominato da chi ha promosso la causa).
Durante questo lungo iter, prima di giungere all’eventuale santità conclamata, l’aspirante passa attraverso altri tre livelli, che lo vedono riconosciuto prima come “Servo di Dio” (al momento in cui viene avviato il processo e in presenza di un miracolo a lui attribuito), poi Venerabile (se il processo ha seguito e il papa gli riconosce di aver vissuto in modo eroico secondo le tre virtù teologali e le quattro virtù cardinali), quindi Beato (ad almeno cinque anni dalla morte e in presenza di un altro miracolo attribuibile alla sua intercessione). Il più prolifico in fatto di santi è stato proprio Giovanni Paolo II, che durante i 27 anni del suo pontificato ne ha proclamati ben 482, oltre a 1338 beati: un numero esorbitante, considerato che dal 1588 erano stati proclamati solo 296 santi e 1319 beati. Tra i nomi balzati agli onori degli altari per mano di Giovanni Paolo II ve ne sono alcuni un po’ discutibili (come Mons. José María Escrivá de Balaguer o il Cardinale croato Alojzije Viktor Stepinac). Più parsimonioso è stato papa Ratzinger, con 44 santi proclamati durante i suoi otto anni di pontificato, mentre l’attuale papa Bergoglio ha dato nuovo vigore alla Fabbrica dei Santi (28 in appena 3 anni), senza contare le beatificazioni. Tanto Ratzinger che Bergoglio hanno fatto frequente ricorso a speciali procedure di canonizzazione, definite equipollenti, ossia con rito abbreviato, basandosi sulla fama e sull’attestazione di un culto già radicato, senza procedere a ulteriori indagini e senza che sia attestato un miracolo ad opera del santificato (è il caso di Giovanni XXIII, detto il “papa buono”). In ogni caso, l’atto della canonizzazione è ritenuto dalla Chiesa infallibile. La concezione moderna della santità è per la Chiesa di oggi molto più ampia rispetto al passato; più vicina a esempi di vita concreta e non più esclusivo appannaggio di figure religiose che hanno operato dentro l’istituzione ecclesiastica. Abbiamo perciò tra essi molti esempi laici, anche di persone sposate. Certo, non ci è più dato assistere agli straordinari eventi prodigiosi attribuiti al loro potere taumaturgico, quali ci vengono narrati dalle antiche leggende, anche perché il vero ruolo dell’avvocato del diavolo oggi spetta alla scienza. Pochi e rari casi di miracoli perciò a fronte di tanta generosa profusione di santi. Una santità meno mitizzante, più umana e terrena, e certamente più alla portata di tutti, o quasi. Il mondo ha bisogno oggi, come sempre, di figure esemplari da innalzare e glorificare, perché c’è un’umanità che resta in attesa di riscatto e di redenzione. C’è un paradiso sempre più distante, sordo, avaro di concessioni, e tante mute immagini in Terra, vecchi e nuovi idoli che macinano preghiere e offerte. Servono sempre nuovi esempi e alla fabbrica dei santi c’è gran fermento. Eccolo che arriva, docile e rassicurante, il nuovo santo: Ora pro nobis peccatoribus!
Giuseppe Maggiore
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Questo articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 27 – Giugno 2016.
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Condivido in molti aspetti la tua analisi. Il caso di mons. Escrivá de Balaguer è stato, direi, uno scandalo. Canonizzazione espressa per il fondatore di un’organizzazione molto vicina a Giovanni Paolo II, molto ‘conservatrice’ (per utilizzare un eufemismo) e molto facoltosa. Ma il papato di Giovanni Paolo II, a mio modesto avviso, è stato uno dei più conservatori di questi ultimi tempi, nonstante il carattere ‘populista’. Per quanto rigurada il traffico di ossa di santi ti suggerisco un mio articolo un Deusdona, il più grande contrabbandiere di reliquie di tutti i tempi
https://nicolettadematthaeis.wordpress.com/2013/05/08/deusdona-il-piu-famoso-ladro-di-reliquie-di-tutti-i-tempi/
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