CHIEDI | Renato Zero canta la Carta dei Diritti

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Renato Zero canta la Carta dei Diritti

di Lillo Portera

Come annunciato all’ultimo Festival di Sanremo (dove per la seconda volta in meno di dieci anni si è esibito come superospite), Renato Zero torna con un nuovo album di inediti dal titolo Alt, a tre anni di distanza dal doppio progetto di Amo. L’album, in uscita l’8 aprile,  è stato anticipato dall’esecuzione sul palco dell’Ariston del brano Gli anni miei raccontano e dal lancio (prima sulle piattaforme digitali e poi in rotazione radiofonica) del singolo Chiedi (musica di Renato Zero e Maurizio Fabrizio, testo di Renato Zero). Entrambi i brani preannunciano un disco d’ampio respiro, dove trovano spazio tematiche «che ancora una volta non leggono il giornale di oggi ma quello di domani», come dice lo stesso Zero; un artista che ancora una volta preferisce ascoltare la piazza, «le sue accorate grida ed i suoi più intimi sussurri», per accoglierli nel rigo di una narrazione musicale capace di comprenderli tutti.

renato_zero_chiedi_alt (2)Il destino dell’arte, l’amore in tutte le sue declinazioni, i nuclei affettivi, le politiche dell’accoglienza, l’ecologia, il lavoro, i giovani, la fede, la violenza… sono altrettante storie e squarci di vita con cui l’artista romano ama confrontarsi, da sempre, se è vero come è vero che pochi cantautori possono vantare al pari di lui un repertorio capace di raccontarli tutti, con estremo coraggio e, talvolta, acuta irriverenza. E Alt, il titolo emblematico dato al nuovo album è un perentorio invito a fermarsi, a guardarsi intorno, a riflettere, ma soprattutto ad affrontare i piccoli grandi conflitti che agiscono sulle nostre vite, partendo dal pianerottolo di casa per giungere a ogni ambito della vita sociale. A fare da prologo a questo invito c’è Chiedi, una sorta di Carta dei Diritti, spiega Zero: «…una lista un po’ sbiadita che sembra essere stata deliberatamente lasciata alla polvere, insieme alla nostra volontà di cambiare.» Questa società sembra ormai averci irrimediabilmente annichiliti, abituandoci alla rassegnazione, all’inedia, all’incapacità di alzare la testa e dire “No” oppure “Basta”, ed è altrettanto difficile nutrire delle ambizioni. È diventato difficile persino chiedere. Renato Zero si dice fortunato per essere nato con incosciente determinazione, e di aver affrontato muri di diffidenza con paillettes e sorrisi. Ma ammette che nascere qui, adesso, è davvero tutto un altro film. «…Sono vent’anni fumosi e privi di esempi seri e rassicuranti.» dice; ma di fronte a questo scenario desolante il suo è un appello a non arrestare la nostra voglia di esserci e di rivendicare un nostro posto nel mondo.

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Zero esorta: chiedi di nascere (chiara allusione antiabortista), di avere degli eredi e una vita solo tua; chiedi un’istruzione, lavoro e dignità; chiedi rispettabilità, una certa autonomia, giustizia e onestà; chiedi garanzie, esempi consistenti e la meritocrazia. La prorompente forza di una semplice parola, Chiedi, oggi più che mai diventa un atto rivoluzionario e di urgente rivendicazione. «Un’incitazione all’azione per essere protagonisti del proprio destino. Un consiglio a non lasciarsi irretire dal Sistema e a tenere accesa la mente.» Un’esortazione all’impegno concreto da parte di chi, come Renato Zero – e al di là d’ogni irragionevole dubbio – smaschera le tante ipocrisie spacciate con tanta disinvoltura per solidarietà. Oggi come sempre, il suo è «Un incoraggiamento a tutte le minoranze, sotto qualsiasi cielo.» Ma Chiedi mette in guardia anche dalle tante insidie che minacciano il cammino della vita; un invito a tenere spenta la tivù, se necessario, e a prendere le distanze da chiunque possa impedirci di realizzare ciò che è scritto nei nostri desideri: da politici e parenti, meglio se «distanti più di un po’» e da quanti «ti linciano se non acquisti o se tu non li voterai».

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Il videoclip, diretto da Sebastiano Bontempi con la fotografia di Timoty Aliprandi, è però l’ennesima nota dolente nella videografia del cantautore; didascalico e per nulla efficace, non si dimostra all’altezza del brano, e finisce anzi col banalizzarlo attraverso il ricorso a immagini stereotipate. Ma Renato Zero, si sa, non ha mai investito tanto sui videoclip, ritenendo già sufficientemente iconica la sua figura. Di forte impatto è invece la copertina del digital-single (edito anche su 45 giri), nella quale Zero indossa un’enigmatica maschera metallica realizzata dall’artista Idriss Guelai.

Lillo Portera

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