NOVE STORIE IN PUNTO DI VITA Moscerine | Il terzo romanzo di Anna Marchesini

banner-marchesini…le farfalle sono piccoli perfetti miracoli nel nostro mondo imperfetto,

aveva pensato, sono come l’avvertimento di un “incredibile”,

ci dicono che è possibile, che c’è qualcosa di meglio,

qualcosa del mondo perfetto esiste.

(Anna Marchesini, Moscerine, Rizzoli, 2013)

di Leone Maria Anselmi

1-CAPOLETTERADopo Il terrazzino dei gerani timidi (ora ristampato in Bur) e Di mercoledì Anna Marchesini chiude la prima trilogia di romanzi per Rizzoli con Moscerine. Nove racconti, nove storie, nove innesti tra l’amore per la vita e quello per la letteratura. Quel che immediatamente salta agli occhi e che avvince fin dalle prime righe è la predilezione per un linguaggio atemporale, implicitamente sospeso nello spazio e nel tempo: è il linguaggio del teatro mediato dal filtro letterario o, al contrario, è la letteratura stessa che incorpora e fa proprie certe timbriche teatrali, ora umoristiche ora drammatiche, talvolta indicibilmente surreali; inevitabile, d’altra parte, che tra Attrice e Scrittrice venisse a prodursi una contaminazione, un dialogo, un’intesa. Tutte e nove le storie, nessuna esclusa, chiamano in causa la fragilità e la potenza della vita, quell’imprevedibilità che pedina come un’ombra tutto l’umano agire determinandone cause ed effetti. Come in certi romanzi di Paul Auster il caso, la casualità, piccoli eventi di per sé trascurabili finiscono per determinare risvolti irreversibili.

In Moscerine è l’imprevedibile che la fa da padrone, contraddicendo quella logica lineare che spesso, erroneamente, si tende ad attribuire a certi percorsi. Nelle storie sfilano personaggi di tutte le stature, dalle più giganti e ingombranti alle più insignificanti e invisibili, dai grossi pachiderma (che quando vanno a morire si allontanano dal branco seguendo percorsi misteriosi) alle più impalpabili moscerine (che defecano e depongono le uova nelle torte nuziali). Dalla caviglia slogata della signorina Iovis alla scomparsa del professor Cirino… talvolta un nonnulla può generare catastrofi irreversibili, ma al tempo stesso anche gli eventi più eclatanti possono tradursi in un nulla di fatto. <<In quasi tutte queste storie – avverte l’autrice – esiste un imprevisto trascurabile, un tarlo, un insetto che si insinua sornione nella trama, si intrufola, si accomoda, si incista, si nutre al buio, fa la tana, corrode, si ingrassa, prolifica, crepa e deflagra sino a provocare il ribaltamento della trama e costringere la storia a riscrivere il finale.>> Nella caratterizzazione dei personaggi (nei protagonisti ma anche in certe figure sullo sfondo) la Marchesini dà il meglio di sé, certo avvantaggiata dai suoi trascorsi camaleontici in seno al teatro e alla televisione; l’irresistibile, sguaiata “signora Flora” sembra rivivere nel personaggio di Olimpia nel racconto Cirino e Marilda non si può fare. Ed ecco come la Marchesini tratteggia il personaggio in questione: <<La signora Olimpia, la tenutaria della Pensione, era una donna immensa, aveva l’aria di una megattera, un mammiferone antropofago che a furia di farsi gli affari di tutti pareva che avesse ingurgitato un condominio intero e ora lo portasse dietro con sé con gran fatica, con tanta lentezza e tanta goffa stanchezza muoveva il suo grottesco ingombro dalla stazza comica, quasi caricaturale.>>

marchesinigrandeUn’ironia esilarante, contagiosa ma misurata, ben intercalata in una narrazione tutt’altro che evasiva. Tra le nove storie, tutte in un qualche modo legate a un respiro solo, due in particolare spiccano per bellezza e pregnanza e sono Lisetta e In punto di morte; in entrambe è rintracciabile, va detto, una componente autobiografica (e il riferimento va alla dignitosa lotta dell’autrice contro la malattia degenerativa che l’ha colpita in questi ultimi anni). Alla malattia che fa da Caronte tra la vita e la morte Anna Marchesini frappone e sovrappone la letteratura, opera una cucitura, getta un ponte, tenta un abbraccio. <<Mai più è un tempo che nessun pensiero può contenere>> e tutto troverà risposta tra <<l’ultimo respiro del tempo finito e il primo eterno>>, nella più misteriosa e incalcolabile di tutte le distanze. Se Lisetta passa improvvisamente a miglior vita, addormentandosi nel suo letto placida e pacificata col sorriso sulle labbra, l’onorevole Casimiro Mei invece è chiamato a subire gli strali spossanti della malattia, quindi ad attendere lentamente giorno dopo giorno la sua dipartita; tutta la sofferenza di Casimiro però, pochi attimi prima di morire, si dissolve grazie a una carezza quasi involontaria del nipote. Già, una semplice carezza. <<Quella carezza appena palpabile l’aveva sorpreso, l’aveva preso d’assalto (…) lì dove ogni cosa pareva averlo abbandonato e ogni cosa aver lui lasciato andare e perso nella purezza assoluta di quel vuoto e di quel nulla, ora e proprio lì in quella terra vergine si era infilata la vita, si era scatenata l’effige della sua invisibile potenza, a lui si era manifestata la sua più allettante offerta, aveva dilagato in lui e lui si era lasciato inondare…>> Nove storie in punto di vita, riconsegnate alla vita e accarezzate per mezzo della letteratura.

Leone Maria Anselmi

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Cover Amedit n° 17 – Dicembre 2013. “Ephebus dolorosus” by Iano
Cover Amedit n° 17 – Dicembre 2013. “Ephebus dolorosus” by Iano

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Questo articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 17 – Dicembre 2013

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