Intervista a Luca Scarlini
a cura di Giancarlo Zaffaroni
Paolo Poli è uno straordinario uomo di teatro, una persona interessante sotto diversi profili. Di recente ha ispirato addirittura un vocabolario. Ne parliamo col suo curatore, Luca Scarlini.
Come è nato il suo interesse per Paolo Poli?
Io sono fiorentino, e Paolo Poli l’ho visto da quando ero bambino. Si andava al teatro del Rondò di Bacco, accanto a Palazzo Pitti, dove lui aveva un vero e proprio impero teatrale, logico che m’interessasse raccontare la sua vita. È noto che Paolo Poli ha sabotato diversi progetti biografici, sono usciti vari libri, ma lui è sempre svicolato e i libri sono diventati altro. Ho pensato che una sua autobiografia si potesse annidare nelle infinite interviste che ha rilasciato a tutti i mezzi di comunicazione, questa idea è all’origine del progetto.
Paolo Poli è una figura importante nella storia del teatro del secolo scorso e di questo, anche se lui dice di non capire più cosa accade oggi
È complicato sintetizzare l’attività di Poli, è una specie di uomo-orchestra che ha segnato cinquant’anni di palcoscenico, con una forte specificità riconosciuta nel tempo, una vocazione letteraria a portare in scena i romanzi, le opere letterarie fondamentali.
LETTERATURA (dall’Alfabeto Poli)
Mi ispiro alla letteratura per i miei spettacoli: il romanzo si dipana nell’analisi, mentre il teatro si raggruma nella sintesi. E poi trasferire i libri a teatro è un’operazione così deliziosamente contro natura. Sono sempre stato fidanzato coi libri, perché l’amore passa ma l’arte rimane; sono uno dell’era cartacea. […]
Quali sono le fonti del materiale del Vocabolario?
Giornali e telegiornali, riviste, programmi radiofonici, la radio ha senz’altro avuto una grande importanza per Poli. Una fonte essenziale sono le Teche RAI, perché in radio ha fatto centinaia di trasmissioni negli anni Sessanta, e spesso lì si trovano le cose più curiose. Nel corso del tempo sono stati pubblicati diversi libri che sono stati tenuti in considerazione, fino ai più recenti.
Come definire la forma del Vocabolario? Lei dice romanzo parlato, meta-intervista
Questa forma è usata soprattutto nei paesi anglosassoni, per far parlare di sé persone che non vogliono esprimersi direttamente sulle proprie biografie. Ad esempio un libro su Frank Lloyd Wright, il grande architetto americano, è stato costruito proprio montando sue interviste per costruire un’autobiografia. Romanzo parlato è un mio termine che deriva dal fatto che, essendo Poli un artista che in teatro lavora sulla parola come somma espressione della sua arte, è anche un parlatore eccellente in altri contesti: romanzo parlato sono le conversazioni che diventano scrittura.
L’ordine alfabetico delle voci, da vero vocabolario, impone una sequenza casuale degli argomenti, ma facilita il lettore nel costruire percorsi personali, secondo i suoi interessi, o nel ritrovare passaggi ai quali si è affezionato
È una scelta violenta quella dell’ordine alfabetico, è anche un omaggio al Poli settecentista, all’Encyclopédie di Diderot e D’Alambert. Le voci sono assolutamente rispettose delle parole che si trovano nelle interviste, tutte le parole sono lì, non ne è stata cambiata nemmeno una, ma il montaggio dalla A alla Z costituisce una possibilità di ritratto anche trasversale, calcolata nel momento stesso in cui si decide la struttura.
La scelta delle voci dev’essere stata un’operazione complessa nella vastità del materiale disponibile
È il risultato di un ping-pong con la redazione Einaudi, ma ho fatto creazioni editoriali anche più complicate. Alcuni temi s’imponevano nella congerie delle cose che trovavo man mano.
È stata una scelta naturale
Non esageriamo, tutto ha una complessità. Niente è naturale direbbe Poli, naturalità è un orrore. Il parlato di Poli segue una serie di filoni ricorrenti, diciamo che la scelta è stata una conseguenza logica analizzando i materiali disponibili.
Poli è assolutamente a favore della parola detta e contro quella scritta
Sì, lui dice questa cosa divertente che rifiuta la scrittura dal momento che non è Flaubert. E’ una mezza bugia, perché ho trovato tanti suoi scritti, prefazioni di cataloghi, testi sull’illustrazione, in realtà lui è bravissimo a scrivere solo che non lo vuole fare.
Ma i testi degli spettacoli?
Anche quelli sono scritti, alcuni pubblicati. Gli ultimi sono suoi, quelli storici furono scritti con Ida Omboni, una famosa editor e traduttrice, tra gli altri ha tradotto Faulkner. Poli considera il copione come funzionale al teatro, ma ha pubblicato anche diversi testi non teatrali, nella bibliografia sono citati tutti.
TEATRO (dall’Alfabeto Poli)
[…] Col teatro ho un rapporto di concubinaggio, di tipo sodomitico, ovvio. D’altra parte si tratta di una professione così basata sul nulla, costruita sull’acqua, come Venezia. Odio quando mi dicono: «Lei si diverte tanto a recitare». Figurati, solo le attricette dicono che si divertono a lavorare, quando vanno in tivù. […] Del teatro mi piace che non sia realistico ma convenzionale, il cartone dipinto sventolante è il suo emblema. Meglio un fondalino dipinto di qualunque paesaggio delle Alpi. […] In fondo non mi interessa arrivare ai posteri. Preferisco un lavoro che si consuma nell’atto stesso in cui si fa. Come l’amore.
Come è avvenuta la vostra collaborazione?
Paolo Poli è stato informato sin dall’inizio, ha visionato il materiale, ma come sempre ha detto che voleva vedere solo il lavoro finito. Lui non ha un archivio personale, così ho cercato nelle biblioteche nazionali e nei centri studi, ad esempio quello del Teatro Stabile di Torino che ha raccolto molte critiche teatrali e interviste.
Nel Vocabolario, alla voce Interviste, Paolo Poli dice che ai giornalisti racconta solo cose superficiali
Per certi versi è vero, nei programmi radiofonici dove non è intervistato parla di letteratura romantica francese. In ogni caso le fonti del Vocabolario non sono solo interviste, e ci sono stati intervistatori capacissimi di fargli dire cose interessanti. È stato intervistato da moltissime persone, quindi può essere che alla fine si annoi.
Ha notato evoluzioni o cambiamenti delle opinioni di Poli nel tempo?
Lui è molto radicale su certi argomenti, ad esempio è cresciuta nel tempo la sua opposizione alla questione dei gay rights. Non volersi occupare di matrimoni gay, dire che gli interessa l’istinto e non la legalizzazione dell’istinto, sono cose che un tempo diceva in modo più sfumato e negli ultimi anni sono diventate sempre più forti.
MATRIMONIO (dall’Alfabeto Poli)
Il matrimonio è orrendo per me. Sì, ci sono le convivenze, le amicizie, i modus vivendi, ma vaffanculo a tutta la burocrazia. Se mi volevo sposare, mi trovavo anche io una brava ragazza, certo non mi mancavano.
Forse è un riflesso al montare della questione nel chiacchiericcio politico italiano
È stato uno dei primi che, a suo rischio e pericolo, ha incarnato un certo modello di comportamento, avendone ostracismi molto gravi sulla sua carriera. Per quanto lui minimizzi, ha avuto grossissimi problemi in RAI, con censure di sue produzioni televisive, è stato molto segnato per non aver celato. In Italia le persone che non celavano erano lui e Umberto Bindi, che ha avuto la carriera rovinata per questo. Poli si è preso le sue responsabilità quando non se le prendeva nessuno, quindi credo che ora possa pensare di aver già dato.
OMOSESSUALITA’ (dall’Alfabeto Poli)
Per me l’omosessualità è sempre stata un fatto naturale. Ho avuto la fortuna di avere genitori mentalmente molto liberi e spiritosi. […] Il bello degli amori omosessuali è la loro libertà e la loro riprovazione. Ma non è meraviglioso stare nudi su un letto, saltarsi addosso senza regole? Io voglio seguire l’istinto e la perversione, non tornare a casa e trovare qualcuno che mi chiede cosa voglio per cena. […] Via, non sono poi così omosessuale da amare me stesso.
Ci sono aspetti personali interessanti o inediti emersi dal lavoro di ricerca?
Poli è stato legato a molte personalità importanti, da Pasolini a Laura Betti, da Sandro Penna ad Alberto Moravia. Con un mondo di persone che scrivono biografie per vantarsi di aver incontrato una persona, è molto divertente che lui giochi con leggerezza questi rimandi senza vantarsene, lui che frequentava quotidianamente queste persone da quando andò a vivere a Roma negli anni Sessanta. La voce su Sandro Penna è molto bella e forte, Poli non è sempre comico e brillante, sarebbe una sciocchezza pensarlo. Anche il rapporto con Pasolini, lui viveva in casa con Laura Betti e per forza ha conosciuto Pasolini benissimo ma, per quanto lei fosse una delle sue amiche fondamentali, con Pasolini le cose non hanno mai funzionato perché Poli era la cosa più lontana da un ragazzo di vita. Invece Moravia lo adorava, Poli che fa la dama di compagnia di Moravia anziano è una parte bellissima.
MORAVIA ALBERTO (dall’Alfabeto Poli)
[…] Col cannocchiale guardavamo le prostitute sul lungotevere. «Paolo, è meglio il sesso a pagamento o quello libero?» Libero, rispondevo. E lui: «Tu menti sapendo di mentire». Erano gli ultimi cascami del futurismo, come quando Petrolini diceva: «Sono entrato in un cantiere, ma nessuno cantava». Lui guardava e diceva: «Poverina, guarda che mostro». Era sempre dalla parte della donna. «Paolo, vai giù a chiedere a quella quanto l’ha pagata il cliente». Io scendevo e con i miei modi fini: «Signora, scusi, quanto le ha dato quell’uomo?» «Ma che le devo dire la verità? Sarà mica uno delle tasse?» «Io delle tasse? Ma mi guardi in faccia, non lo vede che sono un collega?»
In effetti, pur nella stringatezza delle voci, il Vocabolario dice molto, la parola di Poli è densa, spesso emotivamente toccante
È un libro strano, ha avuto un iter editoriale molto lungo perché è un oggetto complicato, Einaudi all’inizio non capiva se lo volesse o meno. Sta piacendo a molti, diversi lettori mi hanno scritto per dirmi che attraverso il libro si sono molto interessati a Poli.
Come è possibile approfondire la conoscenza di questa persona straordinaria?
YouTube aiuta molto per vedere cosa Paolo Poli ha fatto nel tempo, ci sono alcune cose fondamentali antiche come il famoso programma televisivo il Babau (1970), con Umberto Eco e Camilla Cederna, che fu censurato perché un po’ troppo osé. Lì si può vedere Poli al vertice del suo talento.
ATTORE (dall’Alfabeto Poli)
[…] Io sono abituato al mercimonio di me stesso. Devo fare in fretta: in cinque minuti da me vogliono una riprova di vita perché l’attore non si esaurisce in quello che dice, è sempre un po’ come Giovanna d’Arco sul rogo. Comunque mi rifiuto di essere un soggetto di sociologia, ora che si scambia l’attore per un campione di umanità. Io non sono affatto il rappresentante della mia categoria. Sono molto all’antica. Sull’attore aveva ragione Diderot: conta più l’intelletto del sentimento. E aveva ragione Anna Magnani, suprema quando passava dal riso al pianto. Sono andato a vedere girare Bellissima. Nei camerini sento: «Trucco: lacrime» e poi «E che me guardi, non devo piagne io, devono piagne gli altri».
Non si può che essere grati a Paolo Poli per l’integrità personale, la capacità artistica e l’intelligenza umana, e a Luca Scarlini per avercele fatte apprezzare a sua volta, ancora una volta.
A cura di Giancarlo Zaffaroni

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Questo articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 17 – Dicembre 2013
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