IL LATO OSCURO DEL BEL PAESE | L’Italia dei diritti e delle discriminazioni

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di Carlo Bellino

Non si può dissertare su certi temi senza l’uso di parole o espressioni popolarizzati dai mezzi di comunicazione di massa o dalle maggioranze contro le minoranze di qualsiasi tipo e natura, anche se esse possono suonare offensive o denigratorie, il che non è il caso della parola “gay”, che almeno per me suona invece dolce, simpatica, fiorita e soprattutto molto naturale.

Jean-Paul Malfatti

Il primo comma dell’articolo 1 della “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo” dichiara: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”. Così recita uno dei documenti più importanti firmati a difesa della libertà e contro ogni forma di discriminazione. Sono passati sessantacinque anni da quel lontano 10 dicembre del 1948, un tempo relativamente lungo, o perlomeno sufficiente affinché una società moderna possa metabolizzare questi concetti, farli propri, rispettando così la vita di ogni singolo individuo. Ma la realtà che ci è data contemplare è ben diversa; la nostra non è certo una società che brilla nell’affermazione di valori quali la fratellanza, il rispetto e la libertà, non almeno nelle loro accezioni più ampie e onnicomprensive. Vige, ancora forte e perdurante, la spinta a doversi conformare a un dato sistema di valori, atavici quanto asfittici, che tende a escludere o a fare oggetto di discriminazione chiunque vi si discosti: per scelte di vita non tradizionali, per la natura dei propri sentimenti, e ancora per il proprio sesso o colore della pelle. Le risposte del modello dominante nei confronti della diversità, smentiscono ancora oggi l’idea di una società civilmente e democraticamente progredita: si passa dalle molteplici forme di discriminazione a veri e propri atti di violenza verbale, fisica, fino a giungere all’uccisione. Si è portati spesso a credere che la violazione dei diritti dell’uomo sia un fenomeno tipico di quei paesi in cui vige un certo sistema dittatoriale o integralista, come quelli del Medio Oriente, del continente asiatico o africano, dove persistono ancora dittature militari e politiche, con conseguenti violazioni di diritti e crimini contro l’umanità. Si tratta in questi casi di forme dittatoriali i cui effetti fanno inorridire e che sembrano lontani anni luce dalla realtà che si respira nei paesi occidentali, forti di una lunga e consolidata tradizione democratica, e quindi, apparentemente più civili. Ma esistono molte altre forme di dittatura, che potremmo definire “bianca”, le quali agiscono in modo più subdolo e meno appariscente, e che non risparmiano nemmeno certi paesi del progredito Occidente. La loro pericolosità sta proprio nell’essere ignorate dai più, o semplicemente non considerate tali, poiché a farne le spese sono le cosiddette minoranze, le cui rivendicazioni di sacrosanti diritti vengono deliberatamente ignorate o non ritenute legittime, in ossequio, appunto, a certi valori dominanti e a certe convenzioni sociali.

diritti2webL’Italia, con la sua eccellente Costituzione che rappresenta un vero e proprio inno alla libertà di pensiero, all’uguaglianza e alla parità dei diritti, non si sospetterebbe essere tra questi paesi. Nessuno potrebbe mai immaginare che dietro a tanto dichiarato rispetto per la persona umana si possano nascondere gravi preclusioni riguardanti certi diritti apparentemente inalienabili. Dal diritto di cittadinanza spettante a quanti da anni si sono stabiliti nel nostro territorio nazionale, lavorando e pagando le tasse, nonché costruendosi una propria vita affettiva e relazionale, a quello di creare una famiglia con il proprio partner – uomo o donna che sia – e di acquisire con questo gli stessi diritti delle famiglie cosiddette tradizionali. Diritti fondamentali che riguardano aspetti importanti della vita dell’uomo, e che da molto, forse troppo tempo, sono al centro di un lungo ed estenuante dibattito che coinvolge porzioni sempre più ampie della popolazione italiana. In un paese dilaniato dalla crisi economica e politica, quindi, oltre ai soldi latitano anche i diritti. Sul riconoscimento dei diritti civili alle coppie omosessuali, di cui ci vogliamo occupare nella presente trattazione, in varie parti del mondo sono state approvate apposite leggi che vanno sempre più nella direzione di una effettiva equiparazione a quelli previsti per le coppie eterosessuali (vedi Francia, Spagna, Paesi Bassi, Belgio ecc.); si tratta di paesi in cui il processo di democratizzazione, fondato sul principio laico dello Stato, non si è mai arrestato ma si evolve, fornendo adeguate risposte alle istanze sempre nuove di una società in costante evoluzione. L’Italia, da questo punto di vista, costituisce, insieme alla Grecia, un caso particolare tra i paesi facenti parte dell’Unione europea. I due paesi che in passato hanno potuto vantare il più importante apporto alla civiltà occidentale, oggi si mostrano essere i più restii nel prendere parte a un naturale, e oltretutto necessario, adeguamento delle proprie posizioni sul piano giurisdizionale. La situazione italiana rivela, nello specifico, accanto al carente interesse istituzionale un parallelo e diffuso fenomeno d’intolleranza nei confronti delle persone omosessuali, nei più svariati ambiti. Per farsi un’idea di tale situazione, basti citare i dati dell’ISTAT: sono oltre un milione gli omosessuali dichiarati che non hanno alcuna normativa che regoli il matrimonio, i rapporti patrimoniali, la successione. Le discriminazioni riguardano ogni ambito della vita, infatti il rapporto ISTAT conferma che  il 40,3% degli omosessuali dichiara di essere stato discriminato, contro il 27,9% degli eterosessuali. Si arriva al 53,7% aggiungendo le discriminazioni subite (e dichiaratamente riconducibili all’omosessualità degli intervistati) nella ricerca di una casa (10,2%), nei rapporti con i vicini (14,3%), nell’accesso a servizi sanitari (10,2%) oppure in locali, uffici pubblici o mezzi di trasporto (12,4%).

OSCURO2webDi fronte a questi dati per nulla trascurabili come reagiscono le nostre Istituzioni, quali strumenti offre la nostra giurisdizione ai soggetti colpiti da questi casi di discriminazione? L’articolo 3 della Costituzione, primo comma, recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”; leggiamo dunque una disposizione generale che non tutela in maniera specifica la situazione giuridica di quei soggetti discriminati a causa del loro orientamento sessuale. Il riferimento legislativo per la tutela dalle discriminazioni in Italia è la legge Mancino n. 205 del 1993, detta “antinaziskin” che assicura protezione contro le discriminazioni motivate da condizioni razziali, etniche, nazionali o religiose. L’orientamento sessuale, dopo un lungo dibattito, fu però deliberatamente lasciato fuori dalla formulazione, nonostante le proteste della militanza omosessuale. Si è dovuto attendere il 15 marzo 2013, quando alcuni parlamentari del PD e Scelta Civica con unità d’intenti, pongono al vaglio della Camera una proposta che prevede la modifica della citata legge Mancino, includendovi le discriminazioni di carattere sessuale. Tale proposta aveva l’intento di introdurre quattro nuovi articoli introducendo pene severe fino a un anno e sei mesi di reclusione per chi diffonde idee sull’odio razziale, etnico o riguardo l’identità sessuale. Dopo lunghe discussioni in commissione la legge giunge alla Camera “mutilata”, conservando un unico articolo rispetto ai quattro di partenza. Ma le maggiori polemiche non arrivano dalla “mutilazione” del testo legislativo ma dal subemendamento proposto dal deputato di Scelta Civica On.le Gitti: “Ai sensi della presente legge, non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio o alla violenza, né le condotte conformi al diritto vigente (…) ovvero assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative all’attuazione dei princìpi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni.” In poche parole, il testo che adesso passerà al vaglio del Senato, estende sì la legge Mancino sulle discriminazioni ai reati legati all’orientamento sessuale, con sanzioni economiche (fino a 6000 euro di multa) e penali (reclusione fino a un anno e sei mesi), ma tutelando tuttavia il diritto a manifestare opinioni di disapprovazione verso la realtà omosessuale se lo si fa all’interno di determinate strutture o movimenti. Un passaggio, questo subemendamento, davvero contorto e che presta il fianco a mille interpretazioni. Sembra di trovarci di fronte a un intervento piuttosto timido e stentato rispetto al lungo travaglio che c’è voluto per raggiungerlo. Non è certo un segnale forte, deciso, inequivocabile, degno di un paese che voglia dirsi progressista, moderno, democratico; in quella sua riserva espressa dal subemendamento sembra quasi assaporare il gusto dell’esitazione, di un non totale convincimento sulla necessità di compiere questo passo legislativo. Di più, sembra quasi voler chiedere scusa a certe forze politiche e religiose.

OSCURO1webUn palliativo, dunque? È senz’altro un primo passo, perfettibile. Ma stiamo dopotutto parlando solo di un’opposizione alla violenza e alla discriminazione – cosa che dovrebbe di per sé riuscire ovvia e naturale, in un paese civile –, si sta solo dicendo che tu non hai il diritto di discriminare, insultare, picchiare, o addirittura uccidere una persona sulla base della sua sessualità. C’è del paradosso in tutta questa vicenda tipicamente italiana, e il paradosso si aggrava proprio in quel presunto diritto alla libertà d’opinione e d’espressione che viene invocato: non dovrebbe valere per la persona lo stesso criterio che tutela certe istituzioni? Se esiste il vilipendio allo Stato, il vilipendio alla Religione, perché non anche quello alla Persona? L’offesa o la violenza che si rivolge a una persona non dovrebbero mai e in nessun caso essere giustificati, men che meno tutelati. Ma questo è lo stato dell’arte in Italia. Stando così le cose, sembra difficile ipotizzare che si possa a breve termine affrontare seriamente il tema, ben più concreto, del riconoscimento dei diritti civili. Non siamo ancora pervenuti al riconoscere un qualche diritto di natura giuridica agli individui e alle coppie omosessuali, ma abbiamo compiuto il “miracolo” di riconoscergli il diritto a esistere e ad essere rispettati, creandogli alcune “zone franche” in cui non possono essere colpiti dagli strali di chi si arroga il diritto di giudicarli e perseguitarli.

Carlo Bellino

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Cover Amedit n° 16 - Settembre 2013. "Obsolescenza programmata" by Iano
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1 Comment

  1. Ai padri italiani omofobi, ignoranti, disinformati e soprattutto ipocritici

    “Tu che sei un padre ignorante, disinformato e soprattutto ipocrita, smettila di dare lezioni di omofobia a tuo figlio. Può darsi che un giorno lui abbia paura o vergogna anche di te, nel solo pensare che il suo papà possa essere un gay represso che si è sposato o diventato genitore solo per nascondere la propria omosessualità.”

    ~Jean-Paul Malfatti

    Fonte: http://tinyurl.com/fintoetero

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