Piovani sostiene che la musica dal vivo, alla quale si dedica molto, non morirà mai. Il moltiplicarsi delle possibilità di riproduzione in ogni luogo e momento rende ancora più preziosi un’esecuzione e un ascolto dal vivo. La musica si deve ascoltare senza telecomando in mano, dice ancora Piovani, e coerentemente il suo disco Cantabile è fatto per un ascolto senza funzione random: la sequenza delle canzoni è collegata da un percorso preciso di interludi strumentali, che trasportano da un’atmosfera all’altra, spiegano, introducono, con funzione simile ai recitativi d’opera che fanno procedere la narrazione fra le espansioni liriche delle arie.
I brani strumentali e le canzoni sono un caleidoscopio che integra i più vari stili musicali su uno sfondo ironico che salva dallo sdolcinato, anche nel pieno dispiegamento emotivo dei sentimenti. Si possono usare gli interludi strumentali come guida all’ascolto, riferimenti bifronti che illuminano e integrano mondi anche molto distanti. In musica spesso le zone di passaggio, i luoghi di trasformazione e collegamenti sono i più affascinanti e trascurati nell’interpretazione e nell’ascolto, ma i più ricchi e significanti se ben osservati e compresi.
Fandanguito – l’arpa accompagna con elementi rapsodici che sembrano improvvisati il sonno generato da E lalabài, la ninna nanna che la precede, dal sapore popolare ebraico o irlandese, con un testo un po’ inquietante. I primi tre brani hanno ritmo ternario: si passa dal fandango, antica danza spagnola, al valzerino alla francese di Alla fine della storia, nostalgia d’amore perduto, la natura che fa il suo ciclo che non include sempre l’uomo, la prima delle due canzoni inedite del disco.
Circus Bayan – la fisarmonica, strumento francese e sudamericano, primo strumento studiato da Piovani che ricorda affascinato il suo insegnante musicista popolare, si pensa a Piazzolla. Al Simbonèy racconta la notte di un uomo metropolitano sgangherato tormentato da una gelosia d’altri tempi, fra fumettto e film. La memoria riallaccia molti fili contemporaneamente, come se avessimo già sentito tutto e facesse bene ricordarlo, trombone incluso.
Pantomima per archi – la musica dal tempo irregolare del quintetto d’archi ha chiare ascendenze nello Stravinskij dell’Histoire du soldat, che è appunto una pantomima. E’ un cambiamento netto d’atmosfera, come se fossimo entrati nell’animo dell’uomo sgangherato, più sofisticato di come appaia. La tensione si stempera in Quanto t’ho amato, arrangiato in duetto di lingue e voci agli antipodi. Nel ritornello la parola musica diventa melody per ragioni metriche, focalizzando l’elemento sentimentale, quasi una parodia della canzonetta d’amore, dice l’autore.
Tanguito – ritorna il quintetto e si pensa ancora a Piazzolla, il tempo accelera e parte in Vai col treno, su un ritmo di tango sincopato onomatopeico, una tromba solista strepitosa e il quintetto che ricompare a contrasto, l’intreccio fra stili, atmosfere e timbri è molto ricco, una delle cifre stilistiche di Piovani. Si pensa anche al treno dei desideri che all’incontrario va.
Nenia de la gardenia – chitarra sola dopo la frenesia erotica del viaggio, riflessione melodica ricorrente dagli echi funebri ma serena, forse è solo la morte di un fiore. La chitarra annuncia il tema e diventa accompagnamento della Canzone del mal di luna un testo popolare siciliano, una melodia struggente ripresa da diversi strumenti. Qui la retorica musicale e del testo non teme di mostrare la sua potenza emotiva: Nel tuo petto un uccello ci sverna / nella tua bocca un angelo sorride / … / tutti gli alberi secchi fai fiorire.
Rag-out – Piovani piano solo, musica americana dell’epoca del proibizionismo, non sparate sul pianista, che genera Quando verrà sul ritmo ballabile del rag-time, una canzone leggera che sembra uscire da un disco a 78 giri, con brio inattaccabile dal tempo, attesa in un’america napoletana alla Carosone.
Habanera della sera – violoncello, arpa e marimba, mix di timbri insolito con risonanze fra strumenti che all’inizio si confondono cercando identità. Ritorna il siciliano con un testo di Pirandello nella Romanza di Liolà, un omaggio alla canzone napoletana classica, origine nobile della nostra canzone popolare. Un testo di amore e libertà su una melodia senza tempo, con tanto d’acuto tenuto alla fine.
Allegretto blu – il suono insolito del flauto dolce accompagna o è accompagnato dal piano; nulla di nuovo, ma non si riesce a ritrovare un legame preciso col passato, o troppi. Cambia il colore e si entra davvero in un café chantant o varietà, dove le canzoni sono anche recitate. Il testo tutto tronco alla Petrolini culmina in un esilarante che però in Perù perì.
Cadenza sghemba – Sollima cello solo, un suono pieno e nervoso che prova a trovare un equilibrio ritmico e una cadenza che concluda, un possibile senso compiuto possibile solo nel silenzio. Il merlo innamorato è una canzone spagnoleggiante che conserva termini in lingua con tromba obbligata: il disco è anche un viaggio nella memoria musicale del Piovani bambino. Questo brano è il secondo inedito e mostra in modo particolare la naturalezza del suo stile maturo.
Near you – l’interludio è l’introduzione alla canzone, il pianoforte annuncia un tema melodico, la voce lo riprende come uno strumento, rigirando la frase fino a scoprire la vera tonalità del brano. La semplice vicinanza di chi ci è caro è il nostro benessere, come voce e musica. C’è un momento di silenzio incantato alla fine, come succede a volte dal vivo.
Buongiorno principessa – il tema del film in una versione sinfonica arricchita da violoncello e chitarra. Un momento intenso dove la musica esprime tutto per sua forza e introduce Sorridi amore e vai, testo di Benigni sul tema allegro de La vita è bella, spensieratezza prima della tragedia (e forse dopo) in tempo di beguine.
Interpreti vocali e strumentisti sono di qualità assoluta e arricchiscono con le loro interpretazioni sensibili tutti i brani, in una collaborazione dialettica con Piovani. La varietà di accenti, voci, stili, caratteristiche e personalità degli interpreti sono governati con sapienza millimetrica, cultura musicale profonda che si fa stile. La musica insegna sempre la collaborazione intelligente per un obiettivo comune, mai completamente raggiunto, rielaborazione di un linguaggio umano ancestrale, universale e infinito. Si può essere orgogliosi di questi musicisti italiani che rappresentano una realtà attuale con radici profonde nella nostra tradizione, e in quella del mondo. La musica non morirà mai, il canto arrabbiato, consolatorio, struggente o lirico farà sempre parte della nostra vita umana, ragione sufficiente alla nostra salvezza.
In ordine di apparizione, le voci sono di Giorgia, Francesco De Gregori, Peppe Servillo, Gianni Morandi e Noa, Fiorella Mannoia, Giusy Ferreri, Jovanotti, Vittorio Grigolo, Gigi Proietti, Tosca e Roberto Benigni. I musicisti sono troppo numerosi per essere citati tutti; i solisti sono: Luisa Prandina (arpa) Gino Zambelli (bandoneon), Giulio Tampalini (chitarra), Quartetto d’archi della Scala e Ferruccio Francia (contrabbasso), Fabrizio Bosso (tromba), Giovanni Sollima (violoncello), Giuseppe Cacciola (marimba), Alessio Mancini (flauto dolce). I testi sono quasi tutti di Vincenzo Cerami.
Marco Genti e Giancarlo Zaffaroni

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Questo articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 15 – Giugno 2013
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