Prima prova narrativa per Giuseppe Brugnoli, una delle firme più note e consolidate del giornalismo veneto, in passato direttore del quotidiano “Il giornale di Vicenza” e in seguito de “l’Arena” di Verona. L’ironia di Dio descrive la parabola di uno scettico che decide di compiere un viaggio d’osservazione a Lourdes per verificare l’esistenza o meno dei cosiddetti miracoli. Brugnoli prende subito le distanze dal suo protagonista adottando la formula manzoniana del manoscritto ritrovato (un espediente già dichiarato in copertina nel sottotitolo “quasi un romanzo” e, più ancora, nella dicitura “a cura di”). <<Qualche volta, durante il lavoro di trascrizione, mi era venuta voglia di ricercarne le tracce per identificarlo: una tentazione a cui ho resistito, per cui dell’autore di questo scritto non so nulla di più di quanto egli non abbia voluto dire.>> Lo scettico, il cercatore di miracoli, è un giovane professore universitario che ha sempre vissuto con l’anziana madre, un intellettuale di educazione cattolica ma di fede molto vaga, in altre parole né un fervente credente né un sereno miscredente, una figurina opaca senza particolari slanci ed entusiasmi, tendenzialmente un asociale, anaffettivo (e a tratti forse anche sessualmente irrisolto). L’idea del pellegrinaggio a Lourdes scaturisce nei toni di una sfida dopo un’accesa conversazione con don Aldo, un vecchio parroco amico di famiglia e suo insegnante di religione ai tempi del liceo. <<…Così, anche quel giorno ebbi uno scatto d’orgoglio e accettai la sfida. Poi fece tutto don Aldo, che mi prenotò un posto sul treno speciale che avrebbe portato ammalati e pellegrini a Lourdes nell’ormai prossimo mese di maggio. A me restava solo il compito di versare la quota, non eccessiva per cinque giorni con il soggiorno alberghiero, e di presentarmi puntuale alla partenza. Mi consigliò anche di iscrivermi al pellegrinaggio in qualità di “barelliere”, come erano chiamati coloro che aiutavano gli organizzatori in tutte le incombenze necessarie per il trasferimento di una torma di ammalati e invalidi, anche gravi, e per la relativa assistenza.>> La decisione di partire per verificare, e poi la partenza stessa, hanno dapprima solo il sapore salvifico di un diversivo, di una frattura nell’inespressiva immobilità del suo quotidiano, poi però pian piano spianano la strada a considerazioni e riflessioni spirituali sempre più complesse e articolate. Cosa si aspetta o non si aspetta di vedere, a cosa spera o non spera di assistere il giovane professore? Come gli si manifesterà il miracolo? E, soprattutto, gli si manifesterà in maniera chiara, spettacolare ed eclatante o in maniera ambigua ed enigmatica? Scoprirà l’astuto inganno di tutta la macchina dell’Unitalsi o vivrà l’emozione straniante di un evento sovrannaturale?
Certe atmosfere del romanzo di Brugnoli rimandano al recente film Lourdes (2009) della regista austriaca Jessica Hausner, che riflette proprio sull’ironia talvolta connessa all’evento miracolistico o presunto tale. Durante il lungo viaggio in treno il protagonista ha modo di interagire con i suoi compagni di scompartimento, cinque volontari barellieri, ciascuno con la sua richiesta di grazia da portare a destinazione nella grotta di Massabielle. Nei giorni di permanenza a Lourdes l’indagine del giovane professore si focalizza in particolare sulle singole vicende dei compagni barellieri e sui rispettivi miracoli invocati (la guarigione di un familiare, la sicurezza di un posto di lavoro, la serenità all’interno di una coppia, il percorso scolastico dei figli…), pronta a cogliere e a vagliare ogni sorta di intervento divino; ma nulla, non accade nulla, nessun miracolo viene esaudito, e il professore rincasa vedendo così riconfermato il suo iniziale scetticismo. Scoprirà solo in un secondo momento (rincontrando i compagni barellieri a una festa di matrimonio) e non senza stupore, che quei miracoli si erano invece tutti realizzati per “vie naturali”, con modalità quindi meno eclatanti e plateali. Qui il protagonista individua una “dissimulazione divina”, un “mimetismo del miracolo” e coglie, di riflesso, un’inaspettata ironia di Dio, quel Dio che non necessariamente deve manifestarsi per vie tradizionali o immediatamente riconoscibili. Questa constatazione fa crollare il suo scetticismo risvegliando improvvisamente la sua fede sopita. Il miracolo viene così a prodursi anche nella sua vita: il giovane professore si scrolla di dosso gli ultimi residui di torpore, si licenzia dall’Università, vende casa e si trasferisce in un villaggio sperduto delle Ande; a conquistarlo è il desiderio, la necessità di rendersi utile al prossimo, verso le popolazioni più povere e dimenticate, bisognose non solo di istruzione ma anche di cure ambulatoriali. La parabola dello scettico si chiude dunque con un lieto fine nel seno di una cristianità militante, non fanatica ed egoistica ma tesa a un sentimento universale dell’umanità. <<Qui, del resto, miracoli ne succedono molti, si può dire tutti i giorni. Non sono eventi straordinari, ma piccoli, quasi insensibili tocchi che fanno cambiare la direzione degli eventi (…) Tanti piccoli segni, tutti diversamente interpretabili, ma che ti fanno sentire inserito in un grande disegno e a posto con te stesso.>> L’ironia di Dio non si risolve semplicisticamente nella cronistoria di un miracolo, ma pone la riflessione sulla natura complessa della fede e sull’intervento di Dio nella vita reale.
Leone Maria Anselmi

“Nativity” by Iano
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Questo articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 14 – Marzo 2013
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