a cura della Redazione Amedit
Angelo Colla Editore ha recentemente pubblicato L’educazione cattolica, romanzo inedito dello scrittore vicentino Neri Pozza. Abbiamo incontrato Giulia Basso, che nella nota al testo ha operato un’approfondita e dettagliata analisi filologica.
Ad agosto di quest’anno ricorrono i cento anni dalla nascita di Neri Pozza. Che cosa ha in serbo la sua città natale, Vicenza, per celebrare questo evento?
Mi fa piacere darvi in anteprima qualche notizia a tal proposito; non entrerò nei dettagli, dato che il programma degli eventi, per ora, nel mese di maggio, non è stato ancora divulgato. Vi anticipo ad esempio che la casa editrice Neri Pozza ha scelto di presentare la pubblicazione, in edizione limitata, di una raccolta di opere selezionate del suo fondatore, per l’inaugurazione del festival della letteratura di Vicenza, Libriamo 2012. La manifestazione è organizzata dall’associazione Zoing e patrocinata dal Comune di Vicenza. Oltre ad accogliere, come ogni anno, gli incontri con gli autori della letteratura nazionale contemporanea e con gli editori, la rassegna sarà infatti deputata ad ospitare, tra il 13 e il 17 giugno, le iniziative di omaggio a Neri Pozza. Tra di esse posso menzionare: un convegno sulla sua figura, una mostra di mail-art che coniuga arte e letteratura, laboratori di disegno, incisione e scultura al Liceo artistico della città, conferenze sull’editoria del presente e del futuro, la presentazione del libro L’Educazione cattolica (a cura di Marco Cavalli, nota al testo della sottoscritta, editore Angelo Colla) e un itinerario letterario. Quest’ultimo è un progetto di cui sono l’ideatrice e di cui curo la realizzazione; lo seguo da quando, tre anni fa, ho iniziato a far parte dell’organizzazione di Libriamo. Si tratta di percorsi a piedi nel centro storico di Vicenza, presso i luoghi raccontati e vissuti dagli autori vicentini. In questa occasione l’itinerario sarà per l’appunto dedicato a Pozza, con letture teatrali tratte dai suoi romanzi e suggestioni storico-artistiche. Infine, pensando ai più giovani e ai circuiti alternativi, coordino una sezione Off del festival, nata per coinvolgere collettivi e associazioni informali, già presenti sul territorio, nella progettazione di eventi letterari. Dato l’omaggio a Pozza, il Leitmotiv di Libriamo Off sarà declinato all’insegna di un’esposizione di libri artigianali e indipendenti, un laboratorio di autoproduzione editoriale e una performance teatrale d’inchiesta su temi sociali. Per quanto riguarda altri appuntamenti a Vicenza nei mesi successivi, si attende un’iniziativa per agosto, ma per ora non è confermata e forse sarà dedicato uno spazio a Pozza nell’ambito del Forum del Libro a fine ottobre. (Per ulteriori informazioni sugli eventi di giugno si può consultare: http://www.libriamo-vicenza.com; facebook: Itinerari letterari).
Pozza è stato un editore, un artista e uno scrittore. Quale di questi titoli lo rispecchia più fedelmente a tuo parere?
Leggo da una nota dattiloscritta di Pozza: “gli amici mi dicono che i libri stanno bene accanto alle mie incisioni (e perfino alle mie sculture!); dicono che sono strumentali rispetto alla mia persona, che servono a farmi capire. Io non ho nessuna difficoltà ad allineare insieme tutto questo lavoro, purché l’osservatore tenga distinte le attività. Senza dimenticare che l’editoria è forse in me un modo di esprimere la mia passione civile”. Indubbiamente si possono riscontrare delle corrispondenze di metodologia tra arte, editoria e scrittura nell’approccio di Pozza; attività diverse che rendono singolarmente eclettica la sua figura. Risulterebbe arduo, se non inopportuno, considerarne una soltanto. Verosimilmente è nella relazione fra di esse che si esprime in modo autentico la personalità di Pozza. Occorre però prestare attenzione al monito che l’autore evidenzia nella nota: ognuno di questi ambiti ha una sua peculiarità, dal momento che ciascuno si inserisce nella sua vita secondo esperienze formative ben precise. Neri Pozza nasce come artista: si dedica alla scultura, presso la bottega del padre, e apprende le tecniche dell’artigianato artistico alla scuola d’ Arte e Mestieri di Vicenza. Deve in seguito la sua fama all’arte incisoria; infatti è considerato come uno degli acquafortisti più importanti del Novecento italiano, le sue opere sono state esposte alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma. Giunge alla letteratura in un secondo momento, con articoli e racconti; l’atto della scrittura in Pozza è finalizzato alla trasmissione della memoria civile e politica, di vicende private e intime che divengono esempio per la collettività. Ma è probabilmente l’esperienza di editore chiave di volta che sostiene e conchiude tutti i suoi intenti. Ossia, attraverso un’editoria di alta qualità, riesce a coniugare l’arte, l’attività imprenditoriale e la scrittura. Pozza investe tutte le sue competenze e le sue attenzioni nel seguire il processo di pubblicazione dei libri: interviene direttamente sui testi, sceglie in prima persona l’impostazione grafica, ovvero cura il progetto editoriale da diverse prospettive e con la passione dell’artigiano. Il libro per Pozza è al contempo opera d’arte e documento di vita civile.
Tu hai curato la pubblicazione di un importante inedito di Pozza pubblicato a febbraio da Angelo Colla Editore. Vuoi parlarci di questa tua esperienza? Com’è nata? E cosa ha significato per te editare il testo di uno scrittore così importante?
Ho conosciuto Marco Cavalli collaborando con lui negli anni trascorsi per la realizzazione di alcune iniziative culturali, dedicate in particolare a Goffredo Parise, Giovanni Comisso e ad Antonio Fogazzaro. In previsione del centenario, l’anno passato si parlava assieme di trovare le istanze più opportune per ricordare un concittadino come Neri Pozza, così ricco di aspetti da riscoprire e da far conoscere al pubblico, non solo vicentino. L’occasione si è presentata nell’autunno scorso, quando Cavalli mi ha chiesto di affiancarlo per un progetto di pubblicazione di materiale inedito di Pozza, iniziativa promossa da Angelo Colla, amico e segretario dell’autore. Si è trattata per me della prima esperienza in ambito editoriale, poiché ho concluso di recente il mio percorso di studi, iniziato all’Università Ca’Foscari di Venezia, dove ho studiato filologia moderna e proseguito all’Università di Padova, laureandomi in teoria della letteratura. Una volta consultato il variegato materiale inedito, la scelta è ricaduta sul dattiloscritto de L’educazione cattolica, di cui ho curato l’aspetto filologico. In sostanza, indagando i movimenti correttori e confrontando le fasi di stesura, sono emerse anche delle caratteristiche salienti che contraddistinguono l’approccio di Pozza alla scrittura. La mia nota al testo rende conto di tali considerazioni. Per quanto riguarda la prima silloge di racconti dell’edizione, ossia L’ultimo della classe, ho fatto delle interessanti ricerche presso l’archivio Neri Pozza, studiando il materiale approntato per l’edizione precedente, del 1986. E’ stata un’occasione rara ed istruttiva perché mi ha consentito l’accesso ad un laboratorio di scrittura vivacissimo, dove le parole sono sottoposte ad un costante processo di affinamento: è l’autentico luogo d’elezione di chi, come Neri Pozza, editore di indiscussa levatura, conosce a fondo la vita di un testo letterario, in tutti i suoi momenti cruciali di elaborazione.
Quali sono secondo te le qualità di scrittore di Neri Pozza che emergono di più nell’Educazione cattolica?
Dal mio punto di osservazione, quindi parlo dalla prospettiva di mia competenza, credo che l’istanza più rilevante della sua scrittura risieda in una continua e ostinata ricerca di densità. Confrontando le stesure del testo, gli interventi dell’autore scalfiscono le parole con tocchi netti: rimuove o aggiunge caratterizzazioni in modo puntuale, mirando con sprezzatura ad un’espressività verace, mai leziosa né grezza. Dal punto di vista tematico-narrativo Pozza raggiunge l’intensità desiderata, quando compone piccole scene che sanno mescere drammaticità e comicità, dimensione famigliare intima e valenza storico-sociale collettiva. Si legga ad esempio, da pagina 46, la vicenda del primo impiego del protagonista: il racconto dei suoi litigi con il paròn paternalista e arrogante riesce, con una risata a denti stretti, a far riflettere sulla questione dello sfruttamento del lavoro, serbando memoria delle condizioni sociali negli anni Venti e, al contempo, evocando problemi ahimè attuali. Sul versante stilistico, la ricerca di densità si nota in scelte minime ma decisive. A tal proposito ricordo una delle correzioni apposte a mano dall’autore sul dattiloscritto: per descrivere i cadaveri di due ragazzi annegati nel fiume (pagina 152), egli sostituisce il complemento “di cera” con il paragone “come vesciche di strutto”. Con questo accorgimento lo scrittore riesce ad acuire l’effetto cruento, traendolo da un immaginario popolare e quotidiano; cosicché il tocco di autenticità rende la narrazione più efficace. Un ultimo aspetto, di cui mi sono occupata anche in altri studi e che, a mio parere, mette su un piano rilevato le capacità autoriali di Pozza, è il racconto dei luoghi di Vicenza: la sua scrittura ci porta a conoscere i palazzi e le contrade che custodiscono il genius loci, la vera identità storico-culturale della città. Ben oltre la facciata palladiana e scontatamente turistica.
Ci sono altri inediti di Pozza in attesa di pubblicazione?
Lavorando a questo progetto ciò che mi ha stupita di più è stata la grande quantità di testi letterari pubblicati, di cui Pozza è autore; ma la mia sorpresa è stata maggiore quando ho scoperto il numero considerevole degli inediti. Si tratta di quasi una decina di opere, la maggior parte delle quali è custodita presso la casa editrice Angelo Colla. Tra i dattiloscritti che ho potuto prendere in esame ricordo Le storie di Italo, che raccontano la giovinezza del pittore Italo Valenti, vicentino e amico dell’autore, e Vicenza città teatro, un esperimento inusuale, a mezzo tra pièce teatrale nelle piazze e nelle contrade della città e riflessione sul futuro etico ed estetico di Vicenza.
Marco Cavalli, vuol dirci un’ultima parola sull’Educazione cattolica?
L’educazione cattolica è il libro di Neri Pozza che più si avvicina a un romanzo. In origine Pozza lo aveva concepito come ennesimo capitolo di quell’autobiografia ripartita in più volumi che aveva cominciato a scrivere dal 1973. Su questa produzione memorialistica corposa e disuguale bisognerebbe fare tutta una serie di precisazioni. Mi limito a dire che Pozza non ha voluto scrivere la propria storia personale. Le sue non sono le memorie di un individuo ma di una stirpe. Pozza racconta la storia di una famiglia che è insieme la storia dell’ultima generazione di sudditi lombardoveneti dell’impero asburgico (infine cittadini italiani come i loro discendenti) e la storia di una corporazione di artigiani, alcuni animati da aspirazioni artistiche e da ideali di giustizia sociale. La materia aveva di per sé un respiro epico e Pozza sentiva di non potersi affidare alla nuda rievocazione cronachistica. Cercò di trovare una forma di narrazione efficace che preservasse la verità storica del racconto, una via di mezzo tra il romanzo e il memoir. Da quel grande editore e lettore che era, conosceva tutti i segreti della cucina letteraria, inclusi i meno confessabili. Ma era anche un uomo di una dirittura morale ed estetica prussiana, o forse dovrei dire kafkiana. Non tutti sanno che quando Goffredo Parise (che Pozza aveva lanciato) pubblicò per la prima volta Il prete bello, nel 1954, Pozza lo stroncò. Secondo lui il romanzo falsava melodrammaticamente la condizione dei sottoproletari mentre dava a intendere di rappresentarla per quel che era. Si sbagliava. La verosimiglianza della ricostruzione storica di Parise è merito della trasfigurazione dei fatti operata dal personaggio che nel romanzo dice “io”. Questo dato sembra sfuggire del tutto a Pozza. Ma gli sfugge per ragioni che gli fanno onore. Anche Pozza cercava il romanzo ma aveva troppa paura che il trattamento romanzesco di fatti e personaggi realmente esistiti finisse con l’alterare gli uni e tradire gli altri. Odiava le spettacolarizzazioni, anche quelle a lui accessibili e fatte a fin di bene. Preferiva i suoi tentativi fallimentari al rischio di far centro in un modo che lui avrebbe giudicato fraudolento. Di qui una certa ambivalenza nel modo di comporre, un’alternanza di accuratezza e di sprezzatura, di perfezionismo e di spensieratezza al limite della sciatteria. Per esempio, ogni tanto nell’Educazione cattolica il racconto passa dalla prima alla terza persona senza preavviso né apparente motivazione. La lingua, solitamente molto curata, ha improvvisi cedimenti, incorre in crisi di incoerenza che sono altrettante reazioni dell’autore contro i propri eccessi di accuratezza. Alcune figure, come il “signor Giovanni”, il nonno paterno del protagonista, devono la loro riuscita all’esser rimaste in parte dentro la penna di Pozza, risoluto a non arrotondare il loro profilo, a non dilatarle nella congettura e nella descrizione. La bellezza dell’Educazione cattolica dipende molto dal suo fallimento simultaneo come romanzo e come libro di memorie. Un fallimento grandioso, perché dettato da un’aspirazione all’integrità di cui in Italia si sono perse le tracce e che sopravvive dentro il libro come un genio della lampada capace di compiere miracoli.
Redazione Amedit
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