IL MERIDIONE DEL MONDO. Intervista a Bartolomeo Smaldone

a cura di Redazione Amedit

 

Bartolomeo Smaldone, autore di testi di canzoni, amante dell’arte, lettore onnivoro e appassionato, padre fondatore del movimento culturale “Spiragli”, nasce ad Altamura nel 1972. Partecipa a numerosi premi letterari e pubblica la sua prima raccolta di poesie “Del vento e del rovescio della medaglia” nel2003. Aquesta segue “Gente” nel 2009, e “Atomi” nel 2011. Ad aprile uscirà il suo primo romanzo,  “Se i tuoi occhi un giorno”.

Bartolomeo Smaldone, poeta, romanziere, intellettuale impegnato in battaglie civili. Chi è Bartolomeo?

Cerco di capire chi sono, attraverso quello che faccio. La poesia, ad esempio, mi dà la possibilità di fare una passeggiata nel mio inconscio, e mi restituisce delle consapevolezze che non avevo o che esistevano in maniera latente. Credo che il compito più difficile per un essere umano sia quello di dare un senso alla propria breve esistenza , ed ognuno di noi è chiamato a rispondere a questo appello con gli strumenti che gli sono più congeniali.
Da dove trai ispirazione? Credi a una convulsione inspiegabile che spinge a scrivere o ad un lavoro certosino fatto di correzioni e ricerca per trovare la parola giusta?

Parto da una visione, da una immagine che si palesa in maniera inaspettata davanti ai miei occhi e che devo solo descrivere. Spesso capita che il risultato sia immediatamente soddisfacente; altre volte è necessario modificare talune parole o la loro combinazione. Non esiste una regola precisa; è una questione, nel mio caso, più che di metrica di musicalità. I miei versi devono avere un suono e devono rispecchiare una visione. Solo così, chi leggerà potrà avere la sensazione di vedere la medesima immagine e di ascoltare la stessa melodia.

Conosci il mondo dell’editoria. Qual è il punto di vista rivoluzionario che dovrebbe avere un nuovo romanzo? Parlami del tuo.

Un romanzo non dovrebbe descrivere solo ciò che è possibile o probabile; un romanzo dovrebbe avere il coraggio di stravolgere il piano del reale.  Penso a tutta la produzione di Calvino, ad esempio. O a quella di Josè Saramago. Non importa che la storia appaia improbabile: bisogna avere il coraggio di portare la narrazione  fino alle estreme conseguenze; o meglio: lasciare che sia la narrazione a guidarci sin dove essa sa di arrivare. Il mio romanzo, Se i tuoi occhi un giorno, edito dalla Gelsorosso, in uscita ad aprile,  è un gioco di scatole cinesi e si svolge su più piani narrativi. È un omaggio all’alterità, a tutto ciò che è deprecato solo perché non rientra in un sistema di convenzioni diffusamente accettate o ipocritamente difese.


Parlami della Cava dei dinosauri e della battaglia di civiltà di cui sei uno dei promotori. A che punto siamo giunti?

È una storia tipicamente italiana. Una delle scoperte paleontologiche più importanti al mondo, vanificata dalla prevaricazione dell’interesse personale su quello collettivo. In una cava dismessa e acquistata perché divenisse una discarica di inerti, vengono rinvenute, nel 1999, oltre trentamila impronte di dinosauri, erbivori e carnivori, risalenti al cretaceo superiore. Circa settanta milioni di anni fa. Anziché procedere con l’esproprio per pubblica utilità,come sancito dalla Costituzione italiana e dal codice civile, si portano avanti delle trattative tra il Comune di Altamura e la proprietà, quasi si trattasse di una questione privata. Nel luglio del 2011, io ed altri due miei amici, decidiamo di fondare un comitato e facciamo partire on line una petizione che raccoglie, in poco più di un mese, oltre duemila firme. Sorprendentemente lo Stato,che sino ad allora era stato inetto, si desta, e il 17 ottobre del 2011 avvia la procedura espropriativa. Ora siamo in attesa di conoscere la stima dei periti della Soprintendenza per quantificare l’indennizzo da riconoscere al proprietario della Cava.

La terra in cui sei nato, la Puglia, che tipo di influenza ha nella tua vita e nella tua letteratura?

Un’influenza pressoché totale. Ma non è solola Puglia: è quello che io chiamo il “meridione del mondo”. Non è un emisfero migliore di altri. È semplicemente un luogo con una luce, con dei colori, con dei suoni tutti suoi. Ed io sono intriso di questo mondo e non riesco a fare a meno di raccontarlo.

Temi che la tradizione orale di cui è ricchissima la tua terra e il Mediterraneo in generale, possa essere perduta?

Quando ero piccolo, bambino, trascorrevo le mie estati nel paese dei mie nonni materni. C’erano poche automobili, pochi canali tv, pochissimi soldi. La sera si stava davanti all’uscio di casa, seduti a semicerchio su sedie di legno e paglia. Gli anziani raccontavano a turno le loro storie; noi ascoltavamo rapiti. Oggi c’è poca propensione all’ascolto e pochissima inclinazione all’immaginazione. Ma, soprattutto, mancano i luoghi magici di aggregazione. Sarebbe bello poter ritornare a vivere la strada e l’agorà. Ci aiuterebbe a farci sentire più uomini e meno prodotti di una scala di largo consumo.

Redazione Amedit

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