MICHELE MEGNA cenni biografici

a cura di Giuseppe Maggiore  

Michele Megna nasce a Palagonia nel pieno della prima guerra mondiale, il 3 dicembre  1917, da Anna Politino e Giovanni Megna, in una famiglia di umili condizioni. Rimarrà orfano del padre all’età di quattro anni e provvederà al suo mantenimento la madre costretta ad andare a lavorare. Nel 1922 per dare un aiuto economico alla sua famiglia, verrà scelto dalla comunità per rappresentare il “bambinello” nella festa di san Giuseppe, un’esperienza questa che ricorderà per tutta la vita, e che lui citerà spesso a motivo del suo senso di riconoscimento verso la città di Palagonia.  Cresce in questi luoghi, tra i rudimenti scolastici (arriva solo alla 5° elementare) e i giochi d’infanzia, i giochi d’un tempo ormai lontano, tra le vie e le piazze del paese e le vicine contrade, ma va anche in apprendistato presso un falegname.

Nel 1938 parte per il militare, a Ciriè in provincia di Torino; non fa in tempo a congedarsi quando scoppia la Seconda guerra mondiale che lo condurrà in Sardegna. Da qui, in seguito ad un incidente, viene trasferito a Roma dove entra in contatto con personaggi e stampa che gravitano nell’ambiente anarchico. Porterà questa sua esperienza al suo primo rientro a Palagonia negli anni Cinquanta, mettendosi anche in contatto con ambienti anarchici dell’area iblea (dove più tardi instaurerà una solida intesa con Franco Leggio e Maria Occhipinti), ma l’ambiente, aizzato da alcuni personaggi politici e clericali,  accoglierà con ostilità e sospetto le sue idee, tanto da costringerlo a fare rientro a Roma. Qui resterà ancora alcuni anni, durante i quali frequenterà anche gli ambienti di Città del Vaticano  e dove conoscerà varie personalità del Movimento Anarchico Romano,  prima del definitivo ritorno nella sua Palagonia, a cavallo degli anni Sessanta.

Sarà un ritorno alle origini, ripercorrendo i luoghi d’infanzia, cercando di riesumare i nostalgici ricordi. I suoi occhi continueranno a contemplare una Palagonia che non è più la stessa che aveva lasciato, una Palagonia nel pieno del boom economico e del conseguente smarrimento della propria identità. Sarà un Michele che si definisce “Anarchico alla Gandhi”, un bizzarro intreccio tra spirito anarchico e ateismo, tra destra e sinistra, tra il rivoluzionario ed il conservatore, che ha spesso del contraddittorio, o semplicemente, che sfugge ad ogni tentativo di classificazione.

Sebbene riverserà su Palagonia tutte le sue energie ed attenzioni, manterrà sempre vivo un certo interesse per le questioni storiche, politiche e sociali dell’intera nazione, ciò leggendo e ritagliando articoli dalle pagine di varie testate giornalistiche, di cui casa sua era gremitissima.

Amante della natura, delle lunghe passeggiate per le contrade circostanti il paese natio. Andava ad attingere l’acqua ed a raccogliere le erbe che costituivano la sua dieta vegetariana o parte di una medicina alternativa a base di erbe curative di cui era profondo conoscitore.

Accudirà sua madre negli ultimi anni di vita, e sarà proprio durante questa sua filiale missione che inizierà la sua attività pubblica: l’incipit è rappresentato da quel clamoroso evento dello sciopero dell’acqua del 1980 che lo vede tra la folla in protesta.

Da allora e fino alla fine degli anni ’90 il suo impegno nel sociale è inarrestabile ed espresso in molteplici modi: scrive e stampa oltre un migliaio di manifesti-denuncia che appaiono frequentemente sui muri della città, e dà vita ad una vera e propria bibliografia su Palagonia, una città che fino ad allora poteva contare su scarsissime testimonianze storiche scritte. Attraverso tali pubblicazioni riuscirà a restituire alla propria città quell’identità storica e culturale ormai sopita, fatta di luoghi, eventi storici, personaggi, tradizioni.

Ben 18 sono le pubblicazioni:

  • “Ai figli dei palici”, scritto da lui, che raccoglie cenni storici su Palagonia, ricordi giovanili, tradizioni, personaggi, poesie e prime azioni sociali svolte da lui. Pubblicato nel 1987.
  • “La mia rivolta” che raccoglie i manifesti murali fino allora scritti. 1988
  •  “Palagonia ieri e oggi” di Lino Calcagno. 1989
  • “Palagonia e il suo fotografo – Salvatore Calcagno” di Nino Cucuzza, 1990.
  • “Palaunisi” raccolta di ricordi, aneddoti, poesie, tradizioni, lettere a personaggi e altri manifesti. 1990.
  •  “Hic sunt leones – Palagonia, immagini di un mondo sconosciuto”curato dalla Pro Loco con testi di Nino Cucuzza, 1991.
  •  “All’impruvvisu” silloge di poesie di Giovanni Solano. 1992.
  • “Cantate con me” 100 anni di canzoni raccolte da Michele Megna. 1993.
  • “Mario de Mauro” profilo di un personaggio scomodo nella Scordia dell’ottocento. di Nuccio Gambera. 1995.
  • “Atlante Palagonese” stradario di Palagonia. 1995.
  • “Sui demani comunali di Palagonia” di Luigi Genuardi. 1997.

NELLA COLLANA “I QUADERNI” PUBBLICATA DALL’ACCADEMIA DEI PALICI, CHE NEL FRATTEMPO AVEVA FONDATO, DOTANDOLA ANCHE DI UN COSPICUO FONDOCASSA, ALLO SCOPO DI PROMUOVERE LA PUBBLICAZIONE DI OPERE  E IL FINANZIAMENTO DI BORSE DI STUDIO:

  • “Palagonia A.D. 1579” da un anonimo registro notarile. 1997.
  • “Alle origini” la presenza umana nel territorio di Palagonia. Di Laura Sapuppo. 1998.
  • “Milleseicentonovantatrè – ricostruzione e società a Palagonia dopo il terremoto” di Antonella Licitra. 1999.

FUORI DALLA COLLANA “I QUADERNI” MA SEMPRE PUBBLICATI DALL’ACCADEMIA DEI PALICI:

  • “Arte obliata” i dipinti delle chiese di Scordia. Di Claudio Filippo Parisi. 1998.
  • “Tradizione e devozione” i riti della Settimana Santa a Palagonia. Foto di Nino Privitera, testi di Nino Cucuzza e Luigi Lombardo. 1998.
  • “Antonino Uccello – Il volo degli aquiloni” la liturgia del gioco nei paesi del siracusano. A cura di Luigi Lombardo. 1999.
  • Nel 2006 infine, dalla casa di riposo “Serena” di Ramacca, scrive il suo testamento spirituale, dal titolo “Promemoria per un paese invecchiato”.
  • Una sola modesta pubblicazione viene invece dedicata a lui da Giovanna Tuan di Mineo, dal titolo “Michele Megna, un amico di mio papà”.

Parallelamente alla pubblicazione di libri e manifesti, tiene anche una corrispondenza epistolare con vari personaggi, tra i cui nomi figurano anche il presidente Oscar Luigi Scalfaro, Giovanni Paolo II, Pippo Baudo, Michele Santoro, Fausto Bertinotti, il Prefetto di Catania, Amministratori locali, vari enti ed aziende come Sip, Enel, Anas, spesso per fare delle segnalazioni o svolgere un ruolo di mediazione per la propria città.

Scrive lettere o articoli a diverse redazioni giornalistiche, tra cui “La Sicilia” e “Sicilia Libertaria” (del Movimento Anarchico Ibleo).
Ma soprattutto, appare instancabile e tenace nell’azione di bonifica di alcune aree degradate di Palagonia: lo vediamo creare spazi di verde attrezzato ed aiuole varie presso gli istituti scolastici, nell’area accanto alla Asl di via circonvallazione, davanti al Municipio, alla Bambinopoli e, in particolare, attorno all’edicola votiva di S. Febronia in c.da Santuzza (dove installa anche degli artistici lampioncini). Proprio a motivo di questo suo servizio gli viene conferito nel 1996 un riconoscimento da parte dell’organizzazione “Garofano d’argento” di Giarre, nonché l’appellativo di “Poeta dei fiori” da parte dell’allora presidente della provincia Nello Musumeci, con il quale ha avuto frequenti contatti.

Darà vita inoltre a due giornalini locali autogestiti: “Palagonia ieri oggi e domani”nella cui redazione sono coinvolti vari giovani studenti che si riuniscono in casa sua e, successivamente, il “Michelmegnanotizie”.  Realizza altresì una serie di cartoline illustrate commemorative su alcuni personaggi illustri o recanti messaggi di sensibilizzazione.

Ma lo vediamo anche alla guida di scolaresche, associazioni e gruppi di visitatori, alla scoperta dei monumenti di Palagonia, in particolare le “Coste di S. Febronia”, la basilichetta San Giovanni, il fiume Catalfaro (dove progettava di creare un sistema di sfruttamento delle acque a fini idrici per le circostanti campagne).
Il tutto, dai manifesti ai libri (libri distribuiti gratuitamente a quanti ne facessero richiesta), dalle opere di bonifica urbana ed extraurbana a tante altre iniziative, realizzato esclusivamente con soldi propri e senza mai chiedere od ottenere un aiuto da chicchessia, senza trascurare tra l’altro di compiere numerose azioni di beneficenza a diverse famiglie indigenti, né a negare sponsorizzazioni a varie iniziative cittadine. Il tutto sotto il leit-motiv più volte sentitosi dire dai cittadini:“A MICHE’, CU TU FA FARI?”.

Ma piace a tal riguardo ancora ricordare un tipico pan di spagna, dolce che lui soleva portare in dono nelle sue visite ad anziani e bambini. Tale dolce noto per l’appunto col nome “Michelino” viene ancora oggi prodotto da una pasticceria locale.

Michele Megna, che da sempre avrebbe voluto creare tra l’altro una casa di riposo che desse sollievo agli anziani del proprio paese, alla “Sirba” (nei pressi del Convento di p.zza Dante), luogo di suoi antichi giochi giovanili, trascorre gli ultimi anni della sua vita tra le case di riposo di Mineo, Ramacca e Palagonia e tra le mura di quest’ultima si spegne il 16 dicembre del 2008. Molti tra i suoi concittadini palagonesi lo credevano già morto da diversi anni.

Ai suoi funerali, la mattina del 17 dicembre erano presenti soltanto i pochiparenti rimasti, un gruppetto di circa 10 amici, i componenti dell’associazione Amedit ed alcuni di Rifondazione Comunista. In chiesa si sono aggiunte due classi di alunni dell’Ist. “G. Ponte” accompagnati dai rispettivi docenti (nonché suoi cari amici, fratelli Interlandi). Completamente assenti le Istituzioni, nessun amministratore né il Primo Cittadino, nessun’altra autorità, nessuna presenza ufficiale da parte delle Istituzioni Scolastiche, né tantomeno la presenza delle “tante” associazioni e movimenti cittadini. TUTTI ASSENTI!

Michele se n’è andato più solo e ignorato che mai, in una città che non smette di smentirsi nei suoi aspetti più oscuri e indegni; nella sua proverbiale ingratitudine.

MA VEDIAMO ORA ALCUNI ESTRATTI DAI FOGLI DEL “MICHELEMEGNANOTIZIE” del 1995:

scrive ad un amministratore locale:

“Da quando sono rimasto solo, l’unico mio vero amore è stato Palagonia, il paese dove sono nato. Bisogna portare la democrazia vera all’interno del nostro comune e discutere tra amministratori e amministrati, di come salvare questo paese precipitato nel baratro”.

Nello stesso anno, a proposito dei politici locali, scrive ancora:

“Vogliono fare ma non possono, perché è gente raccogliticcia, non capaci, prigionieri di se stessi eppure siedono là dove non dovrebbero”.

A proposito della risposta che riceve al suo impegno sociale, dice:

“In questi ultimi tempi sono stato preso di mira per tutte le iniziative che mi propongo di realizzare. Adesso non bastano più i divieti e gli ostacoli, che mi si frappongono, sempre pronto ad accorrere ove manca la presenza, l’iniziativa… Assente per una trentina d’ore per il troppo freddo sofferto, è scoppiata la vendetta… Approfittando di un po’ di sole, con gli occhi velati di lacrime, mi sono accorto che, nelle due grandi aiuole mancavano una decina delle piante più belle, erano state sradicate…”

“…E’ il modo più vile per combattere il volontariato di Michele…”

il coraggio dei Consiglieri che sanno e non ti aiutano e ti distruggono con il silenzio.

<<Ma chi è questo Michele che si permette di far nascere aiuole e fiori dappertutto? E allora puniamolo per queste cose che dovrebbe fare il Comune!”

“Allora ci domandiamo ancora perché a Michele viene a mancare l’autorizzazione, che non ha mai avuto e tutto è nato nel silenzio degli amministratori di prima e di quelli che amministrano oggi”.

Prosegue, con parole che sembrano più che mai attuali:

“Il fatto è che in questo dissestato paese una parte di amministratori arrivati, forse vorrebbe fare ma non può, non sa, mentre prima il denaro scorreva a fiumi, si scialava e vigeva il : “Mutu tu, ca mangiamu tutti!”.

Ma c’è anche un momento dove sembra cercare un qualche dialogo con l’amministrazione,il 16.12.1995, ma, osserva:

“Siemu tutti buoni a smummuriari e non a migliorare il rispetto della convivenza e degli obblighi, maledicendo di essere nati in questo paese. Io ci sto bene. 
Bella democrazia! Con l’inerzia e con l’odio nulla si costruisce. “Ah Michè! Non ti vogliamo più bene perché hai fatto pace col Sindaco”. Il rispetto per il mio paese è più grande di chiunque lo rappresenta. Scusate, il capo di una istituzione voluta ed eletta dal popolo non dovrebbe cessare di essere considerata di parte?”

Lo stesso anno, in “Se fossi sindaco”, dice:

“Ricordare che il Comune è la nostra casa e tutto quello che di buono o cattivo si fa per esso lo faremo a noi stessi, alle nostre famiglie. Non permetterei le infrazioni o le disarmonie del vivere civile. Incoraggerei tutte le iniziative (culturali, sportive, musicali) proposte dai volontari.”

Nel 1997, sempre dai fogli del Michelemegnanotizie, riflette su vari argomenti:

“Solo l’uno per mille spaccia e usa droga eppure siamo tutti drogati” (con un chiaro riferimento all’immagine di Palagonia che viene spesso descritta dai quotidiani);

“A forza di parlare di disoccupazione siamo diventati tutti disoccupati…”(come non pensare all’attuale situazione occupazionale?)

Sulla sua città, constata come:

“negli ultimi cinquant’anni di vita paesana abbiamo disperso tutte le bellezze architettoniche, ideali umanitari e terremotato economicamente un comune…

Emblematica poi appare un’altra pungente affermazione, quando dice:

Con la scomparsa del Fascismo si è diffuso il Caporalismo”.

In “Senza ideali in cui sperare”, parla del socialismo e la religione:

“Mentre uno ti prometteva una società di eguali, l’altra tanta fraternità e per giunta il paradiso se ne sei stato degno; …Per il socialismo è una cosa diversa, vale a dire che unitamente a tanti altri “ismi” meditava leggi per una società migliore e mai il mondo è stato infelice come adesso…
Antichi Dei di tante religioni promettevano e promettono paradisi in forme diverse. Comunque sia, con le religioni non si è fatto mai una società migliore anche se hanno fatto ricorso alle dittature dello spirito, ai dogmi, alle amputazioni oppure ai bruciati vivi.”

Riprenderà tali idee, con un richiamo al senso del volontariato, in “Siamo tutti colpevoli” un volantino del 20.12.1998:

“Il fanatismo politico e religioso, l’egoismo, la corsa al denaro per la libertà ci rende più poveri e bisognevoli di aiuto. (…) E’ la fratellanza e la solidarietà del volontariato che deve essere la “religione” che muove i cuori, non i fanatismi che ci mettono gli uni contro gli altri”.

Il suo pensiero è ben sintetizzato ne “Il mio testamento”, pubblicato nel libro Palaunisi (1990):

«Quando non ci sarò più materialmente e se qualcosa di me sopravviverà, sarò ancora tra voi, perché in un angolo di questo paese venni alla luce. Dobbiamo emanciparci, autogovernarci, per far risorgere quell’Eden che ci fu assegnato alle origini. La libertà, il diritto più sacro che l’uomo acquisisce sin dalla prima boccata d’ossigeno, rendendolo indipendente dal grembo materno, non deve mai cessare, perché il bastone della dittatura, di qualsiasi colore esso sia dipinto, quando arriva sulle spalle fa sempre male. Difendere la democrazia, non per il diritto al voto che essa vi concede, ma per mettere gli uomini al posto giusto in una sana amministrazione. Insisto sempre sulle donne, perché più uguali di noi uomini anche in questa responsabilità, sin dal momento che vollero essere madri.»

MI PIACE INFINE CONCLUDERE QUESTO EXCURSUS SU MICHELE, CON LE PAROLE CHE EGLI DICE DI SE’ IN UNA LETTERA AD UN’AMICA:

“Sono fiero del mio vestire, della povertà che vivo, che mi fa poeta e mi ingentilisce l’animo.”

Giuseppe Maggiore

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