A cura del Sodalizio e della Redazione Amedit
Ovunque, al mondo, c’è una “storia minore” fatta da “personaggi minori”; una storia che riguarda piccole, medie o grandi comunità cittadine, la cui memoria è affidata ad altrettanti “autori minori”. È grazie a questi “autori di provincia” mossi da amor di storia patria o da puro campanilismo se possiamo venire a contatto con tante piccole storie locali. I libri da essi scritti, spesso autofinanziandosi, non hanno un codice ISBN che ne faciliti la reperibilità nei circuiti librari ufficiali, non hanno accesso nelle scuole dove si studia solo la macrostoria, e il più delle volte, in mancanza di acquirenti, vengono regalati ai propri concittadini. Libri che, sebbene manchino spesso di rigore storico-scientifico, basandosi il più delle volte su una memoria orale intrisa di leggende e aneddoti, risultano preziosi quando ci si voglia accostare a una storia locale. Una di queste storie minori riguarda Palagonia, e l’autore grazie al quale possiamo scoprirla è un certo Michele Megna. La cittadina in questione è tristemente nota per la scarsa reperibilità di notizie storiche sul suo conto, vuoi perché nel suo passato di piccolo borgo contadino non ha mai rivestito un ruolo importante negli accadimenti storici dell’isola, vuoi perché quelle poche testimonianze scritte sulla pietra o sulla carta sono andate disperse o distrutte per sempre. Sul finire degli anni ’80 e per oltre un decennio, Michele Megna ha cercato di colmare questa profonda lacuna recuperando i frammenti del passato e trascrivendoli in una serie di libri pubblicati a proprie spese, e puntualmente regalati a chiunque ne facesse richiesta. Il risultato è una corposa bibliografia costituita da ben 18 pubblicazioni (più una data alle stampe proprio in questi giorni, grazie al suo patrocinio accordato alcuni anni fa VEDI SCHEDA) che illustrano luoghi, personaggi, vicende, tradizioni e aneddoti palagonesi. Tra queste diverse sono di vari autori riferite ad altre località, che lui ha generosamente patrocinato. Il suo impegno nei confronti dell’amato paesello è stato totale e dispiegato in ogni forma: ha scritto e fatto affiggere ai muri della città oltre un migliaio di manifesti-denuncia; si è preso cura di diverse aree degradate sia dentro che fuori le mura della città, bonificandole e creando degli spazi di verde attrezzato; ha dato vita a due giornalini locali nelle cui redazioni erano coinvolti vari giovani studenti; ha realizzato una serie di cartoline illustrate commemorative su alcuni personaggi illustri o recanti messaggi di sensibilizzazione; ha intrattenuto rapporti epistolari con personalità politiche, del mondo dello spettacolo e della cultura; offriva il suo sostegno morale ed economico ad associazioni e movimenti cittadini, oltre che a famiglie particolarmente disagiate.
Da tutto ciò si potrebbe pensare che si trattasse di una persona benestante. In verità Megna poteva contare soltanto sulla pensione, ma conducendo un tenore di vita piuttosto austero convogliava tutto in questa lodevole azione sociale. Si potrebbe pensare che egli abbia potuto contare sull’aiuto di qualcuno, ma anche questo è lontano dalla realtà dei fatti, anzi: veniva puntualmente osteggiato dalle Amministrazioni locali, e per di più anche sbeffeggiato dai suoi concittadini che nella migliore delle ipotesi lo prendevano per pazzo, fino ad arrivare a veri e propri atti di vandalismo verso le sue opere pubbliche e al furto dei suoi attrezzi da lavoro. L’ultimo suo dono alla città è stato la fondazione dell’Accademia dei Palici, associazione avente lo scopo di promuovere studi e ricerche di storia patria e di curarne le pubblicazioni; dotò questa di un cospicuo fondo cassa e di una sede in pieno centro, grazie al ricavato della vendita di un suo appartamento a Roma. L’ultimo suo sogno era quello di voler creare anche una casa di riposo che desse sollievo agli anziani del proprio paese, ma gli fu impedito. Michele Megna trascorse gli ultimi anni della sua vita tra le case di riposo di Mineo, Ramacca e Palagonia e tra le mura di quest’ultima si spense all’età di 91 anni il 16 dicembre del 2008, quando molti suoi concittadini palagonesi lo credevano già morto da diversi anni. Ai suoi funerali erano presenti soltanto i pochi parenti rimasti e uno sparuto gruppetto di amici. Completamente assenti le Istituzioni, nessun amministratore né il Primo Cittadino, nessun’altra autorità, nessuna presenza ufficiale da parte delle Istituzioni Scolastiche, né tanto meno la presenza di quei tanti “amici” che da lui avevano ricevuto molto (ivi compresi gli autori dei libri da lui patrocinati).
Il resto della storia è che non c’è più storia per Palagonia, almeno non quella scritta. Michele Megna rimane l’unico personaggio degno di nota che questa città abbia espresso, nonché l’unico ad essersi speso totalmente per il suo riscatto e la sua piena valorizzazione. Mancando chi, come lui, metteva in risalto gli aspetti migliori della città, e mancando al contempo una forte componente associazionistica attiva in campo culturale, a Palagonia non rimane che una storia costituita da fatti di cronaca nera e degrado socio-culturale. Né, d’altra parte, ha saputo far tesoro di quanto il Megna ha realizzato per essa; non rimane infatti traccia del suo operato: i tanti libri pubblicati a sue spese sono oggi per lo più irreperibili; gli spazi verdi da lui creati sono oggi invasi dalle erbacce, mentre i giochi e le panchine sono stati asportati o distrutti dai vandali; l’Accademia dei Palici, dopo le prime pubblicazioni realizzate mentre ancora era lui in vita, a parte qualche episodico evento locale non ha prodotto più nulla in linea con le sue finalità statutarie. Se presso chi lo ha conosciuto sopravvive ancora il ricordo, il più delle volte accompagnato da opinioni poco lodevoli, le nuove generazioni non sanno nemmeno chi fosse. Davvero troppo poche le attestazioni di stima e gratitudine nei suoi confronti, che comunque non hanno portato a nulla di concreto per perpetrarne la memoria. L’associazione Amedit (per inciso, altra bistrattata da parte di questa difficile realtà palagonese) si era fatta promotrice nel 2007 dell’istituzione dell’Albo d’Oro comunale e nel gennaio 2009 aveva chiesto l’inserimento in tale albo dei nomi dei personaggi illustri locali, tra cui quello di Michele Megna; nell’aprile 2010, tra le varie iniziative dedicate al Megna (vedi video), aveva promosso una raccolta firme per intitolargli la Bambinopoli. Disatteso anche l’intento da parte di una scuola locale a intitolargli un proprio plesso. Tutti propositi vanificati dal totale disinteresse dell’Amministrazione comunale, che non ha voluto in nessun modo tenerne conto, ma anche da un tiepido interesse da parte delle altre componenti sociali. Parafrasando Sebastiano Vassalli nel suo libro Archeologia del Presente potremmo concludere che: “Il protagonisti di questa storia, Michele Megna e quanti come lui hanno speso la loro vita per un’ingrata patria, appartengono alla generazione che sognò di cambiare il mondo in pochi anni, correggendone gli errori e facendolo diventare perfetto. Da questo punto di vista la loro vicenda non ha in sé niente di straordinario: è la vicenda di personaggi come ce ne furono tanti, in un’epoca che ormai è scomparsa e che presto sarà dimenticata. È invece eccezionale il fatto che loro soli, poi, abbiano continuato ad illudersi e sognare, quando tutti, ormai, si erano svegliati e dopo che le illusioni erano passate di moda, urtando contro ogni genere di ostacoli e andando incontro a mille sconfitte…”.
Michele Megna era un “rivoluzionario” poetico e gentile; sosteneva le sue battaglie con i libri, i fiori, i versi delle sue poesie dedicate al paese natio. Egli è rimasto fino alla fine un fanciullo capace di sognare, e ricco di grandi slanci di generosità e altruismo. Peccato che i suoi “semi” siano caduti in un terreno arido e sterile. Altrove, forse, qualche fiore sarebbe nato…
16 dicembre 2011
Il Sodalizio e la Redazione
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Solo oggi e per un puro caso leggo questo articolo. Intanto complimenti all’autore. In quanto a Michele Megna, io l’ho conosciuto personalmente. Era un uomo da cuore d’oro. L’autore dell’articolo, forse non sa o non l’ha scritto volutamente, che Michele oltre ad aver fatto tutto ciò che è descritto in questo meraviglioso articolo, era anche un infaticabile lavoratore “manuale”. Faceva il pane in casa per poi, magari, regalarlo a chi approfittava di lui. Infatti era deriso dall’intero paese per questa sua delicatezza d’animo. Senza contare che da solo si prendeva cura della propria mamma anziana in una maniera ineccepibile! Credo che neanche una donna avrebbe potuto fare di meglio. Io ho un suo libro con dedica autografa di lui e lo conservo con tanto rispetto. Fate qualcosa per Palagonia, voi che siete gente di buona volontà! E cercate, soprattutto adesso che la politica palagonia ha avuto una svolta, di portare avanti queste iniziative culturali e cercate di tenere alto il nome di Michele Megna il quale oltre ad essere un uomo di grande cultura (autodidatta), era un grande uomo con un cuore enorme. Riposa in pace, Michele!