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“Mazzoncini colpisce per la forza insita nei suoi versi, per quel suo premere sull’acceleratore di una visionarietà silenziosa ed essenziale, per quel suo trovare sempre la folgorazione giusta che lo fa dire: sarò un guerriero / un amante silenzioso / un figlio di un altro esserci.
Parole forti, le sue, che fanno il pari con altre parole che coniugano freschezza e tenerezza in un alternarsi di luci, di penombre, di momenti intimamente vissuti e rivissuti sul filo di un dialogare aperto e circoscritto: come si conviene a chi sa, e riesce a guardare al di là del proprio perimetro affettivo con l’intenzione, evidente a nostro avviso, di colpire il bersaglio e di incontrare quell’altro sole a cui tende senza fingimenti di sorta e con uno zampillante rigagnolo di piccoli-grandi segreti, di abbandoni, di preziosità intime”.
Riflessioni sulla poesia di Emiliano Mazzoncini
di GRIN
Soccorrere una civiltà in degrado può essere un compito,
una missione, ma certamente è un istinto primario e vivo
in chiunque si occupi di estetica.
Nel vasto panorama dell’arte contemporanea,
risplendono prevalentemente denunce descrittive,
testimonianze a volte sconvolgenti di scissione
tra individuo ed essere, sovente auto-confinantesi
nell’impegno di darsi – più che di donare al mondo –
un’armonica interezza attraverso la comunicazione estetica.
Non sorprende perciò che il “bello” in questo XXI secolo,
sembri potersi manifestare quasi esclusivamente
vincolato ad itinerari intrisi di eccessi,
tra minimalismo e barocco.
Ma se soccorrere significa apportare una prima cura,
la prima cura (per una civiltà disorientata e ottusa
che naufraga rinnegando il valore della speranza
ed annegando tensioni compresse in un intimo collettivo raggelato)
non può venire soltanto da testimonianze o resoconti.
Contrariamente a quanto saprebbe suggerirci
un razionalismo asfittico, globale e freddo,
non è impossibile che in una civiltà infestata
da energie atte a coltivarne il degrado,
si manifestino talvolta forme di purezza.
Esistono artisti che, generando percorsi propri,
creano per semplice purezza espressiva.
Essi non sono creature di universi distanti
che appaiono e spariscono come brevi sogni nelle notti d’estate.
Ma sono invece esseri dotati di straordinarie capacità taumaturgiche,
capaci di trasformare la propria vita in quella di ognuno,
e di portare segni di gioiosità estetica esprimendo la pena di tutti.
Nel caso di Mazzoncini,
la purezza espressiva si sviluppa seguendo canali biologici originari,
ed è orientata verso la composizione armonica
da una vigorosa sensibilità che lavora instancabilmente
per offrire la propria sostanza, tra rigore e amore,
tra idealità e valori non formali.
La gioia di leggere versi intensissimi e chiari,
scritti nella lingua del paese in cui viviamo,
(pur trovandoci in un’epoca anglofona
e densa di smisurate quanto insondabili banalità),
non è la minore tra quelle che Mazzoncini ci offre;
sicuramente è la più percettiva ed è molto per tutti.
Soprattutto per chi dubita che l’arte della poesia
possa comunicare ancora nell’epoca
dell’informazione tecnologicizzata.
GRIN