di Mauro Carosio
I favolosi quanto screditati anni ’80 – non c’è niente da fare – continuano a essere un faro che illumina il panorama musicale contemporaneo. Il fenomeno è percepibile soprattutto in Inghilterra dove le nuove band, quelle più à la pàge e apprezzate da un pubblico giovane, traggono ispirazione direttamente dai loro genitori che hanno fatto scuola circa trent’anni fa. Non c’è da stupirsi quindi se i Duran Duran sono tornati, con la formazione che li ha resi celebri, in vetta alle classifiche di mezzo mondo col loro ultimo album All you need is now. Il gruppo di Simon Le Bon gode di ottima salute, la loro musica pop, di facile ascolto e di sicuro impatto, continua ad avere un grande seguito. Anche nomi meno noti al grande pubblico, che hanno comunque segnato un’epoca nel loro genere, riappare nel terzo millennio e con una leggera operazione di make up si ricolloca nell’olimpo delle realtà musicali più interessanti. Un esempio straordinario è quello dei Killing Joke, una band sconosciuta ai più, ma che esattamente trent’anni fa arrivava in Italia in tour all’urlo: Punk’s not dead, scatenando folte schiere di adoranti adepti. Il loro primo omonimo disco stata un’esplosione che ha deflagrato e spazzato via tutto ciò che c’era stato prima. Un album senza paragoni possibili, non somigliava a niente di pregresso e non ha lasciato eredi. In piena epoca punk, o post-punk o new wave, definizioni che variano a seconda delle correnti di pensiero, Jaz Coleman e compagni sconvolgono il panorama musicale del periodo con un sound unico e primigenio, un’energia infernale e distorta, danze macabre, ritmi tribali ossessivi e paranoici, apparati melodici e ansiogeni e percussioni che non danno tregua. Gli ascoltatori sono braccati. Si sentono costretti a partecipare a una sorta di rito dal ritmo martellante, compulsivo e irripetibile. Era il 1980, un anno dopo i Killing Joke si impongono come la band “indie” più importante del momento. È passato più di un quarto di secolo, il gruppo ha avuto fortune alterne, cambiato formazione, ma non si è mai sciolto e quest’anno, con gli stessi componenti di tre decenni fa sono tornati con un disco che è stato salutato con grande favore della critica e dal pubblico composto da vecchi e nuovi fan. Absolute dissent è un album che costituisce la
sintesi della loro produzione dagli inizi a oggi e che dimostra come si possa tornare alle origini facendo tesoro del tempo passato, senz’altro uno dei loro episodi meglio riusciti. Non manca nulla: alla title track che apre in maniera esplosiva fanno seguito altri undici brani dove si spazia da atmosfere più cupe e martellanti ad altre più melodiche ma non meno impetuose in un cd comunque privo di cedimenti o momenti deboli. Accanto ai Killing Joke, che rimangono comunque un gruppo per estimatori, altri ben più noti continuano a dominare classifiche e palinsesti. Alcuni esempi di sempreverdi: Depeche Mode, Pet Shop Boys, Morrissey, tutti nati negli anni ’80 e reduci da recenti successi discografici. Altre neonate realtà musicali, che si preparano a diventare nomi illustri, affondano le loro radici nelle melodie che hanno segnato lo spartiacque del rock’n roll tra la fine degli anni settanta e l’inizio del decennio successivo. White Lies, Editors, Artic Monkeys, The Fratellis, The Boxer Rebellion, Gossip, Franz Ferdinand, per citarne alcuni, reinterpretano un sound già sentito attualizzandolo con geniali soluzioni melodiche senza celarne le origini. Ampio uso quindi di strumenti elettronici, sintetizzatori, bassi dall’inconfondibile andamento “disco” e melodie orecchiabili, ma non scontate, costituiscono la cassetta degli attrezzi dei nuovi nomi della musica pop-rock odierna. Gruppi determinati e preparatissimi tecnicamente, agguerriti e decisi a emulare i loro predecessori illustri. Niente di nuovo quindi? Forse l’innovazione non è l’obbiettivo principale, semplicemente la musica contemporanea non può prescindere da un’eredità così ingombrante e consistente come quella dei “fantastici ‘80”, e gli ottimi risultati ottenuti fanno ben sperare. Il 1981 è anche l’anno di nascita di MTV, la rete televisiva lanciata negli Stati Uniti, che in seguito diventerà molto influente nello show business musicale. Con MTV esplode il videoclip: un fenomeno in continua evoluzione e un mezzo oggi indispensabile per la divulgazione di un qualunque prodotto musicale e non solo.
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