La Chiesa dell’Immacolata e le sue opere d’arte dimenticati
Le nuove generazioni palagonesi ignorano spesso le ricchezze e le bellezze del luogo in cui vivono, forse perché nascoste, o peggio danneggiate da anni di negligenza e da scarso desiderio politico e, aggiungerei, sociale di una loro valorizzazione. Esempio tipico di tale atteggiamento è rappresentato dalla Chiesa dell’Immacolata. I lavori di restauro ultimati qualche anno fa, si sono limitati al consolidamento delle parti esterne della chiesa, tant’è che ad oggi resta impossibile potere accedere al suo interno. Uno smacco inaudito che chi di dovere continua a perpetrare ai danni di tutta la cittadinanza e soprattutto ai danni di chi, troppo giovane, non ha alcuna memoria visiva di questo splendido monumento. Un’offesa tanto più grave dal momento che l’incuria ha già provocato le sue “vittime”: il furto del 2000 ha irrimediabilmente registrato la perdita di alcuni capolavori che costituivano il decoro della chiesa. Attualmente, gli unici strumenti di cui si dispone per mantenere vivo l’interesse nei confronti di questa struttura – un edificio attorno a cui si innestano tanti racconti della nostra tradizione – restano scarni archivi, alcune fotografie e soprattutto i racconti di chi ha visto e partecipato personalmente agli appuntamenti che in passato gravitavano intorno alla chiesa.
L’edificio si propone, sia all’interno che all’esterno, con uno stile decisamente barocco, non dimentico, però, di un certo equilibrio classicheggiante. Completato nel 1721, presenta una facciata in cui primeggia un grande portale in pietra intagliata sovrastato da una finestra alla cui sommità si staglia lo stemma dei Gravina, ad ulteriore conferma del potere esercitato dalla famiglia sul territorio palagonese. L’interno è caratterizzato da una navata unica culminante in un imponente abside che ospitava l’opera di maggior pregio della chiesa: il tabernacolo ligneo saccheggiato nel 2000, e del quale rimane oggi solo la base.
Opera di elevato valore artistico, questo tabernacolo, ultimato nel 1721 da frà Cherubino d’Aidone, esperto architetto, scultore ed intagliatore, con la sua struttura ascendente e con le sue decorazioni dalle forti simbologie teologiche si presentava come perfetto strumento di glorificazione della grandezza divina.
L’opera si sviluppava su una pianta esagonale, fregiandosi nelle sezioni frontali e laterali, della tecnica a tutto tondo. Si componeva di quattro palchi innestati su un basamento decorato con eleganti intagli ed intarsi, i quali, naturalmente, si riproponevano, non sempre con gli stessi motivi, anche nelle restanti sezioni della scultura. Il primo palco racchiudeva il significato profondo della scultura: nella sua parte centrale, infatti, accoglieva il tabernacolo atto a custodire il Sacramento e chiuso da una porticina decorata con un’immagine ad olio di Gesù risorto; ai lati, quasi a volerlo racchiudere, due nicchie: l’una dedicata a Sant’Antonio, l’altra a San Francesco. La medesima struttura tripartitica si ripresentava negli altri tre palchi superiori. Nel secondo livello, la sezione centrale era dedicata al Cristo crocifisso, mentre le due cappelle laterali ad altrettanti santi che purtroppo non sono facilmente riconoscibili dai reperti fotografici a disposizione; nel terzo livello, invece, l’Immacolata dominava la nicchia centrale con ai lati altre due più piccole finemente decorate, anche queste ospitanti due piccole sculture a tutto tondo, ancora una volta di difficile identificazione; il quarto palco, infine, accoglieva tre nicchie arricchite da decorazioni, archi e colonne, ma vuote di immagini sacre. All’apice della monumentale struttura, una cupola riccamente intarsiata.
Nella lunga successione di furti, protrattasi lungo i vari anni in cui l’edificio è stato abbandonato alla mercé di vandali e di ladri, si annoverano tra l’altro, pure due pregevoli tele raffiguranti rispettivamente l’Immacolata e sant’Antonio. Studi di esperti hanno, inoltre, evidenziato come la chiesa abbia subito, nel corso della sua storia, importanti modifiche e rimaneggiamenti che ne hanno alterato l’impianto e le decorazioni originarie.
Il maggiore è datato 1954. Un contratto stipulato tra l’allora parroco Astuti e il sig. Giuseppe Marchese Arancio di Catania, esecutore deilavori, dà testimonianza della modifica della colorazione delle pareti (in origine affrescate col predominio delle tonalità tendenti all’oro e all’arancio), del restauro del portale barocco della parete absidale e dell’aggiunta di finti marmi che hanno distrutto la bellezza di un’antica cornice caratterizzata da una sapiente lavorazione della pietra atta a riproporre le raffinatezze e le decorazioni degli intagli del tabernacolo che essa circondava.
Anche l’altare ha subito rimaneggiamenti. Il valore artistico e le peculiarità del paliotto che racchiude attualmente dimostrano infatti un’avvenuta sostituzione ai danni di quello settecentesco. E la lista non finisce qua. La tinteggiatura a fresco della volta risale al 1954, il pulpito ligneo è stato eliminato e la cripta sottostante al presbiterio è stata chiusa.
Quasi a perpetrare questa “distruzione” dell’impianto originario, ha contribuito la stessa natura. Il terremoto del dicembre 1990 ha, infatti, danneggiato la struttura e ne ha causato la chiusura e la dichiarazione di inagibilità dell’edificio.
La mancanza di un serio e repentino lavoro di restauro ha poi permesso la degenerazione di ulteriori sezioni della chiesa e soprattutto la mancata tutela dei beni in essa custoditi che sono stati perciò facilmente sottratti al patrimonio culturale palagonese.
In una conferenza del 2008, preceduta dall’esposizione dei reperti fotografici pre e post chiusura, organizzata dalla comunità parrocchiale e dall’associazione Amedit, la dott.ssa Fulvia Caffo (Soprintendenza BB.CC.AA. di Catania) aveva illustrato un interessante progetto di recupero globale dell’edificio, mirante a rivalutare anche le sottostanti cripte (molte delle quali emerse proprio durante i lavori di consolidamento).
Purtroppo, per mancanza di fondi, o di volontà, sembra proprio che la vicenda sia ben al di là dal concludersi . La chiesa dell’Immacolata, sembra ancora destinata a rimanere appannaggio di pochi, sbiaditi ricordi.
Vanessa Pillirone
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