Chi può tracciare con assoluta e chirurgica precisione quel labile confine che separa l’oggetto artistico dall’oggetto arredativo? È in questo intrigante territorio di confine che opera Alessia Savona. Romana, con alle spalle una lunga esperienza di scenografa, è conosciuta sul territorio nazionale come restauratrice e decoratrice di talento. Alessia Savona ha intrapreso già da alcuni anni una nuova attività creativa e progettuale che la impegna e la appassiona in modo sempre più crescente. Parliamo del restyling applicato al modernariato. Difficile trovare una parola onnicomprensiva per descrivere compiutamente questa singolare pratica creativa “Tutto parte dal recupero – ci spiega la stessa Savona – di esemplari significativi, siano essi mobili tout court, o semplici complementi d’arredo. L’individuazione avviene secondo dinamiche casuali, in mercati antiquari specializzati o a casa di singoli privati. Quando un pezzo attira in modo particolare la mia attenzione decido subito di appropriarmene; talvolta mi sembra di vederlo già realizzato secondo il mio gusto e i miei intendimenti. Non tutti i mobili si prestano allo stesso modo a questa, come la chiamo io, reinvenzione. Devono sussistere delle condizioni particolari perché io possa innamorarmene, condizioni che riguardano in primo luogo il materiale (il tipo di legno) e poi naturalmente l’aspetto e la forma. In genere realizzo alcuni disegni preparatori, piccoli bozzetti e prove di colore. Quando il progetto si fa ben chiaro allora passo nel concreto alla realizzazione”. Alessia Savona non opera semplici interventi di colore, ma dà vita a un “pezzo unico” a tutti gli effetti, un’opera di design che quasi non ha più nulla a che vedere con l’oggetto originario. Gli abbinamenti cromatici sono scelti di volta in volta in armonia con la morfologia del mobile, senza forzature che ne snaturino l’assetto basico. L’esperienza come restauratrice (gli interventi riguardano anche la ceramica, la pietra, il legno, gli affreschi e le tele) costituisce indubbiamente un valore aggiunto, a garanzia di un prodotto finale assolutamente rifinito e impeccabile. Ai cosiddetti “mobili fuori moda” (anni ’30, ’40, ’50 ecc.) Alessia Savona ridisegna per così dire un nuovo vestito, una guaina, una seconda pelle riqualificandoli e riattualizzandoli attraverso il medium dell’operazione artistica. Questa nuova vestizione, importante anche dal punto di vista ecologico, rende l’oggetto doppiamente significativo tanto per la storia che ha alle spalle che per la nuova che si appresta ad attraversare. È interessante comparare il prima e il dopo attraverso le fotografie: il contrasto è quanto mai esaustivo. Da una parte quel mobile triste e demodé, retaggio di una generazione ormai consumata, e dall’altra il “nuovo mobile”, talmente contemporaneo da abbracciare per proiezione anche le generazioni a venire. Il restyling del modernariato dispiega una sorta di patina atemporale che riunisce in sé, nel presente, passato e futuro.
Come riesci a conciliare l’attività di restauratrice di opere antiche con questa tua nuova impresa creativa nel campo del modernariato?
Ormai sono anni che lavoro nel campo della decorazione e del restauro. Ho capito che una cosa non prescinde l’altra anzi tutto si compensa, quindi per me è facile alternare le due attività perché è diverso l’approccio all’opera nel tipo di intervento. La decorazione mi permette di esprimere la mia creatività a differenza del restauro dove invece il concetto è esattamente l’opposto e non c’è spazio per l’iniziativa personale o almeno cosi dovrebbe essere.
Ti capita mai di realizzare alcuni pezzi su commissione?
Si, spessissimo, e in genere il committente non ha un’idea ben precisa di come sarà il prodotto finale. Io cerco di aiutarlo anche in questo, spiegando il tipo di intervento sull’oggetto e proponendo un’idea di come potrebbe essere il prodotto finale anche studiando il luogo dove verrà collocato e aiutandomi con prove di colore e bozzetti preparatori. A volte la difficoltà più grande delle persone è “immaginare” e “visualizzare” il prodotto finale, e il bozzetto serve proprio a questo, aiuta me e il cliente ad arrivare alla decisione finale sul tipo di lavoro da svolgere.
Fino a che punto un mobile, che è anche un oggetto funzionale, può considerarsi un’opera d’arte?
Per me lo è a tutti gli effetti, qui il discorso però è molto complicato e ampio e a volte il confine è molto sottile. Personalmente posso dire che quando intervengo su un oggetto o un mobile lo faccio con l’idea di creare un pezzo unico. Ogni oggetto deve assolutamente mantenere una sua funzionalità che a volte è quella di origine e a volte no, ma l’essenziale è che non rimanga mai un pezzo da “esposizione” perché il concetto con cui opero è proprio quello di recupero, altrimenti tutto ciò non avrebbe senso.
Massimiliano Sardina
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