Eccoci al terzo appuntamento con l’eclettico artista Andrea Antonio Siragusa. Nei precedenti numeri abbiamo già avuto l’occasione di approfondire la sua concezione sul teatro, poi lo abbiamo scoperto anche nella veste di pittore espressionista astratto, in occasione del suo primo grande ciclo espositivo “Genesi Primordiale” promosso dal Sodalizio Amedit di cui è Socio Onorario. Adesso ci addentriamo finalmente in quello che potremmo considerare il luogo da cui tutto ebbe origine e che rivela a pieno l’identità di questa triade creativa: la Poesia. Ed è proprio su questo territorio che si esplica forse più che altrove il suo amore per la vita o, come direbbe lui, lo scomparire in essa.
Dove meglio si colloca l’eclettismo di Siragusa?
In più forme del bio-istinto, dove essere poeti è un’avventura della vita stessa. Sono figlio del caos, in una terra che sprigiona forze arcane ed onde elettromagnetiche che invadono gli esseri umani. Lì dove è possibile restare prigionieri dei silenzi di un Infinito che vuol prendere voce. A Mineo (CT), dove sono cresciuto, si riunivano i poeti contadini già dal ‘600, all’epoca del poeta Paolo Maura (1638-1711), tanto che il luogo venne da molti considerato il “Parnaso Siculo”. All’ombra di una lunga tradizione letteraria di cui questi luoghi sono irrorati e che si fregia di grandi come Capuana, Verga, Pirandello e Bonaviri, sognavo anch’io di poter poetare a dispetto di un’esperienza scolastica non certo brillante. Subivo oltretutto anche la fascinazione per i Poeti surrealisti spagnoli e la letteratura francese… Ecco, in questo clima certamente fecondo di ispirazione, osavo i miei primi versi, rischiando però spesse volte di rimanere irretito nella facile tentazione di emulazione verso tali autori.
Quando ne sei uscito fuori?
Quando ho capito che non ero me stesso, ma copia di altri… Ero nel “ragionato”, mi impostavo un certo modo di essere. Persino mia madre, felice di sapere un figlio poeta, implorava come per miracolo che scrivessi una poesia per qualche familiare o per un evento paesano… Perché non ci può essere festa senza un buon vino! La musica e il teatro mi hanno educato alla ri-nascita che, assieme alla pittura, mi coinvolgono e mi completano. Il canto, la poesia e la pittura, per me, sono la stessa cosa; appartengono al mio “mondo”. Una realtà che il mio corpo traduce al di là degli accadimenti negativi esterni, in cui spesso rischia di bloccarsi il flusso delle energie creative.
Si dice che gli accadimenti negativi siano talvolta provvidenziali, in quanto ci arricchiscono nel nostro percorso del Divenire…
Secondo me all’Arte nuociono per obbedienza ad una sua legge di natura. Scrivere poesie non è un hobby: si è poeti anche quando non si scrive… Essere artisti è un “dono”alla vita. Non ci si improvvisa, non è un lavoro per poi, rientrati a casa, godere della piccola famigliola (anche quello ci vuole, per carità…). Ci sono scelte dettate da una fede interiore che fanno odiare la propria generazione e perfino la propria vita se si vuole rinascere a “figli della luce”, nel vero equilibrio poetico, in quella forza vitale che si fa parola. Togliersi di mezzo ed apparire alla “madonna”. Apparire alla “mia-donna”, vorrà dire essere in presenza della femminilità che partorisce la Luce di che siam fatti. Senza il femminile non c’è creazione.
La poesia sarebbe dunque femminile?
Non è femminile nel senso di aggraziata, romantica o rosa. Essa è l’eccesso di un Corpo che vive in perenne stato di Grazia, coinvolto in un viaggio che va oltre al periodo storico in cui vive… Il Poeta vive l’Eterno, è un Santo che violenta l’enorme tempo della vita, facendosi anche del male. Il Poeta è colui il quale viene messo in “croce” dalla società a causa della sua parola scomoda o sconcertante o maledettamente oscena (o-scena-fuori dalla scena) alla faccia del falso perbenismo che non porta a niente… Bisogna che “…i morti seppelliscano i loro morti”. Chi è illuminato dal “dire poetico”, facilmente viene sporcato e infangato da brutture. E allora che fatica ogni giorno ri-trovarsi! Chi abita l’Arte è nell’abbandono; egli si lascia attraversare dal “sempre detto” per essere abitato dall’Infinito che abita la vita stessa. In virtù di ciò, il corpo non sarà altro che la Sua traduzione: nel canto, nella pittura, nella danza, nel dire poetico… Si è in definitiva “Puri Corpi Parlanti”. Ecco che a un siffatto stato dell’Essere riecheggiano costantemente quelle parole “i puri di cuore vedranno Dio”…aggiungerei non soltanto un giorno, ma tutti i giorni alla presenza D’IO…
Sarebbe questa la Genesi dei tuoi versi?
Sono poeta dell’istinto… E’ la Sinfonia dell’Astratto o delle linee Geometriche universali a darmi forza e musicalità. Vuoto nel grande spazio di un sipario, verità interiore che unifica la sorgente sonora alla parola per morire in versi…
Per poi ri-nascere?
Si… ma per morire nuovamente!…Nell’eterno ritorno.
Quanto il poeta ha partorito viene poi affidato a un interprete cui spetta il compito di fare ri-vivere, con la sua orchestra interiore, il Verso Poetico…
Esatto… l’interprete è una sorta di oracolo dinanzi a cui l’ascoltatore vive (o dovrebbe vivere) uno stato catartico. E’ un rito che si celebra nell’hic et nunc, al termine del quale si torna a casa colmi di stupore e arricchiti nell’aver ascoltato, come per miracolo, la Voce di Dio. Perciò amo, oltre modo , abbandonarmi alla purezza del canto per esprimere al massimo la potenzialità del musicista e del poeta. Ho visto l’Infinito abitare nel mio cuore, non l’ho dimenticato.
Andrea Antonio Siragusa, lo ricordiamo, ha come tenore lirico un’intensa attività concertistica in Italia e all’estero. Sebbene inedita la sua produzione poetico-letteraria è alquanto vasta, e ci auguriamo che in un futuro possa essere finalmente pubblicata. Spiccano in questo universo sommerso le raccolte poetiche Corpo Sottile, Amadeus, Recitado Siragusa/Lorca, Magnificat dialogo contemplativo e Amorosa Passione e Resurrezione dell’Emmanuele musicata dal maestro Angelo Mazza. L’approccio alla pittura lo rende certamente un degno rappresentante delle espressioni artistiche contemporanee.
Giuseppe Maggiore
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