Dal dizionario della lingua italiana Garzanti alla voce sviluppo troviamo la seguente definizione: espansione, ampliamento, crescita; l’industria si sta sviluppando, l’industria è in pieno sviluppo.
Secondo la definizione dell’UNDP (United Nations development programme) lo “sviluppo umano” è “un processo di ampliamento delle possibilità umane che consenta agli individui di godere una vita lunga e sana, essere istruiti e avere accesso alle risorse necessarie a un livello di vita decoroso”
Accanto a una complicatissima formula matematica che non stiamo a riportare, coniata dall’UNDP, e che in qualche modo riguarda concetti condivisibili in generale: aspettativa di vita, accesso all’istruzione, ve ne sono altre generate da vari organismi, che rimandano a una concezione di sviluppo basata su logiche di accumulazione continua di beni di vario genere e a un’espansione mondiale del sistema di mercato. Sarebbe interessante osservare la reazione di alcuni popoli appartenenti a culture per cui il termine sviluppo significa tutt’altro o laddove è intraducibile, di fronte alle varie formule e tabelle fornite dagli enti preposti.
Il problema è il solito, già sentito e insoluto: chi definisce chi e che cosa.
L’occidente, dall’alto della sua presunta civiltà più evoluta, ha mappato il resto del mondo definendo i parametri tramite i quali essi possono o meno accedere a una triste classifica fondata sulla quantità di ricchezza accumulata, senza porsi il problema che tale ricchezza ha significati diversi a seconda delle varie culture.
L’Europa, dopo aver depredato il cosiddetto sud del mondo, oggi prova invano a correre ai ripari fornendo improponibili programmi di sviluppo per ricostruirsi una verginità vergognosamente perduta.
Non a caso come fa notare Amadou Djallo “l’Africa è un cimitero di progetti”, questo continente è stato il più “aiutato” del pianeta e oggi versa ancora in condizioni di estrema povertà.
Dopo aver esportato finte democrazie e modelli di vita inadeguati oggi l’occidente pretende di esportare il proprio concetto di sviluppo.
Il problema, che nessuno si pone, è di origine intellettuale, e riguarda gli effettivi bisogni di cui le popolazioni che l’Europa vorrebbe costringere a “svilupparsi”, necessitano.
Fin dall’epoca delle grandi scoperte geografiche, l’uomo bianco ha espresso giudizi riportando ciò che vedeva nel nuovo mondo ai propri parametri: “gli indiani della popolazione X non sanno contare”, questo era segno di uno “sviluppo” inferiore, ma mai ci si è sognati di pensare che gli indiani non sapevano contare perchè a loro non serviva!
Ancora oggi i modelli di sviluppo proposti non tengono conto delle effettive necessità dei paesi “in via di sviluppo” e, nonostante i continui fallimenti, si continua una grottesca operazione che nella maggior parte dei casi si basa sullo sfruttamento delle risorse dei paesi più poveri a vantaggio di quelli più ricchi, ammantando il tutto con un termine abusato: “aiuti al terzo mondo” , ma che in realtà ricorda uno spasmodico bisogno di “costringere le vecchiette ad attraversare la strada”.
Mauro Carosio
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